Il seguente lavoro inizia con una breve storia del turismo, dal
Grand Tour ai giorni nostri, e si sviluppa poi analizzando gli
impatti ambientali e socio-culturali del turismo ed approfondendo
alcune realtà, come il turismo responsabile, l’ecoturismo ed il
turismo rurale. Successivamente è stata individuata la Maremma
Laziale come potenziale area in cui poter sviluppare un
“agriturismo sostenibile” che potrebbe rappresentare un ideal-
tipo di struttura ricettiva per caratterizzare il tipo di ospitalità in
un eventuale sistema turistico locale; si è svolta quindi l’analisi
territoriale dell’area e poi è stato elaborato un questionario per
valutare il grado di sensibilità ambientale e la diffusione di
pratiche sostenibili tra i gestori della strutture agrituristiche nella
Maremma Laziale al fine di verificare la disponibilità al
cambiamento.
Giunto al termine di questo percorso non posso non ringraziare i
miei genitori che hanno creduto in me anche nei momenti più
difficili, la mia ragazza Marina che mi ha sempre sostenuto
accompagnandomi anche durante il sopralluogo sul territorio, il
mio migliore amico Luca e mio cugino Luciano che sono riusciti
a darmi nuovi stimoli con i loro consigli durante interminabili
conversazioni, mio zio Renato che mi ha trasmesso la passione
per la Geografia, e tutti coloro che mi hanno accompagnato
durante questo viaggio. Inoltre desidero ringraziare anche la
Professoressa Montani ed il Dottor Filieri, che hanno continuato
ad avere fiducia in me nonostante alcuni miei “incidenti di
percorso”.
Leandro Morelli
8
CAPITOLO 1
Turismo, impatti e sostenibilità
1.1 - Evoluzione del turismo
Il turismo riflette l’evoluzione di una società e della sua cultura
ed occupa oggi un ruolo di primo piano sulla scena economica,
politica e sociale.
La pratica del viaggio esisteva già nelle società del passato: dalla
Roma imperiale all’Europa medievale ci si spostava per la ricerca
di sensazioni nuove e piacevoli (i viaggi di piacere dei ricchi
nobili oppure i pellegrinaggi dei fedeli a Roma o in Terra Santa),
oltre che per commercio (i viaggi di affari di astuti mercanti).
Con il tradizionale Grand Tour, sviluppatosi alla fine del XVII
secolo, i giovani aristocratici inglesi, francesi e tedeschi
compivano un viaggio di formazione della durata massima di tre
anni le cui tappe erano obiettivi artistici e diplomatici, e che si
completavano quasi sempre con la visita di Roma: scopo
principale del viaggio era l’addestramento del giovane alla sua
futura vita di relazione.
Figura 1 - “Colosseo e Foro romano” (Gaspar Van Wittel - 1750 circa)
9
La prima forma di turismo inteso come occupazione del tempo
libero venne introdotta in Inghilterra nel XVIII secolo
dall’aristocrazia ormai decadente: è il soggiorno nelle stazioni
termali, frequentate più per moda che per esigenze terapeutiche
(il frequentare quei luoghi diventò presto uno status symbol). Per
distinguersi dalla borghesia che tendeva ad imitarne i
comportamenti, gli aristocratici trascorrevano l’intera stagione in
località come Bath, Spa e Baden alla continua ricerca di
divertimento e trasgressione. Tuttavia già all’inizio del secolo
successivo l’alta borghesia raggiunse a sua volta le terme per
godere del prestigio legato alla frequentazione di questi luoghi.
Inizia così la “corsa all’imitazione” che sarà il leit-motiv del
turismo.
Anche attraverso quella che si può definire la seconda forma di
turismo moderno, il soggiorno nelle stazioni balneari nato alla
fine del XVIII secolo, la nobiltà inglese cercò in tutti i modi di
differenziarsi dalla borghesia. Ciò nonostante venne raggiunta
prima da questa e successivamente, con l’avvento della ferrovia,
anche dalla classe operaia. I soggiorni balneari erano
caratterizzati dalle immersioni nelle fredde acque dei mari del
Nord, poiché i medici del tempo sostenevano ed avvaloravano le
proprietà terapeutiche dell’acqua di mare come tonico per il
corpo. Quando il bagno al mare divenne un “lusso popolare” e si
affermò anche grazie alle tariffe ferroviarie a basso costo, fu
difficile per i gruppi sociali dominanti limitare l’accesso alle
spiagge, nonostante i vani tentativi di recintare le proprietà e di
imporre il pedaggio per l’ingresso. Nel frattempo le coste del
Mediterraneo erano ancora snobbate dalle élites europee, non
essendo ancora apprezzate le qualità terapeutiche ed estetiche del
sole, ed erano frequentate soltanto dalle popolazioni locali.
Lentamente la montagna assunse importanza negli itinerari degli
aristocratici, sulla spinta del romanticismo e del diffondersi del
gusto per l’inesplorato. I primi inglesi, mossi da intenti
avventurieri, iniziarono ad affollare soprattutto le montagne della
Svizzera, che ben presto si dotarono di strutture ricettive di lusso.
10
Di sicuro gli aristocratici vivevano l’avventura sempre forti di
una base d’appoggio sicura, considerando che le strade e le
ferrovie raggiunsero ben presto le località montane in cui furono
costruiti i primi Grand Hotel e che fin dal 1827 furono pubblicate
le guide turistiche stampate (la prima, il Baedeker, era dedicata
alla regione del Reno1).
Figura 2 - La copertina della prima guida Beadeker (1827)
Furono proprio tutte queste comodità a permettere in breve tempo
l’accesso alle stazioni montane anche alla borghesia.
L’ondata turistica borghese del XIX secolo portò alla nascita di
un nuovo ed interessante mestiere: la guida turistica nelle città.
Infatti i lunghi viaggi dalla residenza al luogo di villeggiatura, o
anche tra i vari luoghi di villeggiatura, venivano suddivisi in
1
Ricordiamo che già nel XII secolo l’abbazia di Cluny in Francia mise in
circolazione la prima “guida del pellegrino” (Liber peregrinationis) per Santiago de
Compostela, scritta dal monaco Aymeric Picaud di Paternay-le-Vieux, in cui erano
descritti i percorsi, le giornate di cammino e le locande in cui si poteva sostare in
modo che i pellegrini potessero prevedere, sulla base di queste notizie, le spese
necessarie al viaggio.
11
tappe che spesso coincidevano con importanti mete turistiche e
quindi i forestieri raggiungevano questi luoghi con il desiderio di
visitare quanto più possibile, senza correre il rischio di perdersi.
In Gran Bretagna nel 1841 si assistette all’ennesima innovazione
con il primo viaggio organizzato nella storia del turismo, ad
opera di Thomas Cook: cinquecentosettanta persone viaggiarono
da Leicester a Loughborough nei vagoni aperti della Midland
Railway con una tariffa di andata e ritorno di uno scellino. Dopo
una sperimentazione in campo nazionale di alcuni anni venne
organizzato il primo viaggio all’estero con tappa in Olanda, la
crociera sul Reno ed il ritorno via Parigi dove era prevista la
visita all’Esposizione Universale del 1855. Cook risolse il
problema dei pagamenti all’estero inventando il primo traveller’s
cheque ed inoltre pubblicò il primo catalogo di viaggi all
inclusive, “The excursionist”.
Tra la fine del XIX secolo e gli anni tra le due guerre mondiali il
modo di fare vacanza si sviluppò secondo quattro fasi, come
viene descritto da Savelli nel suo manuale di “Sociologia del
turismo” (2002). Inizialmente l’aristocrazia decadente, affiancata
dall’alta borghesia, praticava un tipo di turismo multistagionale
soggiornando nelle città del Mediterraneo tra ottobre e maggio
per motivi climatici e terapeutici dei luoghi (spesso consigliati
dai medici per curare le malattie tipiche dell’epoca, come la
tubercolosi), invece durante l’estate le vacanze si diversificavano
tra i soggiorni nelle stazioni termali, nelle stazioni balneari, nelle
stazioni montane e nelle residenze di campagna. Nei periodi
intermedi si preferivano i soggiorni nelle grandi capitali europee
(soprattutto Parigi e Londra) oppure i viaggi in Grecia ed Egitto
sulla spinta delle scoperte archeologiche. Successivamente, tra il
1880 ed il 1905, si ebbe una forte espansione turistica con la
costruzione in serie di Grand Hotel e l’introduzione di residenze
di villeggiatura a buon mercato (i primi bungalows). Il primo
conflitto mondiale sconvolse l’Europa e l’inflazione mandò sul
lastrico le classi basate sulla rendita, quelle che avevano
permesso lo sviluppo del turismo multistagionale, mentre emerse
12
sempre più il ceto medio, che viveva del proprio lavoro e che
finalmente poteva godere di un periodo di ferie retribuite2, spinto
da un reale bisogno di riposo, ma anche da aspirazioni di ascesa
sociale. Le spiagge e le montagne in questo periodo divennero
sempre più democratizzate, raggiunte da flussi consistenti di
impiegati, commercianti ed artigiani. Tra le due guerre, e
soprattutto nel secondo dopoguerra, si sviluppò l’emancipazione
di tutti i lavoratori grazie all’associazionismo specializzato
(campeggi, automobile club, etc.) ed alla spinta degli Stati che, in
maniera diversa in tutta Europa, iniziarono a lavorare per evitare
danni irreparabili alla natura con la creazione dei primi parchi
nazionali3, regolarono le nuove professioni legate alle attività
turistiche, e promossero nuove forme di ricettività (le colonie
marine e montane) e vantaggiose forme di trasporto (i treni
speciali a tariffa ridotta). Questo tipo di turismo popolare venne
definito dagli studiosi “turismo sociale”, inteso come diritto alle
vacanze per tutti, che nasconde però l’idea di dovere della
vacanza inteso come dovere di appartenere alla società. In
seguito si parlerà di “turismo di massa”, riferendosi alla
concentrazione di determinati comportamenti nel tempo e nello
spazio; questo tipo di turismo è collettivo ed eterodiretto, a
differenza delle prime forme di turismo che erano individuali ed
autodirette.
È con il boom economico degli anni ’50 e ’60 del XX secolo che
il turismo di massa ha avuto la giusta spinta per uno sviluppo
inarrestabile verso una forte concentrazione nello spazio e nel
tempo. Con la diffusione delle automobili avvenne una forzatura
del tempo libero verso un consumo turistico: l’automobile agisce
2
In Inghilterra il diritto alle ferie era riconosciuto già dal 1870 per i funzionari e gli
impiegati statali, ma solo negli anni Venti del XX secolo si estese anche alla classe
operaia della maggior parte degli stati europei.
3
Il primo parco nazionale europeo è stato quello di Abisko, in Svezia, che fu
inaugurato il 24 maggio 1909 (tale data è stata scelta da Europarc, la Federazione
dei Parchi Nazionali d’Europa, per festeggiare la “Giornata Europea delle Aree
Protette”).
13
come indicatore di status sociale e regala la libertà di movimento
a chi la utilizza, dalle gite fuori porta della domenica alle ferie
estive. Il ruolo svolto a livello locale dall’automobile è ripreso a
livello globale dall’aeroplano, con la diffusione di voli charter
internazionali e pacchetti turistici standardizzati su scala
mondiale.
<<Quando viaggiare cominciò a divenire una pratica
diffusa, ampie distinzioni di gusto vennero a stabilirsi tra
differenti mete, alcune delle quali conferivano una
considerevole importanza sociale a chi le frequentava. Lo
sguardo del turista assunse un valore diverso da una
località all’altra. Si sviluppò una gerarchia di luoghi di
villeggiatura, e alcune località acquisirono la fama di
luoghi del turismo di massa, da disprezzarsi e
ridicolizzarsi. Si vennero a stabilire grandi differenze di
tono sociale tra località sotto altri aspetti simili, e alcune
di esse, i luoghi di villeggiatura della classe operaia,
divennero velocemente simboli del turismo di massa,
luoghi di inferiorità che rappresentavano ciò che i gruppi
sociali dominanti ritenevano senza gusto, comune e
volgare.>> (Urry, 1995: pag. 35-36)
Tra il secondo dopoguerra e l’inizio del nuovo millennio si sono
susseguite tre fasi del turismo di massa. La prima si sviluppa
all’incirca tra il 1950 ed il 1975, quando dalle ceneri della
seconda guerra mondiale crebbe un forte desiderio per il futuro
che si tradusse in un aumento della domanda turistica sempre più
indifferenziata; prototipo di questo turismo per tutti sono le
vacanze al mare caratterizzate dalle cosiddette “4 S” (Sand, Sea,
Sun, Sex). In questa fase i turisti concentrano tutto il loro
interesse in una frettolosa visita ad una serie di cose da vedere
come monumenti e musei (fenomeno del sightseeing) riducendo
il viaggio ad una verifica dal vivo di ciò che si è già visto sui libri
e sulle guide turistiche, per poi tornare nella sicurezza e nella
14
comodità dei Grand Hotel o dei villaggi turistici4, vere e proprie
“bolle ambientali”5 in cui il turista si sente a proprio agio come se
fosse a casa propria.
Successivamente, tra il 1975 ed il 2000, il turismo risente di
eventi storici come le contestazioni studentesche del 1968 e la
crisi energetica del 1973. Inizia a manifestarsi una certa
differenziazione nei comportamenti turistici, la domanda è
sempre più attenta al rapporto qualità-prezzo; parallelamente al
forte incremento del turismo standardizzato crescono alternative
al tipo di vacanza più diffusa, durante le quali si presta maggiore
attenzione alla realtà locale. Il turista può non accontentarsi della
scena banale creata appositamente per lui (pseudo-eventi6), ma
può provare le sensazioni degli antichi viaggiatori entrando nel
retroscena (back region7) fino a conoscere in modo autentico il
luogo visitato.
La terza generazione del turismo di massa si sta sviluppando ai
giorni nostri, con il mercato turistico che da una parte continua a
sostenere un’offerta basata sul tipico turismo di massa
caratterizzato da viaggi organizzati e villaggi turistici, dall’altra
inizia ad adattarsi ai nuovi bisogni dei consumatori. Ecco che le
“4 S” vengono sostituite gradualmente dalle “4 E” (Environment
and clean nature, Educational tourism, Event and mega event,
Entertainment and fun), con il turista che privilegia i
divertimenti, è più sensibile all’ambiente ed è attento alla propria
sicurezza. Si vanno quindi diffondendo forme nuove di turismo
4
Il primo villaggio vacanze è stato fondato nel 1950 ad Alcudia, nelle isole Baleari,
dal Tour Operator Club Med.
5
L’espressione “bolle ambientali” (environmental bubbles) è del sociologo del
turismo E. Cohen, che la impiegò per la prima volta nel 1972 in un saggio intitolato
<<Toward a Sociology of Internatinal Tourism>>, Sociological Research n.39.
6
Il termine “pseudo-eventi” venne introdotto dallo storico D. Boorstin nella sua
analisi sulla rappresentazione teatrale della realtà in <<The image: a guide to
Pseudo-Events in America>> (1961).
7
L’attenzione sulla ricerca di autenticità venne posta dall’antropologo D.
MacCannell in <<Staged Authenticity: arrangements of social space in tourist
settings>>, American Journal of Sociology n.3 (1973).
15
quali il turismo culturale, il turismo d’avventura, il turismo
sportivo, il turismo d’affari, e le stesse imprese turistiche cercano
di soddisfare le esigenze di questo mercato in continua
evoluzione e di battere la concorrenza sempre più agguerrita.
Un elemento che, in questi ultimi anni, agisce come ulteriore
stimolo nei confronti delle imprese turistiche tradizionali è il
crescente successo del turismo on-line, con la diffusione di
agenzie telematiche8 che permettono al turista di progettarsi la
vacanza secondo le proprie esigenze, in modo da poter praticare
ciò che l’industria turistica definisce “viaggio libero e
indipendente” (FIT).
1.2 - Gli impatti del turismo sul territorio e sulla
popolazione locale
Già nel 1975 un’analisi9 sul turismo internazionale e sui suoi
effetti nei paesi ospitanti, effettuata da un gruppo di ricerca del
Centre d’etudes du tourisme di Aix-en-Provence per conto
dell’UNESCO, denunciava la pressione del turismo sulla
popolazione locale (cambiamenti nei comportamenti tradizionali;
modifiche delle strutture sociali; scomparsa delle lingue
autoctone in favore delle lingue più diffuse tra i turisti, come
l’inglese; eventuali conflitti tra le popolazioni legati all’utilizzo
delle risorse rese scarse dalla presenza dei turisti) e sul territorio
(inquinamento atmosferico ed acustico; contaminazione delle
acque; abbondante produzione di rifiuti; alterazione
dell’equilibrio biologico di flora e fauna; dissesti idrogeologici;
deterioramento dei monumenti).
8
Ad esempio il portale www.expedia.it permette di cercare e prenotare soggiorno,
viaggio (volo o traghetto), noleggio dell’automobile e finanche spettacoli e visite
guidate, dando la possibilità al cliente di crearsi un vero e proprio pacchetto
turistico personalizzato.
9
“Les effets du tourisme sur les valeurs socioculturelles” (UNESCO, 1975)
16
Va evidenziato come l’apporto dei flussi turistici modifichi
radicalmente la densità abitativa, con tutte le conseguenze che ne
derivano (come l’aumento dei rifiuti e del traffico10). In Italia, ad
esempio, Venezia presenta in condizioni normali (considerando
solo la popolazione residente) una densità pari a 339 ab./km2 ma
con l’arrivo dei turisti raggiunge valori ragguardevoli (2.264 ab./
km2) simili a quelli di città come Napoli o Milano, mentre
Rimini, passando da 551 ab./km2 a 5.593 ab./km2 (popolazione +
arrivi turistici), diventa la provincia italiana con la densità più
alta.
Figura 3 - Variazione della densità della popolazione delle province italiane
con l’apporto degli arrivi turistici (2006) - (Fonte: “Annuario dei dati
ambientali” - 2007 - elaborazione APAT su dati ISTAT)
Il turismo può essere considerato un’industria pesante,
paragonabile a qualunque altra industria che compromette la
10
Ad esempio, secondo l’“Annuario dei dati ambientali” 2007 dell’A.P.A.T.
(Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici), l’automobile
resta ancora il mezzo di trasporto preferito dagli italiani (75,3%); anche tra i
visitatori stranieri entrati in Italia persiste la scelta di mezzi di trasporto
“inquinanti”, nel 2006 la maggior parte dei transiti è infatti avvenuto alle frontiere
stradali (62%) ed aeroportuali (32,3%).
17
qualità dell’ambiente ed ogni suo effetto collaterale viene
sottovalutato in nome del benessere a breve termine determinato
dai flussi di visitatori; se non viene gestito con lungimiranza, il
turismo può diventare una seria minaccia per le risorse naturali.
<<La stessa Organizzazione Mondiale del Turismo
riconosce d’altra parte come il turismo, se non
pianificato, gestito e monitorato responsabilmente, possa
avere impatti negativi, ed incoraggia quindi i governi a
giocare un proprio ruolo nel settore, in partnership col
privato, con le autorità locali e con le ong.>> (Garrone,
2007: pag 132)
Per rendersi conto di cosa accade quando il turismo viene gestito
senza sensibilità per le risorse ambientali basta considerare
l’utilizzo di acqua in zone aride per rifornire le piscine degli hotel
o per innaffiare i campi da golf (con enorme spreco di energia nel
caso in cui l’acqua utilizzata sia quella marina desalinizzata,
come a Djerba in Tunisia e Sharm-El-Sheik in Egitto), la
costruzione di imponenti alberghi lungo la costa che provocano la
sedimentazione dei detriti sui coralli e la successiva erosione
delle spiagge (come in Thailandia, Kenya e Caraibi), il
disboscamento per fornire energia ai complessi turistici in paesi
che basano le proprie risorse energetiche sui combustibili
vegetali (come in Nepal).
<<Il turismo può giovare all’ambiente, indirettamente, se
chi lo gestisce ha una cultura e un’etica: la cultura per
capire che l’ambiente è una risorsa non rinnovabile,
l’etica per sentire il dovere di consegnarlo, se non integro
almeno non degradato, ai nostri pronipoti.>> (Canestrini,
2001: pag. 36)
18
Le strutture ricettive tipiche dell’industria turistica (grand hotel,
villaggi turistici, multiproprietà) hanno forti impatti sull’ambiente
sia durante la loro costruzione sia durante la loro attività.
In Italia alcune strutture (attualmente sono circa 400 tra alberghi,
campeggi, agriturismi, residence e b&b) adottano misure per
ridurre l’impatto delle proprie attività e vengono certificate dal
marchio di qualità ambientale di Legambiente11 “Consigliato per
l’impegno in difesa dell’ambiente”, etichetta ecologica lanciata
nel 1997.
Ma a parte i vari accorgimenti che si possono prendere ad attività
avviata, come l’utilizzo di elettrodomestici e lampadine a basso
consumo oppure la scelta di non effettuare il cambio della
biancheria tutti i giorni o anche sensibilizzare i propri clienti a
non sprecare l’acqua ed a fare la raccolta differenziata, esistono
due tipologie di strutture ricettive in qualche modo
“rivoluzionarie” già dal momento della loro creazione: gli
alberghi diffusi e gli ecovillaggi.
L’idea dell’albergo diffuso prende vita nel corso degli anni ‘80 in
Friuli Venezia Giulia quando, con la ristrutturazione di alcuni
paesi della Carnia in seguito del terremoto del 1976, si cominciò
a pensare di utilizzare borghi ormai disabitati come villaggi
turistici e si cominciò a parlare di “alberghi diffusi”.
Ci sono voluti diversi anni e l’interesse di alcuni studiosi per
arrivare al riconoscimento normativo dell’albergo diffuso; la
prima regione è la Sardegna con la L.R. n.27 del 12 agosto 1998
(Disciplina delle strutture ricettive extra alberghiere, integrazioni
e modifiche alla legge regionale 14 maggio 1984, n.22,
concernente: “Norme per la classificazione delle aziende
ricettive” e abrogazione della legge regionale 22 aprile 1987,
n.21) quando nell’art.25 comma 3 viene detto:
<<Possono assumere la denominazione di “albergo
diffuso” gli alberghi caratterizzati dalla centralizzazione
11
www.legambienteturismo.it
19
in un unico stabile dell'ufficio ricevimento, delle sale di
uso comune e dell'eventuale ristorante ed annessa cucina
e dalla dislocazione delle unità abitative in uno o più
stabili separati, purché ubicati nel centro storico (zona A)
del Comune e distanti non oltre 200 metri dall'edificio nel
quale sono ubicati i servizi principali. L'obbligatorietà
dei requisiti ai fini della classificazione permane in
quanto compatibile con la struttura diffusa
dell'esercizio.>>
Così l’esperto di marketing del turismo, il prof. Giancarlo
Dall’Ara, ne parlava in un suo articolo apparso su “I Viaggi di
Repubblica”:
<<Un po’ casa e un po’ albergo, per chi non ama i
soggiorni in hotel; questa è in poche parole la nuova
forma di ospitalità che prende il nome di Albergo Diffuso.
Le sue componenti sono dislocate in immobili diversi, che
si trovano all'interno dello stesso nucleo urbano.
L’aggettivo “diffuso”, denota dunque una struttura
orizzontale e non verticale come quella degli alberghi
tradizionali, che spesso assomigliano ai condomini.
L’albergo diffuso si rivolge ad una domanda interessata a
soggiornare in un contesto urbano di pregio, a vivere a
contatto con i residenti, più che con gli altri turisti e ad
usufruire di normali servizi alberghieri, come la
colazione in camera od il servizio ristorante. L’albergo
diffuso si è rivelato particolarmente adatto per
valorizzare borghi e paesi con centri storici di interesse
artistico od architettonico, che in tal modo possono
recuperare e valorizzare, vecchi edifici chiusi e non
utilizzati ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i
20