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Infatti l’azienda possiede una avanotteria, centro nevralgico per l’intero
allevamento, composta da quattro reparti: sala produzione alghe, sala
riproduzione gamberi, sala di primo svezzamento, serra di allevamento
larvale e vasche stoccaggio riproduttori fuori stagione.
L’allevamento consta di circa 90 bacini per una superficie di circa 120 ha
di acqua, più una superficie di circa 60 ha di bacini ancora non destinate.
Esso è indirizzato soprattutto in senso estensivo, riducendo ad una minima
parte (20 ha di bacini) il semi-intensivo, che è ancora in fase sperimentale
all’interno dell’azienda.
La mia attività di tirocinio è stata svolta presso questa azienda per un
periodo di tre mesi (01/06/04 – 01/09/04), preceduta da una esperienza
professionale avuta nello stesso anno nei mesi di Marzo ed Aprile.
L’obiettivo è stato quello di comprendere le problematiche nella gestione di
un impianto di acquacoltura e, inoltre, l’iter di programmazione della
stagione produttiva in base all’allevamento del gambero secondo due
differenti tipologie: estensivo e semi-intensivo.
Ciò mi ha permesso di seguire tutte le fasi dell’allevamento del Penaeus
japonicus, dalla riproduzione alla raccolta.
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CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
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1.1 CENNI STORICI
La gambericoltura marina è attività tradizionale in molte aree del Sud Est
asiatico, dove viene praticata da oltre un secolo.
Fino agli anni ’60 la produzione di gamberi da allevamento costituiva una
fonte economica complementare alla piscicoltura. In Tailandia, Malaysia,
Singapore ed India gli stadi giovanili di gamberi, che accidentalmente
entravano nelle saline e nei campi allagati per la coltura del riso, venivano
successivamente pescati alla pezzatura di mercato. In Indonesia e nelle
Filippine gamberi allo stadio post-larvale entravano comunemente con
l’alta marea, in occasione dei ricambi d’acqua, nei bacini di allevamento di
pesci ed ivi raggiungevano la taglia commerciale. Soltanto più
recentemente, a seguito di una maggiore quotazione di mercato dei gamberi
marini, questi hanno acquisito crescente importanza rispetto alle produzioni
principali. Ciò ha spinto molti piscicoltori a convertire la loro attività in
gambericoltura.
Le prime forme di gambericoltura organizzata si basavano essenzialmente
sulla reperibilità di novellame naturale, il quale veniva lasciato entrare
spontaneamente nei bacini di ingrasso con il flusso della marea crescente e
quindi intrappolato inserendo delle grate alle chiuse, nel momento del
deflusso delle acque. Nelle Filippine, dove il gambero veniva allevato in
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monocoltura o in policoltura, si ricorreva a tecniche più propriamente
mirate alla raccolta del novellame nelle zone di estuario. I sistemi di cattura
erano molteplici:
ξ con retini direttamente dalla imbarcazione o, anche camminando nei
bassi fondali di estuario: veniva sospinto in avanti, appena sotto il pelo
dell’acqua, un attrezzo rigido in rete con il quale si raccoglievano vari
organismi tra cui larve e post-larve di gamberi;
ξ con fascine vegetali legate tra loro a formare una catenaria e fissata agli
estremi su due pali; tale sistema, detto localmente “bon-bon”, sfruttava
la tendenza delle post-larve a rifugiarsi nelle anfrattuosità delle fascine,
che venivano successivamente salpate e sbattute per raccoglierne gli
animali.
Tuttavia qualunque fosse il sistema adottato, la reperibilità del novellame
costituiva un aspetto aleatorio, in quanto legato alle fluttuazioni stagionali.
L’allevamento successivamente, veniva effettuato in vecchi bacini non
strutturati opportunamente e contraddistinti in genere da scarsa profondità.
Ciò determinava forti variazioni dei valori alini e termici causando elevate
morie. Inoltre l’entrata accidentale di specie ittiche predatrici decimava la
popolazione di gamberi in allevamento con gravi danni economici. Tale
prima fase della gambericoltura era caratterizzata da bassi raccolti, che si
attestavano intorno ai 50-100 kg/ha per ciclo produttivo.
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Tuttavia il fattore limitante di tali primi tentativi di gambericoltura
organizzata era costituito dalla aleatorietà delle catture del novellame in
natura.
A portare un contributo determinante alla risoluzione della produzione di
novellame furono gli studi svolti in Giappone dal biologo Motosaku
Fujinaga, che nel 1934 raggiunse un primo successo nella riproduzione di
Panaeus japonicus e nell’allevamento delle larve. Fujinaga riuscì a
perfezionare la tecnica soltanto nel 1959, quando mise a punto il sistema
produttivo del Peneide su scala pilota. Tuttavia soltanto a partire dal 1967
l’attività di allevamento del Peneide acquisì dimensioni commerciali, in
Giappone, attraverso l’attività di un primo gruppo di operatori. Intanto la
tecnologia di Fujinaga incominciò a diffondersi in altre aree geografiche.
Nel 1963 il ricercatore Harry Cook del Laboratorio di Galveston, Texas, in
collaborazione con Fujinaga, riuscì a far riprodurre ed allevare con
successo le larve di due Peneidi americani, P. setiferus e P. aztecus. Tale
tecnologia, con opportune modificazioni determinate dalle specifiche
situazioni ambientali e socio-economiche, si diffuse più tardi in Taiwan,
Filippine, Tailandia e Malaysia con alcune specie locali quali P. monodon,
P. merguiensis, P. indicus e P. orientalis. Tuttavia l’industria della
gambericoltura richiese ancora un lungo periodo di gestazione a causa di
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una tecnologia ancora molto carente che si evolse, sia pure tra errori e
fallimenti, fino agli anni ’70.
La grande richiesta del mercato del gambero a livello mondiale rappresentò
uno stimolo formidabile per coinvolgere altri paesi, quali quelli del Sud-Est
asiatico e del Centro America. In quest’ultima area, il successo di mercato
del prodotto e le prime esperienze di Galveston catalizzarono un vasto
interesse soprattutto in Ecuador dove, favorite da un ampia disponibilità di
novellame naturale, furono avviate direttamente iniziative di ingrasso di P.
vannamei, P. stylirostris e P. occidentalis. In Ecuador si è passati da una
produzione di 45 t nel 1972 (Cobo Cedeño, 1977) a 1.144 t nel 1979
(Pedini, 1982) e, quindi, ad oltre 30.000 t nel 1982. La gambericoltura si
sta rapidamente espandendo in quest’area geografica coinvolgendo
Panama, Perù, Santo Domingo, Colombia, Cuba, Messico ed altre nazioni
ancora.
In Europa la gambericoltura come tale soltanto negli anni recenti si è
avviata ad acquisire una fisionomia commerciale, anche se in passato non è
mancato l’interesse scientifico riferibile soprattutto agli studi di morfologia
e fisiologia riproduttiva di Heldt (1938). Tuttavia soltanto dopo il successo
giapponese sono venute fiorendo nel bacino del mediterraneo iniziative
sperimentali volte alla definizione di tecnologie di allevamento dei Peneidi.
I primi studi in tal senso furono avviati in Spagna da San Feliu (1964,
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1969), cui seguirono ricerche in Italia (Lumare et al., 1971), in Portogallo
(De Figueredo, 1972), in Francia (Caubere et al., 1976; Laubier-Bonichon
et Laudier, 1976), in Israele (Samocha and Lewinsohn, 1977), in Inghilterra
(Beard et al., 1977), in Grecia (Anonimus, 1977) ed in Tunisia (Brunel,
1976). Attualmente la spinta richiesta di mercato dei gamberi a livello
mondiale, il consolidamento delle tecnologie della riproduzione artificiale e
dell’ingrasso, nonché l’incentivo determinato dagli investimenti nel settore,
stanno creando i presupposti per lo sviluppo di una industria mondiale della
gambericoltura.
1.2 LE CAUSE DEL SUCCESSO
Alla base del successo della gambericoltura in tutto il mondo vi è:
ξ l’aumento dei consumi: la domanda di prodotti ittici è in una fase di
crescita in tutto il mondo, ma nei Paesi ad economia più forte (USA,
Giappone, Europa) i consumi sono sempre più orientati verso i prodotti
di pregio e verso i crostacei in particolare;
ξ le difficoltà della produzione da pesca: la pesca mondiale dei gamberi è
attestata su circa 2 milioni di t/anno, nonostante sia aumentata la
consistenza della flotta peschereccia, tanto che alcuni Paesi soffrono
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ormai del fenomeno di impoverimento degli stock a causa di eccessivo
sfruttamento. È di conseguenza in diminuzione l’offerta;
ξ i processi tecnologici: negli ultimi 10 anni le discipline biologiche e
biotecnologiche hanno fatto notevoli passi in avanti, per cui nel settore
specifico sono ormai integralmente sotto controllo tutte le fasi dei
processi di riproduzione artificiale e di allevamento. Particolarmente
significative le ricerche di biologia di base e di biologia della
riproduzione in Francia e le tecnologie di induzione della maturità dei
riproduttori in Italia.
1.3 PERCHÈ I PENEIDI?
L’interesse per l’allevamento dei gamberi Peneidi risiede in un complesso
di fattori che tendono a privilegiarli rispetto ad altre specie piscicole. In
sintesi tali elementi possono essere così elencati:
a) ampio areale di distribuzione dei Peneidi presenti, praticamente, in
tutti i mari del globo. Ciò ha consentito un facile approccio alla
conoscenza di tale prodotto su tutte le mense del mondo ed un
conseguente diffuso apprezzamento di dette carni. Tuttavia la
maggiore concentrazione nei consumi dei gamberi si ha in Giappone,
Stati Uniti ed Europa Occidentale. E’ stato calcolato che nelle sole
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prime due nazioni sia stato consumato, nel 1980, il 50% di tutta la
produzione mondiale.
Inoltre gli orientamenti di mercato indicano un continuo incremento
della richiesta del prodotto, laddove la produzione della pesca già da
qualche tempo si è stabilizzata intorno a 1.5 milioni di tonnellate/anno;
b) elevata quotazione di mercato, cosa che consente ampi margini di
profitto anche nelle forme di allevamento tecnologicamente poco
avanzate, caratterizzate da basse produzioni unitarie. In Giappone il
gamberone locale da allevamento può superare quotazioni di anche 52
€/kg; in Spagna il prezzo all’ingrosso del prodotto fresco raggiunge i
20 €/kg. In Italia il fresco viene pagato intorno ai 15 €/kg. Non sono
mancate situazioni, tuttavia, sui mercati del Nord Adriatico in cui il
prodotto è stato pagato fino a 17 €/kg, all’ingrosso. Sebbene il
gambero surgelato venga valutato sensibilmente meno, tuttavia trova
un buon apprezzamento sui mercati internazionali con valori,
all’ingrosso, oscillanti dai 12 ai 15 $ USA, a seconda della taglia e
delle epoche;
c ) rapido accrescimento dei Peneidi che in 3-4 mesi può raggiungere la
pezzatura di mercato. Ciò consente nelle regioni tropicali e sub
tropicali di ottenere anche 2-2.5 raccolti all’anno nello stesso bacino,
oppure un solo raccolto nelle aree temperate. Non di meno la rapidità
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dell’accrescimento permette lo sviluppo della gambericoltura anche in
quelle aree geografiche considerate “difficili”, in quanto caratterizzate
da periodi freddi molto prolungati alternati a brevi estati, quali le “valli
da pesca” dell’Alto Adriatico e anche le “marais” della costa atlantica
francese, dove la gambericoltura sta soppiantando attività ittiche
tradizionali;
d) rusticità ed alta capacità di adattamento dei Peneidi a condizioni
ambientali anche estreme. Relativamente alla temperatura, per
esempio, i Peneidi sopravvivono in un campo di variabilità oscillante
da 1°C ad oltre 33°C. Lo stesso dicasi nei confronti della salinità, le
cui oscillazioni possono andare da valori simili a quelli dell’acqua
dolce ad oltre il 60‰. Rispetto all’ossigeno i Peneidi evidenziano
notevoli capacità adattative, presentando un valore di soglia che si
colloca sotto i 3 mg/l, anche se sono compatibili punte minime, per
brevi periodi, di 1 mg/l. L’insieme di tali fattori consente
l’allevamento della specie in strutture con tecnologie sia a basso costo
e poco avanzate (nei bacini di terra, nei tambaks dell’Indonesia, nei
recinti di rete a bambù o pen delle Filippine, etc.), con schemi
gestionali molto rudimentali, sia costose e molto avanzate quale, ad
esempio, il modello giapponese di iperintensivo “Shigueno”
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(caratterizzato da alta tecnologia, forti ricambi di acqua e sofisticati
sistemi di drenaggio sotto doppio fondo);
e) tecnologie della riproduzione e dell’ingrasso note nelle loro linee
principali e tali da fornire garanzie di successo.
1.4 LA GAMBERICOLTURA NEL MONDO
Sebbene siano diverse le specie coltivate di Crostacei (in genere come
integrazioni a produzioni di base, nei paesi sud-orientali), soprattutto i
gamberi Peneidi da oltre un ventennio costituiscono oggetto di interesse ai
fini dell’allevamento (fig. 1). In base agli ultimi dati della FAO, risalenti al
1998, la produzione mondiale di gamberi provenienti da pesca e
allevamento ammontava a 3.827.337 t, delle quali ben il 29,1% ottenuto
attraverso forme di acquacoltura (fig. 2).
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Figura 1. Produzione dei crostacei da allevamento nel mondo (FAO, 2000). La voce crostacei d’acqua
dolce si riferisce soprattutto a Macrobrachium spp., Cherax spp., ed astacidi dulciacquicoli; granchi di
mari a Portunus sp., Callinectes sp. e Scylla serrata; Astacidi e aragoste a Panulirus spp. e Palinurus
spp.; la voce gamberi e mazzancolle ai gamberi peneidi. Vari marini, infine, ad altri crostacei, come
Artemia spp., non inclusi nelle categorie precedenti.
Figura 2. Andamento della produzione mondiale di gamberi sia da allevamento che pescati in natura
(FAO, 2000). Su un totale della produzione mondiale, nel 1998, pari a 3.827.337 t, ben il 29,1 %
proveniva da allevamenti.
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1.4.1 Il consumo dei gamberi nella UE
L’Unione Europea è, insieme al Giappone ed USA, una delle maggiori
consumatrici di gamberi al mondo.
La UE nel 1998 ha utilizzato 625.273 t di gamberi (fig. 3) con un consumo
medio pro-capite pari a 1,3 kg; di esse 382.115 t (61,1%) sono state
importate e 243.158 t (38,9%) risultano di produzione interna, in grande
maggioranza da pesca in mare. Le stime indicano che del totale consumato
il 22% proveniva da allevamento.
Figura 3. Quantitativi ed origini dei gamberi consumati nella Unione Europea; dati riferiti al 1998 (FAO,
2000). In particolare vengono indicati: il consumo totale nella UE; i quantitativi prodotti nella UE
(243.158 t) rispetto a quelli di importazione ( 382.115 t), il totale proveniente da allevamento (estero e
UE, pari a 137.560 t) e la produzione da allevamento all’interno della UE (112 t).
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1.4.2 La gambericoltura nel Mediterraneo
La produzione di gamberi allevati nel Mediterraneo ha raggiunto, nel 1998,
le 505 t, delle quali soltanto 112 t prodotte nell’ambito della UE.
La situazione relativa alle produzioni per specie, quantità e paese è
illustrata in fig. 4; da questa si rileva che i maggiori produttori del
Mediterraneo sono Turchia ed Egitto (rispettivamente con 270 t e 80 t ).
Figura 4. Mappa dei principali paesi produttori di gamberi da allevamento nell’area del Mediterraneo, con
relativi quantitativi e specie. In blu vengono indicati i paesi che al momento non hanno produzioni
significative, ma hanno avviato programmi di sviluppo.