- II -
In sintesi il diritto d’autore può considerarsi un settore del diritto di grande rilevanza
per tutti i sistemi.
Nonostante ciò la sua nascita ha una datazione piuttosto recente.
Infatti la prima legislazione risale al 1709, anno in cui la regina Anna d’Inghilterra
emanò l’ Atto 8 con cui veniva riconosciuto agli autori un diritto di stampa delle
proprie opere (21 anni per quelle già pubblicate e 14 per quelle inedite).
Già nell’antica Roma, però, possono riscontrarsi delle tracce di una concezione
embrionale del diritto d’autore.
Se può escludersi l’esistenza di una specifica disposizione normativa nel diritto
romano,
5
significativi sono i richiami di natura etica, compiuti da celebri letterati
della latinità, sulle prerogative dello scrittore in ordine alla propria opera.
Sia Virgilio,
6
sia Marziale
7
sia lo stesso Cicerone
8
affermarono più volte la necessità
di assicurare una tutela contro il plagio dei propri scritti sostenendo di fatto le ragioni
del diritto morale dell’autore.
Ma sarà soltanto con la spinta economica dell’industria libraria, dopo la nascita della
stampa a caratteri mobili, che sorgerà la necessità di una vera tutela per i creatori di
opere.
É, infatti, nella seconda metà del secolo decimoquinto che vengono concessi nella
Repubblica di Venezia i primi privilegi ad autori e librai. Concessi dal principe, i
5
Una dottrina autorevole (Jhering, V. Scialoia) ha però sostenuto l’esistenza della possibilità,
riconosciuta anche nell’antica Roma, di una tutela morale dell’autore attraverso l’interpretazione
estensiva dell’“actio iniuriarum aestimatoria”.
6
Nel suo celebre “Sic vos non vobis” con cui Virgilio denunciava il plagio di un suo distico apposto
senza firma sulla porta dell’imperatore Augusto.
7
Nei suoi famosi epigrammi.
8
Nella lettera ad Attico.
- III -
privilegi librari erano veri e propri monopoli che garantivano soprattutto agli editori
(molto più di rado agli autori) l’esclusiva di stampare e di vendere.
Il sistema dei privilegi si diffuse ben presto negli altri Stati Italiani, nonché in molti
paesi stranieri (Francia, Spagna, Inghilterra, Germania ecc.) segnando così la
definitiva uscita degli artisti dall’anonimato dei chiostri o delle corporazioni.
Occorrerà attendere però circa tre secoli per un riconoscimento legislativo del diritto
d’autore grazie, come detto, allo Statuto della regina Anna d’Inghilterra,
9
con il quale
venne riconosciuto il “copyright” o diritto di copia.
A questa prima normativa ne seguirono altre in Francia (le leggi “rivoluzionarie” del
1791 e del 1793) e negli Stati Uniti (la legge federale del 1790) affermando in tutto il
mondo l’esigenza di una tutela dei creatori di opere.
Il diritto d’autore si é quindi delineato nei tre diversi sistemi che lo hanno
caratterizzato negli ultimi due secoli: il sistema anglosassone, il sistema socialista e
il sistema latino-germanico.
Il primo si é diffuso ben presto in Inghilterra e negli USA con l’intento dichiarato di
promuovere “the progress of science and useful arts”
10
e con una conformazione tutta
mirata a intenti di natura economica, tanto da escludere una protezione morale dei
detentori del copyright.
Il sistema che si é definito nei paesi del socialismo reale ha avuto invece una
funzione legata alla necessità di consentire una fruizione delle opere di ingegno da
parte della società, nel quadro della generale pianificazione economica,
9
Anna Stuart d’Inghilterra promosse questo Statuto nel 1709, nel quadro degli ideali preilluministici
del c.d. “costituzionalismo inglese” successivo alla “Dichiarazione dei diritti” del 1689.
10
Così l’art. 1 § 1 Cl. 8 della costituzione federale statunitense.
- IV -
determinando una conseguente frustrazione del ruolo dell’autore.
Solo nel sistema latino-germanico (diffuso nell’Europa continentale) la personalità
dell’artista ha trovato una collocazione importante, con il riconoscimento di diritti
morali e patrimoniali.
In effetti é verso questo sistema che si é verificato un avvicinamento poderoso delle
legislazioni sia anglosassoni, sia dell’Europa orientale, grazie soprattutto alle
numerose convenzioni internazionali concluse in materia nell’ultimo secolo.
11
Proprio il diffondersi del diritto d’autore in una veste sempre più internazionalistica e
uniforme ha rivelato l’aspirazione naturale di questa branca del diritto industriale a
una collocazione universale, non più stretta da confini nazionali, ma proiettata a una
sempre maggiore estensione (sia in senso giuridico che in senso geografico) della
protezione assicurata ai creatori di opere di ingegno.
D’altro canto non può essere disconosciuta l’attitudine peculiare delle opere
letterarie e artistiche a essere diffuse e utilizzate al di fuori del paese di origine,
anche nel quadro di uno scambio culturale internazionale, che deve essere senz’altro
incentivato e regolamentato.
É in questo senso che acquisisce un ruolo rilevante l’analisi comparata tra due diritti
d’autore, quello italiano e quello francese, che, seppure presentino notevoli punti in
comune (per la medesima radice storica e per la compartecipazione dei due paesi in
vari accordi internazionali e di natura comunitaria) costituiscono purtuttavia due
parametri legislativi differenti i cui rapporti sono ineludibilmente destinati ad
11
Tra le quali ricordiamo soprattutto la convenzione di Berna del 1886, riveduta e corretta più volte, di
cui sono membri oltre all’Italia e alla Francia anche l’Inghilterra e numerosi paesi ex-socialisti, e la
Convenzione universale di Ginevra del 1952.
- V -
intensificarsi.
- 1 -
PARTE I
IL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA
- 2 -
Capitolo I
BREVE STORIA DEL DIRITTO D’AUTORE IN ITALIA
Collocato, sicuramente, nel quadro dei sistemi latino-germanici, il diritto d’autore
italiano trae le sue radici dal movimento delle costituzioni “giacobine”
sviluppatosi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo in seguito alla campagna
d’Italia napoleonica.
Infatti, é in questo periodo che, sulla spinta ideologica della rivoluzione francese,
si compose nei diversi Stati Italiani un nutrito gruppo di intellettuali progressisti, i
quali dopo aver appoggiato le riforme illuministiche, si volgevano ora con
speranza alla Francia e all’avanzata militare di un esercito comandato da un
giovane generale: Napoleone Bonaparte.
Questo sostegno culturale, che mirava al superamento della vecchia Italia
spagnolesca, si dimostrò determinante per consentire l’introduzione negli Stati
Italiani conquistati o influenzati dalla Francia, di un serie di costituzioni
modellate su quella francese dell’anno III (1795).
12
In questo quadro fu emanato il 12 gennaio 1799 dal temporaneo governo
rivoluzionario piemontese il primo decreto disciplinativo della materia del diritto
d’autore, il quale, seppure improntato alla massima semplicità, già esprimeva
principi della legislazione moderna.
12
Non é più sostenibile la tesi, secondo la quale vi fu una traduzione sic et simpliciter della
costituzione francese in italiano e questo, secondo la storiografia più recente, é dimostrato dal testo
della prima carta costituzionale approvata a Bologna in S.Petronio il 4 dicembre 1796 che denota
l’originale e autonomo apporto del costituente italiano.
- 3 -
Due anni dopo nella Repubblica Cisalpina
13
venne poi promulgata finalmente una
legge organica e completa.
Anch’essa ampiamente ispirata alle leggi rivoluzionarie francesi entrò in vigore il 19
fiorile dell’anno IX (9 maggio 1801)
14
introducendo un diritto esclusivo di vendita e
di cessione dell’opera per gli scrittori, i musicisti e gli artisti.
Essa stabiliva che “gli autori di scritture d’ogni maniera, i compositori di musica, i
pittori, i disegnatori che faranno incidere quadri o disegni, godranno per l’intero
decorso della loro vita il diritto esclusivo di vendere, far vendere, distribuire le opere
loro nel Territorio Cisalpino, e di cederne la proprietà in tutto o in parte”. Questo
diritto durava vita natural durante per l’autore e 10 anni post mortem auctoris per gli
eredi (periodo quest’ultimo che un decreto del 1810 allungò a 20 anni).
Nel Regno delle due Sicilie venne per la prima volta riconosciuto un diritto di
rappresentazione delle opere teatrali e musicali con una legge del 7 novembre 1811,
modificata da un decreto del 1828. Quest’ultimo atto normativo, dovuto a
Francesco I, ampliava notevolmente l’area dei diritti spettanti agli autori su tutte le
loro opere e estendeva a 30 anni la durata di tali diritti in capo agli eredi dopo la
morte dell’autore.
In tutti gli Stati pre-unitari si cominciarono a diffondere normative sul diritto
d’autore (anche con spunti innovativi rispetto alla legislazione francese).
Nello Stato Pontificio una prima tutela degli autori si ebbe con un Editto che nel
1826 assicurò loro la proprietà sulle opere letterarie e scientifiche pubblicate.
13
La Repubblica Cisalpina fu costituita nel 1797 per iniziativa della Francia, e comprendeva i territori
della Transpadana e Cispadana, quelli già veneziani tra Adda e Mincio e la Valtellina.
14
Questa legge é evidenziata in: Franchi, “Leggi sui diritti d’autore” p. 72-73.
- 4 -
Nello stesso anno anche negli Stati Sardi fu disciplinato con una Regia Patente (di
Carlo Felice) un diritto esclusivo di pubblicazione e vendita per 15 anni. Il Codice
albertino del 1837 introdurrà poi (art. 440) il concetto molto importante di
proprietà letteraria e artistica che, seppure abbia trovato riscontro nel codice civile
italiano del 1865, verrà poi abbandonato dalla legislazione successiva.
Infine occorre ricordare la legge austriaca del 19 ottobre 1846 (di Ferdinando I)
introdotta nel Lombardo-Veneto, il Decreto Sovrano 22 dicembre 1840 emesso da
Maria Luigia nel ducato di Parma e Piacenza e le leggi del 1840 e del 1841 che
hanno disciplinato il diritto d’autore nel Granducato di Toscana e nel ducato di
Lucca.
Il diffondersi di provvedimenti legislativi su questa materia negli Stati citati, se
andava incontro alle esigenze che già da tempo si erano manifestate a tutela delle
opere artistiche, trovava però un suo forte limite nelle numerose frontiere che
dividevano gli Stati Italiani.
In effetti risultava molto facile, per l’ambito ristretto dell’efficacia di tali
legislazioni, contravvenire di fatto ai diritti di esclusiva spostandosi solo di alcuni
chilometri oltre il confine.
Questo problema indusse nel 1840 gli Stati Sardi e l’Austria a stipulare una
convenzione
15
(che segnalò già allora lo spirito sovranazionale del diritto
d’autore) per coordinare la disciplina legislativa dei diversi stati, e che, come
trattato italo-austriaco, rimase in vigore fino al 1890.
15
A tale trattato aderiranno, poi, anche il Granducato di Toscana, il Ducato di Parma, il Ducato di
Modena, il Ducato di Lucca e lo Stato Pontificio.
- 5 -
La disciplina ivi contenuta
16
consentiva la tutela “(del)le opere o produzioni
dell’ingegno o dell’arte, ma anche delle opere teatrali, delle traduzioni, delle
incisioni litografiche e delle medaglie”, e risolveva il problema delle opere
anonime o pseudonime la cui titolarità fu attribuita agli editori finché gli autori o i
loro aventi causa non avessero fatto constare dei loro diritti; venne assolutamente
vietata la contraffazione intesa come “l’azione per cui si riproduce con mezzi
meccanici un’opera, in tutto o in parte, senza il consenso dell’autore o dei suoi
aventi causa”, e si aggiungeva che “v’ha contraffazione non solo quando v’ha una
somiglianza perfetta fra l’opera originale e l’opera riprodotta, ma eziandio quando
sotto ad un medesimo titolo, o sotto un titolo diverso, vi ha identità di oggetto
nelle due opere, e vi si trova lo stesso ordine di idee e la stessa distribuzione di
parti”. Il diritto, dopo la morte dell’autore, veniva trasferito “agli eredi legittimi e
testamentari” e perdurava per 30 anni (nel caso di opere postume la durata veniva
estesa a quarant’anni). Dura era la convenzione contro i contraffattori, obbligati al
risarcimento dei danni sofferti dall’autore e soggetti a una serie di misure
esecutive quali “il sequestro e la distruzione degli esemplari e degli oggetti
contraffatti, e così pure delle forme , stampe, dei rami, delle pietre, e degli altri
oggetti adoperati per eseguire la contraffazione” (a meno che la parte lesa non
avesse chiesto “che siffatti oggetti le venissero aggiudicati in tutto o in parte in
deduzione dell’indennità che le era dovuta”).
Proprio a questo trattato (che divenne ben presto una sorta di diritto comune in
materia di proprietà letteraria) si ispirò Alessandro Manzoni quando decise nel
16
Anche il testo di questa legge é contenuto in Franchi, “Leggi sui diritti d’autore”.
- 6 -
1846 di citare in giudizio il celebre editore Le Monnier reo di aver riprodotto
senza la sua autorizzazione “I promessi sposi” nella stesura del 1827.
Il fatto fu veramente curioso perché il Manzoni con quell’azione giudiziaria non
volle solo tutelarsi economicamente ma soprattutto cercò di difendere le proprie
prerogative morali di autore dal momento che la versione definitiva de “I
promessi sposi” (pubblicata tra il 1840 e il 1842) presentava delle variazioni
notevoli rispetto all’opera riprodotta da Le Monnier.
É interessante a tal riguardo rileggere alcuni passi di una famosa lettera
indirizzata dallo stesso Manzoni al professor Girolamo Boccardo in cui l’autore
illustra le sue idee in tema di diritto d’autore.
17
Infatti il Manzoni già nel 1861 rigettava l’ipotesi di un diritto d’autore
paragonabile a una proprietà però poi affermava:”...la contraffazione non solo può
privare (l’autore) di un giusto vantaggio, ma anche cagionargli un danno
positivo... L’uomo che, dopo aver impiegato più o meno tempo, studio e, se
occorre, anche spese a comporre un libro, si risolve a pubblicarlo, s’espone a un
doppio rischio. L’opera che a lui pareva dover essere gradita e forse avidamente
cercata dal Pubblico, il Pubblico che, a ragione o a torto, sarà d’un gusto diverso,
gliela può lasciare... Ma a questo risico, nato dalla cosa medesima, se ne può
aggiungere un altro, cagionato dalla volontà arbitraria d’altri uomini, e da un
motivo di speculazione privata; cioé che l’opera sia, senza il consenso dell’autore,
ristampata da un terzo che, non ci avendo messo né tempo, né studio, né spese,
trovi cosa comoda il profittare, a danno dell’autore medesimo, de’ molti vantaggi
17
La lettera é riprodotta sulla rivista “il diritto d’autore”,1962, 58.
- 7 -
della sua diversa condizione. Primo vantaggio é il non esporsi a quel risico, a cui
l’autore non si può sottrarre...”.
In questo passo é rappresentata molto efficacemente la posizione morale
dell’autore rispetto alla sua opera e in questo Manzoni si rivelò una volta di più
un acuto e puntuale osservatore
18
, tanto più che, patrocinato dall’avvocato
Panattoni vinse la causa con Le Monnier e ottenne una discreta somma per la
rifusione dei danni.
La prima legge italiana unitaria (che ebbe tra i suoi relatori Antonio Scialoja)
seguì di poco l’unificazione politica e fu adottata con il r.d. 25 giugno 1865,
n.2358 all. G, esteso poi alle province di Venezia e Mantova (nel 1867) ed a Roma
(nel 1871).
Intervennero poi delle modificazioni minori che diedero luogo, una volta fuse con
la legislazione previgente, al testo unico del 19 settembre 1882 n.1012, rimasto in
vigore sino al 1926.
Si trattava di una legge assai soddisfacente, per i tempi, in quanto che prevedeva
una piena esclusiva per gli autori, limitata però solo per 10 anni (dalla prima
pubblicazione dell’opera) per quel che riguardava il diritto di traduzione.
I diritti degli eredi (post mortem auctoris) erano salvaguardati per ciò che
concerneva il diritto di rappresentazione per 80 anni (dalla prima
rappresentazione), mentre il diritto di riproduzione e spaccio si estingueva come
jus excludendi alios: gli eredi, infatti, potevano pretendere soltanto, per altri 40
anni dopo la morte del de cuius, un compenso pari al 5% del prezzo lordo di
18
In effetti il diritto morale dell’autore verrà riconosciuto nella sua pienezza solamente nel nostro
secolo e dopo, un non breve e facile iter ideologico.
- 8 -
vendita di ogni esemplare riprodotto.
La legislazione speciale sul diritto d’autore del 1865 costituiva l’applicazione
dell’art. 437 del codice civile entrato in vigore nello stesso anno. Esso stabiliva
che l’appartenenza delle produzioni dell’ingegno fosse da attribuirsi “ai loro
autori secondo le norme stabilite dalle leggi speciali”.
Ma l’aspetto più rilevante della previsione codicistica si poteva trarre dalla
posizione sistematica in cui era stato collocato il diritto d’autore, e cioé sotto il
titolo della proprietà.
In effetti in Italia si affermò (a dispetto delle sopra ricordate tesi manzoniane) un
concetto che incardinava senz’altro la figura del diritto d’autore nell’ambito
dell’istituto della proprietà, facendo della legge speciale uno strumento
derogatorio ed evitando totalmente una indicazione specifica nel codice sulla
tutela della personalità dell’autore.
Appare evidente a tal riguardo lo sforzo compiuto, nei decenni successivi, dal
legislatore (sollecitato dalla dottrina e incalzato dalla giurisprudenza), il quale ha
progressivamente spostato il diritto d’autore dall’area della proprietà e dei
principi codicistici verso una legislazione speciale che consegnasse la tutela dei
creatori d’opere a un ambito specifico e particolare, come la materia richiedeva.
Nonostante ciò la prima disciplina italiana adottò la teoria che voleva il diritto
degli autori come un diritto di proprietà su beni immateriali, distinguendosi così
dal sistema francese che già nella sua fase embrionale si caratterizzò per la sua
specialità (“un droit sui generis non prévu par le code et au quel on ne peut
- 9 -
appliquer les régles du code civil”
19
).
É evidente che i maggiori danni per questa situazione furono a discapito degli
interessi morali degli autori, che invece erano destinati a trovare sempre maggiore
spazio nelle normative moderne.
In realtà, già all’inizio del nostro secolo, si cominciò a diffondere anche in Italia
la consapevolezza che “il carattere personale ... forma(va) ormai il caposaldo di
ogni riforma legislativa nella materia e rappresenta(va) il diritto che (l’autore) ha
alla sua personalità di scrittore e di artista”.
20
Ciò condusse alla redazione di una nuova legge sul diritto d’autore adottata con il
r.d. 7 novembre 1925, n.1950, convertito in legge 18 marzo 1926, n.562.
Questa normativa, oltre a indicare, per la prima volta, come unico fatto costitutivo
del diritto d’autore il puro e semplice fatto della creazione dell’opera e della sua
estrinsecazione (senza quindi la necessità di particolari formalità costitutive
21
),
enfatizza gli interessi di natura morale dell’autore (art.16) e li equipara ai diritti
patrimoniali.
Il passo fondamentale compiuto dal legislatore italiano ebbe poi una
importantissima conferma a livello internazionale con la conferenza di Ginevra
del 1928, la quale sancì (art.6-bis) il definitivo superamento dell’utilizzo di
tecniche di tutela proprie di una sorta di diritto comune al fine di difendere
prerogative di natura extrapatrimoniale e rappresentò anche il momento del
19
Recht, “(Le) droit d’auteur”, Paris, 1969.
20
V.N. Stolfi, “Proprietà intellettuale”, Torino, 1915, pag.261.
21
Il sistema introdotto dalle leggi 25-6-1865 n.2337 e successive fino al t.u. pubblicato con r.d. 19-9-
1882 n.1012 prevedeva una serie di formalità che richiedevano, assieme alle dichiarazioni di
riserva, il deposito di alcune copie dell’opera, la custodia e l’esibizione al pubblico del materiale
depositato e la pubblicazione delle stesse dichiarazioni di riserva sulla Gazzetta Ufficiale del Regno.
- 10 -
decisivo allontanamento dei sistemi di diritto d’autore di civil law dai sistemi
anglosassoni di common law (in cui mancò la penetrazione della dottrina del
diritto morale).
É in questi anni che comincia a sorgere soprattutto in Italia un dibattito
strettamente legato al problema delle prerogative extrapatrimoniali, dibattito che
si porrà come base ideologica prodromica della riforma del 1941.
La questione che interessò i giureconsulti dell’epoca (anche alla luce del rapido e
incessante sviluppo dei mezzi di riproduzione e di diffusione delle opere
d’ingegno, intercorso tra le due guerre mondiali) fu quella della natura del diritto
d’autore.
Posto che il diritto d’autore era un diritto soggettivo, il problema che sorgeva era
quello della costruzione dogmatica di tale qualifica sulla base della
determinazione del genere di tale diritto soggettivo e della specie alla quale, entro
il rispettivo genere, si dovesse ascrivere lo stesso diritto soggettivo.
22
Per quanto concerne il genere, le differenze tra i vari autori vertevano
essenzialmente sul tipo di rapporto esistente tra diritto patrimoniale dell’autore e
diritto morale, rapporto valutato o secondo un criterio esclusivistico, o secondo un
criterio eclettico.
22
Un ampio approfondimento del quadro generale del dibattito sul diritto d’autore dal punto di vista
della dogmatica giuridica italiana si può trovare in Greco, Vercellone, “I diritti sulle opere di
ingegno”, pagg. 175-190.