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INTRODUZIONE
Alla base di questo lavoro vi è un’analisi della scena indipendente
del videogioco, la quale si sviluppa partendo dalle più implicite
ragioni che fanno da motore a questa corrente controculturale. Per
questo la sociologia si è rivelata fondamentale per com prendere
alcune dinamiche di questo fenomeno, con un focus particolare
sulla percezione esterna di questo ambito e progressivamente
interrogandosi su alcune sue peculiarità.
Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema
risiedono nell’interesse incentivato durante il corso di Videogiochi,
gamification e nuovi media culturali , nel quale si accennava
all’operato del collettivo milanese La Molleindustria. Dopo essermi
documentata sull’azienda e aver colto ulteriori stimoli di
riflessione, ho deciso di strutturare uno studio più approfondito:
così proprio questa casa di sviluppatori indipendenti si rivelerà il
campo di studio tramite cui analizzare direttamente o
indirettamente i vari attori che concorrono alla cultura video
ludica indipendente italiana attuale.
L’obiettivo di questa tesi di laurea è fornire una visione ampia del
contesto ludico indipendente, in particolare quello italiano,
rimarcando l’importanza di considerarlo all’ interno del più ampio
ecosistema industriale di cui fa parte.
Tale studio ha cercato di rispondere alla domanda: “I videogiochi
indipendenti possono essere considerati più politici di quelli
tradizionali? Se sì, in che misura?”A tal fine, è stata condotta
un’indagine qualitativa attraverso il dialogo con figure esper te che
hanno confermato, sotto più punti di vista, che la politica risiede in
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dettagli molto meno evidenti del tema attorno al quale si struttura
un videogioco, per controcorrente e satirico che sia, come nei casi
della sfera indipendente.
La tesi è articolata in tre capitoli: una prima parte è dedicata a un
approfondimento sociologico, a porre le basi per comprendere
l’articolazione del lavoro nelle successive sezioni; si affronterà
l’evoluzione dello strumento video ludico sin dagli albori, per
arrivare ai giorni nostri, considerando i rispettivi contesti. In una
seconda parte è stata condotta un’indagine ricorrendo a delle
interviste coinvolgendo attori che conoscono il settore e si
occupano quotidianamente di sviscerarne gli aspetti più teorici e di
analizzarne i più pratici a un pubblico sempre più in espansione.
Nel terzo capitolo un’analisi estensiva è d’aiuto per comprendere
come alcune intenzioni rivoluzionarie e anticonformiste siano state
inserite nei videogiochi e come abbiano preso in prestito le
meccaniche di gioco più comuni, interrogandole e sovvertendo
l’intera esperienza di gioco.
Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile analizzare alcuni
importanti fattori legati a una riflessione critica circa le
componenti del videogioco dalla progettazione alla distribuzione, i
cui risultati saranno esposti in modo più dettagliato nelle
conclusioni finali di questa tesi.
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CAPITOLO I
IL PUNTO DI VISTA SOCIOLOGICO
1.1 Introduzione alla Rivoluzione Videoludica
L'evoluzione del videogioco è già in atto: stanno rapidamente
perdendo la loro natura di sistema chiuso e i loro confini si stanno
allargando, meno rigidi, e la maggior parte di essi si sta
configurando come sistemi aperti, open-source, piattaforme
multiplayer, giocabili online, che attir ano migliaia di giocatori da
tutto il mondo, ovvero da quelle parti del mondo che offrono
possibilità di accesso, condizioni economiche e culturali . (Nardone,
2017). Sarà sulla base del riconoscimento del valore cult urale e
sociale del videogioco che un sempre più grande numero di
contributi scientifici in materia convergerà, nella prima metà degli
anni 2000, nella disciplina dei Games Studies.
Con questo termine si fa riferimento alla dottrina scientifica che si
è sviluppata su basi internazionali e interdisciplinari sul finire del
Novecento ed è rivolta allo studio delle relazioni che intercorrono
tra essere umano e gioco. Il campo di analisi da essa ricoperto
coinvolge numerose dottrine scientifiche, quali l’antropologia, la
sociologia, e la psicologia. Aarseth, professore presso l’IT
University of Copenhagen, nella rivista «Games Studies» sosteneva
infatti che:
«Se il 2001 è stato l'anno degli inizi e dell'ottimismo nel campo dei
game studies, il 2002 potrebbe essere l'anno delle riflessioni e del
pensiero strategico. Come inizio, il 2001 è stato un successo: è stato
l'anno in cui abbiamo potuto finalmente immaginare e
concettualizzare un nuovo campo accademico incentrato sull'estetica,
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le culture e le tecnologie dei giochi per computer. Non solo come parte
di studi sui media, o studi di cultura digitale, o un angolo bizzarro
dell'informatica, o come tecnologia educativa, ma come disciplina
autonoma di insegnamento e ricerca, con un'agenda non soggetta alle
regole di un condiscendente (o ostile) ambito accademico affermato.»
(Aarseth, 2002).
Definire i videogiochi coinvolge dunque una scienza confusa al
giorno d’oggi. Vengono immediatamente in mente le sale giochi
degli anni '80 o le console domestiche come Nintendo Wii e Sony
PlayStation, ma i giochi su smartphone, social network e
recentemente una nuova ondata di dispositivi per la realtà virtuale
stanno evolvendo costantemente il mezzo e ampliando la
popolazione dei giocatori a quasi tutti i nostri conoscenti. Non
esiste un elemento che renda un videogioco un videogioco, ma il
creatore di Pac-Man Toru Iwatani tenta di catturare l'essenza del
mezzo: “I videogiochi si differenziano dagli altri manufatti in
quanto sono prodotti rari ad essere contemporaneamente elettrici,
meccanici e opere d'arte; aggregano una gamma di idee dal campo
dell'ingegneria alla letteratura, dall'arte alla psicologia, e
forniscono alla società uno strumento di "gioco" necessario” . (Wolf,
2015).
Internet ha poi dominato il discorso dei videogiochi con il
cosiddetto "giornalismo dei nuovi giochi", un termine coniato dallo
scrittore Kieron Gillen per descrivere lo stile non accademico e
molto personale del giornalismo in cui il gioco e le esperienze di
gioco sono descritti quasi interamente in prima persona . (Wolf,
2015).
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Il videogioco, ancora oggi, per via della sua componente
interattiva, è soggetto alle stigmatizzazioni dei mass media: il
motivo principale di quella che sarà fino ai giorni nostri una
“caccia alle streghe” risiede nella disinformazione. A causa del suo
nome, videogioco, è spesso considerato un prodotto per bambini, e
come tale non può permettersi di affrontare temi adatti p iuttosto a
un adulto. Nella seconda metà degli anni Settanta, il videogioco ha
ormai conquistato gli spazi pubblici americani, tra contraddizioni e
resistenze sociali.
Un grande passo per rendere quella del videogioco un’industria
accettata e riconosciuta arriva da Nolan Bushnell, fondatore di
Atari. Home Pong invade le sale giochi di tutta America, entra nelle
case e si trasforma da passatempo pubblico ad attività privata e
familiare. La rivoluzione successiva fu quando Bushnell sancì il
concetto di “console casalinga a cartucce intercambiabili”,
rendendo il pubblico entusiasta di poter giocare con più giochi su
una stessa macchina, la Atari VCS, e questo passo fu il punto di
partenza dell’industria video ludica moderna. Ma procediamo con
ordine.
Assistiamo a tre fasi di considerazione dei videogiochi: una prima
fase di condanna, dal 1972 a poco prima del 2000, quella del
“panico morale” generazionale sui nuovi media. Gli autori no n
avevano familiarità con i videogiochi e la cultura che li circondava,
l'attenzione si concentrava sul problema del presunto ruolo dei
giochi violenti nel causare crimini nella vita reale. Altre
prospettive erano rare. Intorno all'inizio del nuovo millennio, è
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emersa una seconda fase di commento del gioco, che definiremmo
celebrativa.
Questo cambiamento è stato avviato principalmente grazie al
contributo esterno al mondo accademico: revisori di giochi,
giornalisti di giochi e storici di giochi dilettanti, in qualità di
commentatori, presentavano i videogiochi come mezzi di
comunicazione potenzialmente ricchi quanto la letteratura o il
cinema; iniziavano a essere prese sul serio le qualità estetiche e
narrative dei giochi; la complessità, convivialità e cooperazione
piuttosto che l’isolamento nella cultura del gioco. In una terza f ase,
l'impulso non viene da voci puramente accademiche, ma anche
dallo sviluppo di hack, minigiochi alternativi e programmi di
studio che disturbano, sondano o si discostano dalle norme della
cultura di gioco ufficiale. (Bogost 2007, Ochalla 2007, Schleiner
2002, 2004). A differenza delle precedenti generazioni di
prospettive sugli effetti dei media che enfatizzavano le psicologie
individuali, la nuova ricerca ingloba le strutture sociali, i contesti
aziendali e le forze istituzionali, affronta il genere, l a razza, il
militarismo e il potere delle multinazionali. (Dyer-Witheford,
2009).
Simbolo del videogioco degli anni Ottanta, le sale giochi hanno
permesso la diffusione dell’intrattenimento elettronico in tutto il
mondo, ponendo le basi per l’ingresso del medium interattivo nelle
case. Da una fruizione prettamente pubblica dei coin-up con la
durata delle partite in base alle monetine inserite, il videogioco è
passato poi ai salotti, quindi a un utilizzo privato e potenzialmente
infinito, interrotto solamente dalla volontà del giocatore.