9
grandezza allo scopo di fornire una valutazione quantitativa dell’impatto
ambientale ed economico dell’intero sistema della mobilità cittadina attuale: le
evidenze derivanti dall’applicazione della suddetta metodologia possono
rappresentare un utile termine di paragone con ipotetici scenari alternativi,
derivanti dalle politiche comunali future, evidenziando quelli che sono i guadagni
che ne derivano sia dal punto di vista ambientale sia da quello strettamente
economico.
Il presente studio applica la metodologia sviluppata ed effettua l’analisi del ciclo di
vita del traffico veicolare urbano in un giorno feriale nella città di Padova
consentendo, quindi, la valutazione del danno complessivamente determinato da
ogni veicolo circolante nell’area lungo tutto il suo ciclo di vita, inteso come insieme
delle tre fasi: produzione, utilizzo e smaltimento del mezzo.
Lo studio è stato organizzato, in termini di struttura concettuale, secondo le
disposizioni relative alla “Valutazione del Ciclo di Vita” contenute nel documento
UNI-ISO 14040 e successive modifiche, mentre il calcolo è stato effettuato secondo il
metodo di valutazione olandese Eco-Indicators 99 per mezzo del codice di calcolo ad
esso collegato SimaPro 5.0.
Il lavoro è stato suddiviso in due parti principali.
La prima parte (Capitoli Uno e Due) concerne il contesto metodologico, politico e
tecnico-economico di riferimento dello studio.
Nel Capitolo Uno, dopo una breve introduzione sugli aspetti quali-quantitativi più
rilevanti in termini di mobilità, sono forniti i concetti base dell’Analisi del Ciclo di
Vita (LCA) e del metodo utilizzato per lo studio: sono descritte le caratteristiche
generali delle diverse tipologie di LCA, gli aspetti normativi internazionali e se ne
effettua una breve analisi critica. Inoltre, è spiegato nel dettaglio il metodo di
valutazione utilizzato, Eco-Indicators 99, introducendo le tre categorie sulle quali si
valuta il danno (la salute umana, la qualità dell’ecosistema e l’esaurimento delle
risorse) con le rispettive unità di misura adottate, approfondendo le prospettive
10
culturali attraverso le quali può essere filtrata la valutazione del danno. Inoltre
viene descritto lo schema di calcolo che opera all’interno del codice SimaPro 5.0, che
rappresenta lo strumento scientifico utilizzato per la realizzazione dei calcoli dello
studio vero e proprio e vengono descritte le modifiche effettuate sul metodo Eco-
Indicators 99 per considerare elementi e situazioni altrimenti trascurate; le modifiche
che sono state inserite riguardano la stima dei costi di uso e manutenzione, il
consumo di acqua, i danni alla salute umana derivanti dagli incidenti stradali e, per
quanto riguarda l’automobile, è stato considerato inoltre anche il tempo perso da
ogni singolo conducente a causa della congestione e della ricerca del parcheggio..
Nel Capitolo Due è descritta, innanzitutto, la normativa europea in materia di
regolamentazione delle emissioni e dello smaltimento delle varie tipologie di
veicoli, che sono state prese in considerazione all’interno dello studio. Sono state
evidenziate le linee guida della politica europea riguardanti la realizzazione entro
un breve periodo di tempo di un sistema di trasporti sostenibile, ponendo
particolare attenzione sugli strumenti che la Comunità Europea intende sfruttare
per realizzare tale obiettivo. Successivamente è posta l’attenzione sulla definizione e
l’individuazione dei costi esterni, o esternalità, collegate ai trasporti su strada che
caratterizzano il traffico urbano delle città: si specifica il concetto di esternalità e le
difficoltà che possono essere incontrare nella loro valutazione e vengono descritte le
varie tipologie di costi esterni causati dal traffico urbano.
Il Capitolo Due descrive, quindi, gli aspetti più rilevanti in merito alle politiche di
intervento ed alle tecnologie attualmente disponibili il governo e la gestione della
mobilità e delle sue problematiche: questi aspetti rappresentano, infatti, la base
informativa e tecnica per rendere attuali ed effettivamente realizzabili le ipotesi su
cui si sviluppa il successivo capitolo Cinque.
Infine, nello stesso Capitolo Due, si accenna alle linee strategiche di sviluppo del
sistema dei trasporti della città, individuate dall’amministrazione comunale di
Padova; questo allo scopo di fornire gli aspetti quantitativi che avvalorano le scelte
effettuate nelle ipotesi dello scenario 2010.
11
La seconda parte (Capitoli Tre, Quattro e Cinque) concerne lo studio propriamente
detto, l’individuazione delle ipotesi di lavoro, dello scenario alternativo, i risultati
ed i commenti.
Nel Capitolo Tre è descritta la vera e propria analisi del danno ambientale e dei
costi relativi al trasporto urbano nella città di Padova. Al suo interno, oltre ai confini
e allo scopo dello studio, sono descritte, da un lato, le classi veicolari che
costituiscono la componente principale del traffico e che soddisfano le esigenze
della mobilità privata (autovetture, furgoni, camion, moto, ciclomotori), dall’altro è
stato preso in considerazione il sistema collettivo del trasporto pubblico.
L’inventario dei flussi è stato necessario per determinare il numero dei veicoli
circolanti. Tale analisi è stata parallelamente accompagnata da un inventario dei
costi generati durante l’arco temporale di vita media attribuito a ciascun tipo di
veicolo: dal momento in cui esso viene costruito, a quello in cui viene utilizzato
come mezzo di trasporto, fino alla sua dismissione. Sotto tale aspetto si è operata fin
dall’inizio una scelta in base alla quale i costi sono stati divisi in due categorie:
individuali e sociali.
I costi individuali sono quei costi legati all’acquisto, all’uso, alla dismissione dei
mezzi di trasporto privato (autovetture, ciclomotori, moto, camion, furgoni) che
ciascun individuo sostiene. In essi sono contemplati, però, anche i costi per
l’acquisto dei biglietto dell’autobus.
I costi sociali sono sia le spese, in parte finanziate da capitali pubblici, sostenute
dall’azienda dei trasporti del Comune di Padova, APS Mobilità per l’acquisto, la
manutenzione, la dismissione degli autobus, sia i costi che la società (la collettività)
sopporta a seguito dei giorni di degenza degli infortunati per sinistri stradali, ma
anche il reddito che non prodotto dall’individuo che è stato vittima di un incidente
mortale.
I risultati ottenuti, unitamente alle linee guida individuate nel Piano Urbano della
Mobilità, di cui si è dato conto nell’ultimo paragrafo del Capitolo Due, sono stati
utilizzati all’interno del Capitolo Quattro come base informativa per la
12
realizzazione delle proposte di riorganizzazione e razionalizzazione dell’attuale
situazione del trasporto (“Scenario 2010”). Per pervenire a questi risultati si è
innanzitutto aggiornato il parco veicoli alle dimensioni previste dal PUM per l’anno
2010 e si è provveduto, quindi, ad individuare una diversa distribuzione dei veicoli,
supponendo l’adozione delle politiche e delle tecnologie descritte nel Capitolo Due.
Le proposte di intervento, inoltre, consistono: nella riduzione del numero di veicoli
privati circolanti nell’area urbana e nel contemporaneo aumento della capacità della
rete di trasporto pubblico, affinché sia in grado di assorbire i nuovi utenti e di
soddisfare le differenti esigenze di spostamento dei cittadini; nel prevedere
un’evoluzione del parco delle autovetture, dei furgoni e degli autobus dal punto di
vista dei combustibili, passando dall’uso di benzine o di gasolio al gas naturale o da
altre tipologie alternative di alimentazione, come ad esempio la propulsione
elettrica; nel miglior sfruttamento, per quanto attiene il trasporto merci, della
capacità dei veicoli. Sul piano della destinazione dei veicoli radiati, in vista delle
gravi conseguenze causate dall’abbandono diretto del veicolo nell’ambiente e della
recente direttiva comunitaria che ha stabilito percentuali di recupero e riciclaggio
crescenti, si è fatta l’ipotesi che essi vengano interamente riciclati. Sono stati, quindi,
quantificati impatti sull’ambiente e sulla salute umana dovuti al nuovo scenario,
nonché la variazione delle due categorie di costo individuali e sociali.
Nel Capitolo Cinque sono stati confrontati i due scenari precedentemente
analizzati, mettendo in evidenza il guadagno ambientale ed economico derivante
dalla riduzione dei flussi veicolari, dalla progressiva trasformazione delle tipologie
di alimentazione dei veicoli e dal potenziamento del servizio pubblico, che ricopre
un ruolo fondamentale nell’ipotesi creata poiché esso si fa carico dell’intera utenza
che non utilizzerà il trasporto privato. Infine, si è tentato di effettuare una
monetizzazione di quelle grandezze non direttamente esprimibili in termini
economici per giungere all’individuazione di una cifra complessiva che rappresenti
il guadagno totale connesso alla realizzazione delle ipotesi descritte.
13
1 Introduzione
- Lei ha fatto l'università?
- Troppo tempo fa. Qualche volta ho l'impressione di averlo
sognato. Ma ci sono stato, si.
- Quante persone strane ha conosciuto all'università?
- Non era una percentuale allarmante.
- Ma sorprendente si, sia sincero.
- Sorprendente, si.
(Manuel Vàsquez Montalbàn
Gli uccelli di Bangkok)
1.1 Obiettivi dello studio
E’ noto che il settore dei trasporti è tra quelli a più alto sfruttamento energetico
della nostra società, poiché richiede, per soddisfare la domanda di mobilità di
persone e di merci, all’incirca un terzo delle risorse energetiche annualmente
consumate. Da questo dato si può intuire che una particolare attenzione deve essere
rivolta a questo settore, poiché si possono ottenere considerevoli risparmi di
combustibili, se si riescono a adottare provvedimenti efficaci, ma anche, ove ciò non
avvenisse, ridurre i forti sprechi di risorse energetiche e gli effetti pesantemente
negativi nei confronti dell’ambiente.
La mobilità è una delle caratteristiche più importanti della società moderna;
consente agli individui di svolgere attività produttive e di provvedere al
soddisfacimento di propri bisogni esistenziali, sociali e culturali. Il sistema dei
trasporti ha avuto e continua ad avere un ruolo prioritario nello sviluppo della
società contemporanea; da esso dipendono il livello di benessere raggiunto sia in
termini economici, sia di godimento del tempo libero e, più in generale, di
ampliamento delle potenzialità individuali di mobilità. Alle attività di trasporto
sono legati tuttavia aspetti negativi molto rilevanti, basti pensare ad esempio che ai
trasporti sono imputabili circa un terzo dei consumi finali di energia. Inoltre gli
spostamenti attuali, poichè legati in massima parte ai consumi petroliferi,
presentano una flessibilità minima in termini di sostituzione di fonti energetiche ed
un’elevata vulnerabilità in termini di approvvigionamenti.
14
Il traffico urbano, inoltre, costituisce oggi la fonte maggiore dei principali inquinanti
atmosferici e delle sostanze cancerogene presenti nelle città. La qualità dell’aria che
respiriamo è seriamente compromessa dall’inquinamento prodotto dal traffico: in
ambito urbano si registrano i tassi di emissione più alti a causa sia delle basse
velocità, sia dei viaggi relativamente brevi che comportano una maggiore incidenza
delle percorrenze con motore a “freddo”, nel senso che il propulsore non ha tempo
di riscaldarsi e quindi ciò accresce notevolmente i consumi e triplica o quadruplica
le relative emissioni.
Infine i trasporti su gomma costituiscono la prima causa di incidentalità a livello
europeo, con oltre 97.000 morti e 2.500.000 feriti nell’ultimo decennio. Le statistiche
fornite dall’ISTAT, relative al 1995, indicano che gran parte degli incidenti
automobilistici in Italia, ben il 73%, avvengono nelle aree urbane e i dati statistici del
2000 confermano questa elevata incidenza. Anche se meno onerosi in termini di
effetti sulle persone rispetto ai sinistri extraurbani, gli incidenti in ambito urbano nel
1995 hanno causato 2.654 morti, che corrispondono al 41% del totale nazionale, e
179.400 feriti, pari al 69% del valore complessivo della nazione.
La convinzione dell’incompatibilità ambientale dell’attuale sistema di trasporto
urbano e della necessità di profonde modifiche, che coinvolgano la stessa struttura
delle città, fa ormai parte di un sentire comune, secondo cui all’idea di traffico è
associata automaticamente quella d’inquinamento e di danni alla salute. Come
evidenziano numerose indagini, i cittadini, pur usufruendo in pieno dei vantaggi
della civiltà dell’autovettura privata, sentono l’esigenza del cambiamento. Negli
ultimi anni, infatti, si è sviluppata una coscienza ambientale diffusa che non vede
nell’auto solo uno strumento di libertà individuale, ma anche una delle principali
cause di degrado ambientale.
Partendo da queste premesse il presente lavoro di tesi individua e sviluppa una
metodologia che, sfruttando dati di facile reperimento, consente di stimare e
valutare l’impatto ambientale ed economico della mobilità urbana. Fa uso di un
software commerciale, il SimaPro v. 5.0 sviluppato da Prè, per lo studio dell’analisi
del ciclo di vita (LCA) e produce risultati facilmente valutabili e confrontabili, grazie
15
alla standardizzazione delle grandezze considerate e alla notevole diffusione del
software utilizzato.
Come applicazione della metodologia, il lavoro analizza e valuta il sistema dei
trasporti della città di Padova, relativamente al suo centro storico, e ne confronta gli
impatti con uno scenario ipotetico proiettato a medio termine (“Scenario 2010”),
realizzato a partire dalle informazioni presenti nel Piano Urbano della Mobilità
redatto dal Comune di Padova a fine 2001 e sviluppato in un ottica di sostenibilità,
riorganizzazione e razionalizzazione del sistema, prevedendo un incremento
sensibile dell’utilizzo del trasporto pubblico ed una progressiva riduzione del
numero di veicoli privati circolanti, siano essi a due o quattro ruote.
I risultati ottenuti sono, successivamente, confrontati per dimostrare la sostenibilità
economica ed i vantaggi ambientali derivanti dall’implementazione delle ipotesi e
delle politiche alla base dello Scenario 2010.
1.2 Le problematiche della mobilità
1
L’importanza del settore dei trasporti su gomma è dimostrata dal fatto che le
moderne economie hanno come elemento cardine del loro sviluppo le attività di
trasporto. I rilevanti investimenti in infrastrutture e tecnologie impiegate trovano
difficoltà sempre maggiori nel soddisfare le esigenze di una società che necessita
sempre più di forme efficienti di mobilità ma è sempre meno incline ad accettare
cronici ritardi nei servizi. L’intera politica europea dei trasporti si trova di fronte ad
un’impellente necessità di cambiamento e di miglioramento, nel rispetto, però, di
uno sviluppo sostenibile del sistema e di una sua maggiore efficienza.
Un sistema di trasporti efficiente, infatti, è uno degli elementi che maggiormente
contribuisce alla crescita ed alla competitività delle città. Tuttavia, i livelli sempre
più elevati di saturazione del traffico stradale, dovuti soprattutto alla crescita
continua della domanda di mobilità ed al cambiamento nell’utilizzo dei modi di
1
I dati sono frutto di elaborazioni ENEA effettuate a partire dalle stime sui volumi di traffico del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: le stime, in termini di veicoli-km, sono suddivise nelle
cinque macrocategorie veicolari: autovetture, motocicli, bus, veicoli commerciali leggeri (detti anche
LDV – Light Duty Vehicles con portata utile minore di 3,5 t), veicoli merci pesanti (detti anche HDV –
High Duty Vehicles). Cfr. AA. VV., Rapporto Energia e Ambiente 2001, ENEA, Roma, 2001.
16
trasporto con il massiccio ricorso all’autovettura privata, rendono sempre più
difficile l’accesso a molte città e la circolazione all’interno delle stesse.
1.2.1 Il trasporto passeggeri
I modelli di evoluzione urbana che hanno caratterizzato la crescita delle città
europee degli ultimi quarant’anni, la crescita economica ed i cambiamenti nello stile
di vita hanno portato ad un forte aumento della mobilità e delle distanze percorse
nelle aree urbane, cui si è abbinato un mutamento sensibile nell’utilizzo di modalità
di trasporto che fanno uso principalmente del veicolo privato. Il peso delle auto
sulle altre modalità di trasporto passeggeri è cresciuto in Italia in modo costante,
soprattutto rispetto al trasporto pubblico, passando da una quota del 76,3% del 1985
ad un valore dell’84,2% nel 1995. Questo netto cambiamento a favore dell’utilizzo
dell’autovettura privata è confermato anche dai dati ACI sulla composizione del
parco circolante stradale, che risulta composto per il 74% da automobili, per il 18%
da motocicli e ciclomotori, per il 5% da veicoli commerciali leggeri e per il 3% da
autobus e da veicoli commerciali pesanti.
Negli ultimi anni la crescita della mobilità passeggeri in Italia è stata superiore a
quella dei principali paesi europei. Secondo le stime fornite dal Conto Nazionale dei
Trasporti (CNT), dal 1985 al 1998 il volume del traffico passeggeri è passato da 527
miliardi a 869 miliardi di passeggeri-chilometro. Il fattore caratteristico del traffico
urbano dei passeggeri per modalità di trasporto è dato dalla netta predominanza
del trasporto su gomma, sia esso pubblico o privato, nei confronti di modalità
alternative, il trasporto ferroviario in primis. Complessivamente nel 1998 la quota
del trasporto stradale è stata pari al 92%, cui ha contribuito in modo significativo
l’autovettura privata (82%), un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto una crescita
superiore a quella degli altri tipi di veicoli, soprattutto nelle città, e che è tuttora in
aumento.
Il quadro evolutivo del traffico urbano relativo al decennio 1990-2000 conferma
questa tendenza di fondo che contraddistingue l’entità e la struttura della mobilità
dei centri urbani. In particolare la mobilità passeggeri nelle aree cittadine è stata in
costante aumento con ritmi maggiori rispetto a quella generale. Il volume dei
17
passeggeri-km è passato da circa 176,7 miliardi a circa 234 miliardi (+32%), con un
tasso medio annuo di incremento del 2,8%. Il maggior sviluppo si è registrato nel
settore del trasporto privato (+35%), mentre il trasporto collettivo urbano ha
realizzato un aumento di solo il +5%. Complessivamente la quota di traffico
passeggeri in ambito cittadino coperta da modalità di trasporto privato è aumentata
dal’89% del 1990 al 92% del 2000, a svantaggio complessivamente del trasporto
pubblico.
Nel settore del trasporto privato, il traffico complessivo realizzato su auto è
cresciuto del 28%, passando da 137 a 176 miliardi di passeggeri-km. Il tasso di
crescita annuo di questo tipo di mobilità è stato più alto nel periodo 1990-1995
(+3,2%) contro un +1,8% del periodo 1995-2000. Nel 2000, il 72% del traffico
passeggeri è stato realizzato con auto privata. Relativamente al periodo 1990-2000, il
traffico realizzato da veicoli a due ruote nei centri urbani è passato da circa 23 a
circa 40 miliardi di passeggeri-km.
Nello stesso arco di tempo (1990-2000), la mobilità su MPL (Mezzi Pubblici Locali) è
passata in termini assoluti da circa 16 miliardi di passeggeri-km del 1990 a circa 16,6
miliardi di passeggeri-km del 2000 (+5,2%). Tra le modalità di trasporto pubblico
locale, le autolinee sono quelle che rivestono maggiore importanza (nel 1990 sono
quelle che hanno realizzato circa il 72,5% del traffico collettivo) anche se, nell’ultimo
decennio, sono apparsi evidenti segni di crisi: nonostante la forte crescita della
mobilità urbana, il traffico dei passeggeri realizzato dalle autolinee urbane nel
periodo 1990-2000 è passato da 11,6 a 10,9 miliardi (-5,8%).
Per quanto riguarda le prestazioni energetiche, le stime evidenziano che, nel
periodo di riferimento 1990-2000, il consumo energetico del trasporto urbano
passeggeri è aumentato del 25,3%, passando da circa 9,6 Mtep (milioni di tonnellate
equivalenti petrolio) a 12,1 Mtep, corrispondente a circa il 30% del consumo annuo
finale di energia nel settore dei trasporti. Nel 2000 il consumo finale di energia
assorbito dal trasporto privato è risultato pari a circa il 97% del consumo finale di
energia del trasporto passeggeri urbano.
18
1.2.2 Il trasporto merci
La distribuzione delle merci nei centri urbani, eseguita prevalentemente in conto
proprio con veicoli di portata non superiore alle 3,5 tonnellate, è sempre più
caratterizzata da una forte frammentazione delle operazioni e delle consegne che
deriva dalla esigenza di comprimere le quantità di merci stoccate nei magazzini dai
negozianti, nonché di accorciare i tempi tra il ricevimento degli ordini e la consegna.
Ciò ha condotto ad un aumento del numero dei viaggi e delle percorrenze nonché
ad un limitato utilizzo della capacità di trasporto dei veicoli che viaggiano con
coefficienti di carico piuttosto bassi. Nel periodo di riferimento 1990-2000, il traffico
delle merci realizzato prevalentemente da autocarri leggeri è aumentato del 17,4%,
passando da 26,8 a 31,5 miliardi di tonnellate-km.
E’ stato stimato che nel 2000 l’incidenza del traffico veicolare merci sul traffico
veicolare complessivo in ambito cittadino sia stata pari a circa il 15,7%. L’attività di
distribuzione delle merci nelle aree urbane ha assorbito nel 2000 una quota di poco
superiore a 4 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti petrolio) che corrisponde a
circa il 10% del consumo finale di energia del settore trasporti.
1.2.3 Criticità del sistema
Le conseguenze negative dei livelli di saturazione del traffico si manifestano in
termini di aumento dell’inquinamento atmosferico ed acustico, di spreco energetico,
di aumento degli incidenti, di occupazione di spazio, di intrusione visiva.
E’ indubbio che, senza politiche di governo razionali, i trasporti urbani seguiranno
dinamiche insostenibili con ripercussioni negative sull’efficienza economica delle
città, sulla qualità dell’ambiente e, più in generale, sulla qualità della vita.
Tempi di viaggio più lunghi ed incerti, aumento degli incidenti, rumore,
inquinamento ambientale, occupazione del suolo da parte dei veicoli, aumento dei
consumi energetici, sono tra le più vistose e significative conseguenze della forte
crescita in termini quantitativi e qualitativi della mobilità privata nelle aree urbane.
La congestione delle reti infrastrutturali, in larga misura concentrata nelle aree
urbane, aumenta a ritmi estremamente sostenuti in quasi tutte le città europee. È
stato stimato che la congestione stradale dei paesi membri dell’UE, valutata in
19
termini di perdita di tempo produttivo, rappresenta circa il 2% del PIL; questa cifra
comporta per l’Unione Europea un costo complessivo dell’ordine di 120 miliardi di
euro l’anno.
In assenza di interventi correttivi la domanda di mobilità è destinata a crescere
ulteriormente. Per valutare le prospettive future della mobilità dei passeggeri
occorre considerare alcuni dei fattori del medio-lungo periodo, che spingono
ulteriormente verso uno sviluppo della domanda di mobilità, quali la crescita del
reddito, l’aumento del tempo libero, il decentramento delle attività produttive e
delle residenze; ma devono essere considerati anche quelli che al contrario frenano
tale richiesta, quali, ad esempio, il raggiungimento graduale del livello di
saturazione del tasso di motorizzazione, la carenza delle infrastrutture, l’aumento
dell’inquinamento sia atmosferico che acustico, i costi collegati agli incidenti
stradali.
In generale le proiezioni future più accreditate della mobilità passeggeri in ambito
urbano sono di ulteriore crescita: il potenziale di crescita annua del traffico urbano
fino al 2010 è stimato tra l’1,2% ed il 2%.
Il conseguimento di una mobilità sostenibile nelle aree urbane è diventato negli
ultimi anni un aspetto prioritario delle politiche nazionali in materia di trasporti ed
ambiente. La riduzione dell’uso delle autovetture private a favore di modalità di
trasporto più sostenibili, il contenimento della lunghezza e del numero degli
spostamenti, lo sviluppo del trasporto combinato costituiscono punti rilevanti delle
strategie dell’Unione Europea e delle azioni in atto nelle città europee più
importanti. Per conseguire gli obiettivi di sostenibilità individuati dagli organi
comunitari, sono previste politiche volte a ridurre i consumi energetici e limitare gli
impatti sulla salute umana e sulla sicurezza ma non possono prescindere dal
cambiamento nelle abitudini acquisite dalla popolazione, contenendo i consumi e le
emissioni specifiche del parco circolante, riorganizzando il trasporto delle merci e
limitando l’impatto sul territorio mediante una razionalizzazione delle
infrastrutture.
20
1.3 La metodologia LCA
L'analisi del ciclo di vita trae origine dalla crescente attenzione del pubblico, e
quindi del settore industriale, nei confronti delle problematiche ambientali. Gli
aspetti normativi di tutela sia della salute umana che dell'ambiente hanno
contribuito fortemente alla diffusione di pratiche che consentissero di ridurre
l'impatto dei prodotti, dalla fase di produzione a quella di smaltimento.
Secondo la SETAC "[…] l'LCA è un processo che permette di valutare gli impatti
ambientali associati ad un prodotto, processo o attività, attraverso l'identificazione e la
quantificazione dei consumi di materia, energia ed emissioni nell'ambiente e l'identificazione
e la valutazione delle opportunità per diminuire questi impatti. L'analisi riguarda l'intero
ciclo di vita del prodotto ("dalla culla alla tomba"): dall'estrazione e trattamento delle
materie prime, alla produzione, trasporto e distribuzione del prodotto, al suo uso, riuso e
manutenzione, fino al riciclo e alla collocazione finale del prodotto dopo l'uso […]" (SETAC,
1993).
L’LCA rappresenta una metodologia di analisi che consente di comprendere,
valutare e, conseguentemente, ridurre i possibili impatti sia dei prodotti realizzati,
sia di quelli che una volta utilizzati esauriscono la loro vita operativa e devono
essere smaltiti.
La sua standardizzazione è opera dell'ISO (International Organization for
Standardization) che ha definito ed emanato una norma che offre riferimenti per la
corretta applicazione dell'analisi del ciclo di vita (norma europea UNI EN ISO
14040, approvata dal CEN, Comitato Europeo di Normazione, il 29 giugno 1997).
Il forte impulso all'adozione dell'analisi del ciclo di vita è connesso ai suoi molteplici
usi in quanto, oltre alla mera valutazione dell'impatto ambientale del singolo
prodotto, esso rappresenta un valido strumento di supporto per l'ottimizzazione dei
cicli produtti (con conseguenti risparmi economici), per la scelta delle migliori
strategie di marketing, di investimento, di progettazione, consente la realizzazione
di una base informativa oggettiva per la redazione di regolamenti di tutela
ambientale ma, soprattutto, permette l'individuazione dei processi critici, nei
confronti dell'ambiente, all'interno del ciclo produttivo con la possibilità di
21
realizzare miglioramenti significativi intervenendo, ad esempio, sulla scelta dei
materiali, delle tecnologie e degli imballaggi.
L'LCA non è quindi solo un mezzo per la tutela dell'ambiente; esso può anche
rappresentare un importante strumento per il rafforzamento delle dinamiche
competitive e di riduzione e controllo dei costi.
Nella realizzazione della metodologia, sarà necessario trovare dei compromessi tra
rigore scientifico e semplicità, per cui il tipo di informazione che viene fornito sarà
un indicatore di tipo semplificato, in particolar modo per quanto riguarda la
valutazione dell'impatto ambientale. In altre parole, l'LCA non deve essere
considerato un metodo in grado di fornire risultati completi e pienamente esaustivi,
poiché fa uso di valutazioni di carattere soggettivo, soprattutto laddove si ha
mancanza di informazioni più rigorose.
Per far sì che, mediante l'utilizzo dell'LCA, si riesca ad ottenere una comprensione
adeguata dell'impatto ambientale dei prodotti è necessario, infatti, fare in modo che
tale strumento mantenga caratteristiche di flessibilità ed efficienza di costo: questo
ne permette l'utilizzo diffuso anche in realtà industriali di piccole e medie
dimensioni.
Lo scopo, i confini ed il livello di dettaglio di un LCA dipendono dall'oggetto dello
studio e dall'uso che se ne vuole fare, tuttavia, sebbene la profondità e l'ampiezza
dell'indagine possano variare molto a seconda dei casi, lo schema a cui si fa
riferimento rimane sempre lo stesso.
D'altra parte ogni tecnica di valutazione presenta necessariamente delle limitazioni,
che occorre conoscere e tenere in adeguata considerazione durante l'utilizzo; in
particolare per quanto riguarda l'LCA è necessario comprendere che le scelte e le
ipotesi fatte possono essere soggettive, che l'utilizzo di modelli per l'analisi
inventariale e per la valutazione degli impatti comporta delle limitazioni connesse
con la stessa natura di semplificazione della realtà tipica dei modelli, che
l'accuratezza di uno studio è fortemente dipendente dalla disponibilità e qualità dei
dati e delle informazioni disponibili (principio del Garbage in, Garbage Out).
In generale, le informazioni ottenute attraverso uno studio di LCA dovrebbero
essere usate come parte di un processo decisionale molto più completo e utilizzate
22
per comprendere gli scambi globali o generali. Confrontare i risultati di differenti
studi di LCA, è possibile solamente se le ipotesi e il contesto di ciascuno studio sono
i medesimi. Per ragioni di trasparenza queste assunzioni dovrebbero essere così
esplicitamente dichiarate.
1.3.1 Tipi di LCA
1.3.1.1 Livelli di sofisticazione dell’LCA
I possibili utilizzi di un LCA possono essere differenti a seconda dell’utilizzo,
interno o esterno, dei risultati ed anche a seconda della tipologia dei destinatari
(industria, governi nazionali o locali, consumatori). Uno studio di LCA può essere
realizzato, inoltre, più o meno dettagliatamente in relazione allo scopo e agli
obiettivi dello studio.
I principali tipi di LCA sono:
Streamlined LCA – (LCA semplificato): è un’applicazione esauriente che copre il ciclo
di vita completo ma usa dati generici, sia di carattere quantitativo che qualitativo,
per valutazioni semplificate sui più importanti aspetti ambientali. Lo scopo
dell’LCA semplificato è quello di fornire essenzialmente gli stessi risultati di un
LCA dettagliato ma con una significativa riduzione di tempi e di costi. Questa
riduzione potrebbe essere tale da inficiare l’accuratezza e l’affidabilità dei risultati; il
primo obiettivo da perseguire sarà quindi quello di individuare le aree dello studio
che possano essere omesse o semplificate senza compromettere il risultato completo.
La semplificazione del metodo si basa su tre stadi che sono iterativamente legati:
ξ indagine: identificare le parti del ciclo di vita più importanti o quelle che
presentano lacune di dati;
ξ semplificazione: impostare il lavoro sulle parti ritenute più importanti del
sistema, sulla base dei risultati dell’indagine precedente;
ξ valutazione dell’affidabilità: verificare che le semplificazioni introdotte non
riducano in modo significativo l’affidabilità del risultato complessivo.
L’LCA semplificato può essere utilizzato per scopi esterni all’azienda, se presentato
in accordo con le prescrizioni contenute nella ISO standard 14040, anche se molti
23
LCA semplificati, vengono utilizzati per scopi interni all’azienda, senza regole
formali per l’attività di reporting.
Per evitare fraintendimenti nell’interpretazione dei risultati l’utilizzatore di questo
tipo di LCA dovrebbe essere messo al corrente delle limitazioni che caratterizzano
lo studio.
Recentemente sono sorti diversi gruppi di ricerca a livello internazionale
(Streamlined LCA Working Group - SETAC, 1999) con l’obiettivo di individuare delle
strategie semplificative capaci di rendere più veloce e meno dispendioso lo studio,
senza tuttavia perdere l’accuratezza e l’attendibilità dei risultati. La semplificazione
si realizza attraverso alcuni accorgimenti:
ξ eliminazione dei flussi UPSTREAM (a monte dell’azienda). Sono esclusi i
processi dovuti alle attività dei fornitori e relativi alla produzione delle materie
prime mentre sono inclusi la fabbricazione del prodotto finito, l’uso e il fine vita;
ξ eliminazione dei flussi DOWNSTREAM (a valle dell’azienda). Sono esclusi i
processi che comprendono il trasporto, l’utilizzo e il fine vita del prodotto;
ξ focalizzazione dello studio su specifici impatti considerando, di conseguenza,
solamente i dati relativi ad essi;
ξ utilizzo di dati stimati qualitativamente o relativi a processi simili, quando non è
possibile recuperare dati quantitativi dettagliati.
Non è però possibile definire a priori un metodo di semplificazione che consenta di
ottenere risultati sicuramente comparabili con quelli di un LCA dettagliato; per
questo il metodo va scelto con attenzione, sulla base degli obiettivi specifici
proposti.
Screening LCA – (LCA di selezione): usato più comunemente quando devono essere
identificate azioni chiave per il miglioramento ambientale nel ciclo di vita dei
prodotti. La sua caratteristica principale è quella di far uso di strumenti software che
aiutano a gestire la realizzazione di LCA, facendo riferimento a dati già disponibili
da banche dati o stimati con approssimazione. Dai risultati ottenuti, e a seguito di
un’analisi di sensitività, s’individuano i dati critici sui cui intervenire. E’ un sistema
rapido per consentire di valutare gli aspetti realmente importanti del ciclo di vita, su
cui focalizzare l’attenzione.