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INTRODUZIONE
Esistono molti modi per raccontare una storia. La si può racchiudere tra le pagine di un
libro, imprimerla nei colori e nei tratti di un disegno, nei gesti e suoni del linguaggio
verbale, tra le note di una canzone. Piø o meno convenzionali che siano, il mondo della
comunicazione e quello della multimedialità ci forniscono infiniti contenitori di
significati capaci di riprendere gli stessi concetti attraverso forme e angolazioni
differenti tra loro. Ecco dunque svelato l’obbiettivo principale di questo lavoro: narrare
attraverso un cortometraggio interamente virtuale, lo sviluppo storico e tecnologico del
cinema tridimensionale; il potere dell’immagine e della narrazione visiva diventano
veicolo di significato per spiegare, attraverso forme artistiche personali ma coerenti, una
serie di nozioni storiche e tecniche partendo da un punto di vista originale e
anticonvenzionale. Per quanto concerne la scelta del soggetto trattato, ovvero il cinema
3D, posso subito dire che, in realtà, non vi è una ragione precisa. Provocatoriamente, si
potrebbe dire che, nel nostro caso, un soggetto vale l’altro. Ciò che conta non è cosa si
racconta, ma come.
La tesi è articolata in due parti principali. Nella prima (Capitoli 1 e 2) vengono
documentati la storia e l’evoluzione tecnica delle principali forme di cinema
tridimensionale. Dall’invenzione della stereoscopia fino ai recentissimi sviluppi,
passando da segmenti temporali piø o meno prolifici, viene proposta l’intera cronologia
filmica del cinema 3D, organizzata in macrogruppi suddivisi in base al periodo storico
d’appartenenza e all’influenza mediatica di tale fenomeno nella propria dimensione
storica/sociale. Parallelamente allo sviluppo cronologico vengono analizzate le tecniche
di ripresa e di proiezione che hanno accompagnato l’evoluzione e la conseguente
diffusione della pratica stereoscopica. Anaglifo, Teleview, Polarizzazione Lineare e
Polarizzazione Circolare, rappresentano concetti che stanno a monte di tutte le
tecnologie conosciute oggi (Imax-3D, Space Vision 3D, Real-3D, Disney Digital 3D,
Xpand, Nu-Vision, ecc.) e che servono a illustrare, in modo facilmente assimilabile, il
lavoro combinato tra un particolare tipo di proiezione video e l’uso dei famosi occhiali
“magici”.
Tutte le nozioni qui esposte servono da saldo punto di partenza per la seconda parte del
lavoro (Capitoli da 3 a 12), ovvero la produzione di un video in grado di raccontare allo
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spettatore le conoscenze fin qui assimilate. Attraverso una guida dettagliata vengono
proposte passo dopo passo tutte le fasi che hanno portato alla realizzazione del
cortometraggio. Al loro interno si distinguono non solo la realizzazione tecnica
riguardante l’utilizzo dei numerosi software impiegati (3D Studio Max, Adobe
Premiere, Adobe Photoshop, Audacity) ma anche e soprattutto l’origine e la
motivazione delle particolari scelte stilistiche adoperate, comprensive di confronti tra
modelli, bozze e alternative progettuali. Non solo un “semplice” tutorial, ma molto di
piø. L’obbiettivo è infatti quello di riuscire a rendere partecipe il lettore del “dibattito”
intellettuale da cui sono nate le valutazioni che hanno reso certe alternative
maggiormente risolutive rispetto ad altre, al fine di rendere piø comprensibile l’opera e
di poter ragionare in maniera approfondita sul concetto si significato insito in un oggetto
rispetto ad un altro. Questo è senza dubbio l’elemento fondamentale per la corretta
riuscita del nostro progetto. Soltanto attraverso lo studio di ogni singolo oggetto, del suo
legame con gli altri oggetti, e dell’insieme da loro creato, è possibile generare e
rispettare quel criterio in grado di distinguere un buon lavoro da un insuccesso: la
coerenza. Quest’ultima deve essere il filo conduttore che accompagna l’intera
realizzazione, estrapolando da ogni scena, da ogni inquadratura, quel gruppo di valori
che come risultato danno la corretta proposizione del significato che si vuole
trasmettere.
Esiste poi, all’interno del nostro lavoro, un ultimo obbiettivo da raggiungere.
L’esperimento, che coincide con la parte finale del cortometraggio (Capitolo 11),
consiste nella realizzazione di un vero effetto 3D in cui lo spettatore, munito di appositi
occhiali, può immergersi nella tanto citata terza dimensione. La particolarità di questo
procedimento sta nella sua realizzazione tecnica: si tratta infatti di agire all’interno del
software di grafica tridimensionale riproponendo le reali tecniche di ripresa utilizzate
nel cinema 3D. Mediante l’accoppiata di due telecamere, la stessa scena viene ripresa
dai due diversi canali video (Left e Right) per essere poi sovrapposti mediante la tecnica
dell’anaglifo. La sfida consiste nel riuscire a piegare il software ad un utilizzo
particolare, in modo da produrre, senza l’uso di alcuna macchina cinematografica
professionale, un effetto tridimensionale di buona qualità, interamente autoprodotto, da
porre a finale coronamento dell’intero lavoro.
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In conclusione, è importante precisare nuovamente, che lo scopo principale del lavoro
resta il parallelismo tra le due parti, tra i contenuti (Prima Parte) e il progetto (Seconda
Parte), e nell’esposizione degli stessi concetti attraverso forme di comunicazione
differenti, privilegiando però l’aspetto comunicativo su quello puramente didattico.
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PARTE PRIMA
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CAPITOLO 1:
LA STORIA DEL CINEMA 3D
«Ogni ora reca cose nuove»
Proverbio italiano
1.1 - Una perenne novità
La storia ci insegna che, ogni qualvolta il mondo del cinema assiste alla nascita di un
ciclo filmico dedicato alla tridimensionalità, questa viene costantemente accolta come
un’assoluta novità. Attraverso una sorta di complice entusiasmo, il mondo
cinematografico esulta, in modo apparentemente genuino, ad ogni tentativo della terza
dimensione di catapultarsi fuori dallo schermo. Anche in questi anni è facile accorgersi
come molti guardino alle proiezioni 3D con un occhio di assoluta originalità,
attribuendo a questo presunto progresso tecnologico un carattere innovativo senza
precedenti. Le stesse case cinematografiche non si sono mai risparmiate, oggi come in
passato, di tappezzare le locandine delle proprie produzioni con altisonanti slogan ad
esaltarne l’unicità l’irripetibilità e la perfezione.
I precedenti invece ci sono eccome; il cinema tridimensionale possiede infatti una lunga
storia iniziata piø di un secolo fa, in concomitanza con la nascita del cinema vero e
proprio. Fin dai primissimi cortometraggi (Auguste and Louise Lumière - L’arrivØe du
train
1
), possiamo trovare tracce di esperimenti tridimensionali girati sfruttando
l’espediente della stereoscopia. Scoperta nel 1832 da sir Charles Wheatstone
2
, questa
tecnica rappresenta, in sostanza, la base di tutte le pratiche di ripresa/proiezione
tridimensionale che si sono succedute nel corso dei decenni (vedi capitolo 2).
L’evoluzione di questa tecnica ha accompagnato la storia e il destino del cinema 3D,
seguendone i passi dai successi ai fiaschi, influenzando il lavoro dei registi e
promuovendo se stessa attraverso costanti miglioramenti nel tempo. Rimandando per
ora l’approfondimento sul funzionamento del cinema stereoscopico, proviamo a
1
R.M. Hayes, History and Filmography of Stereoscopic Cinema, pag.3: “L’arrivØe du train is officially
the first 3D pictures made for public exhibition” – L’arrivØe du train dei fratelli Lumière, del 1903 è il
primo film realizzato in 3D e mostrato ad un pubblico. Per questo motivo viene considerate la prima
produzione 3D della storia, pur consistendo soltanto in un cortometraggio.
2
Ray Zone, Stereoscopic Cinema and the Origins of 3-D Film, 1838-1952, pag.1-5
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suddividere cronologicamente e storicamente la vasta filmografia appartenete a questo
settore. Nel classificare le varie opere nei periodi di riferimento si adottano, in questa
sede, due criteri essenziali:
• Prendere in considerazione soltanto i film destinati al grande pubblico,
privilegiando quelli che hanno avuto maggior impatto su di esso, tracciando le
linee guida di un determinato momento storico.
• Considerare i segmenti temporali in base a criteri di tipo sociale, tecnico e di
genere.
Prendendo come punto di partenza gli anni venti, con le prime proiezioni
stereoscopiche, si arriva fino ai giorni nostri, passando per i due maggiori boom
commerciali e produttivi del cinema tridimensionale (anni cinquanta e anni ottanta),
intervallati da periodi di transizione e sperimentazione piø o meno floridi.
Nel grafico sottostante possiamo percepire una primissima evoluzione storica d’insieme
della produzione filmica 3D
3
:
Produzione film 3D dal 1910 al 2000
3
Libera riproposizione del grafico presente su Bernard Mendiburu, 3D Movie Making, pag. 9
9
1.2 – I primi cortometraggi per il grande pubblico (1922 – 1924)
Dopo gli esperimenti stereoscopici degli anni dieci, per lo piø destinati agli addetti ai
lavori o a sporadiche proiezioni dimostrative in piccoli teatri, ecco le prime coraggiose
produzioni cinematografiche ad uscire sul mercato promuovendo la magia della terza
dimensione:
1922 – The Power of Love
Considerato a tutti gli effetti il primo film 3D della
storia, viene proiettato per la prima volta il 27
settembre del 1922. Diretto da Nat Deverich, è stato
girato con una coppia di telecamere da 35mm per
creare l’effetto anaglifico. ¨ l’unico film ad
utilizzare la tecnica stereoscopica Fairhall 3D
4
.
Attualmente il film è da considerarsi perduto.
1922 – M.A.R.S
¨ il secondo film 3D della storia. Pubblicato a pochi
mesi di distanza da The Power of Love, il 27
dicembre 1922. La particolarità del titolo sta
nell’utilizzo del sistema teleview. La pellicola
alterna ripetutamente l’immagine destra e quella
sinistra. All’interno del teatro, dei particolari
strumenti (occlusori) coprono simultaneamente
l’occhio destro o sinistro dello spettatore, in
sincronia con la pellicola. Il tutto ad un’elavata
velocità. Il sistema, che negli anni verrà
abbandonato per gli evidenti problemi tecnici, venne
accolto all’epoca come un successo altamente
innovativo.
4
Processo di ripresa/proiezione con telecamere a coppia sviluppato da Harry K. Fairhall and Robert F.
Elder.
The Power of Love - 1922
M.A.R.S. - 1922
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1922 – Movies of the Future
Inizano con questo Movies of the Future le raccolte
di cortometraggi che culmineranno due anni dopo
con Plastigrams. Due le storie contenute: Plasticons
e New York City. Quest’ultima contiene
un’applicazione molto particolare dell’utilizzo della
tecnica anaglifica; il film termina con due diversi
finali, il lieto fine visibile attraverso la lente verde, il
finale tragico attraverso la lente rossa.
1924 – Plastigrams
Una grande raccolta di cortometraggi
tridimansionali che riscuote un grosso successo e
continuerà ad essere proiettata per circa due anni.
Senza dubbio Plastigrams rappresenta un’opera
riuscita e in grado non solo di diffondere la neonata
tecnica stereoscopica cinematografica al grande
pubblico, ma anche di risvegliare nelle case
cinematografiche un interesse particolare verso la
stereoscopia. Un’ulteriore particolarità di questa
produzione riguarda l’aggiunta, avvenuta subito
dopo le prime proiezioni, di una colonna sonora ed
effetti musicali. Precursore non solo nel campo della
tridimensionalità, ma anche in quello del suono.
Assieme ad altri titoli come Heartbound (1925), The ship os souls (1925), Napoleon
(1927), gli anni venti rappresentano un buon punto di partenza per il cinema
stereoscopico. Purtroppo però, il primo declino giunge inesorabile pochi anni piø tardi,
complice il periodo di grande depressione economica.
Plastigrams - 1924
Movies of the future - 192 2
11
1.3 – La sperimentazione continua (1935 – 1952)
Al termine degli anni venti, dopo un intenso periodo di sperimentazione, il cinema 3D
torna ad occupare un ruolo marginale nella scena cinematografica. I problemi economici
della società portano, come in ogni epoca di crisi, ad un triste taglio di qualsiasi
sperimentazione e ricerca coraggiosa. Il cinema 3D, accantonato dalle grandi case
cinematografiche, resiste attraverso le singole iniziative di pionieri audaci e temerari.
Uno di questi è Edwin H. Land
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che, nel 1935, scopre un processo fondamentale per la
storia del cinema tridimensionale: la polarizzazione.
Questa tecnica, utilizzata tutt’oggi nei nostri “modernissimi” film, utilizza un espediente
simile a quello dell’anaglifo, aggiungendone però una componente fondamentale:
attraverso l’uso di lenti neutre, prive di colore, si eliminano totalmente i problemi di
discordanza cromatica generati dall’anaglifo, ed è possibile restituire l’immagine sullo
schermo con gli esatti colori della pellicola. Questa tecnica sarà utilizzata dal novanta
per cento dei film prodotti da questo momento in poi.
Ecco alcune delle produzioni 3D piø importanti di questo periodo che, seppur
transitorio, prepara la strada all’avvento del primo grande boom degli anni cinquanta.
1935 – Audioscopiks
Si tratta in sostanza di una riedizione ampliata (circa 8
min.) di Plastigrams del 1924. gli episodi annessi sono
Luna-cy, Ouch! e The Runaway Taxi. Gli autori sono
sempre gli stessi: Jacob F. Leventhal
6
and John A.
Norling.. Il titolo verrà nominato per l’oscar come
miglior cortometraggio. Verrà successivamente
ristampato, con ulteriori piccole aggiunte, con il nome
The New Audioscopiks nel 1938.
5
Ray Zone, Stereoscopic Cinema and the Origins of 3-D Film, 1838-1952, pag.151
6
Jacob F. Leventhal fu non soltanto un grande scrittore e regista 3D, ma la sua passione per la
stereoscopia abbracciava anche e soprattutto la componente tecnica. Sua l’invenzione dell’ «adjustable
optical system» del quale è possibile leggere per intero il progetto all’interno del documento di deposito
del brevetto a questo indirizzo:
http://www.google.com/patents?id=f815AAAAEBAJ&printsec=abstract&zoom=4&source=gbs_overvie
w_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
Audioscopiks - 1935
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1939 – In Tune with Tomorrow
Produzione piuttosto travagliata, ha la particolarità di
essere un cortometraggio realizzato per scopi
pubblicitari. Commissionato dalla Chrysler, il
documentario, della durata di circa dodici minuti,
raccontava via stop motion la creazione di un nuovo
modello Plymouth.
1941 – Third Dimensional Murder
Si torna ad un tema decisamente piø classico per il 3D
con questa commedia horror di Pete Smith
7
(Audioskopics). Soggetto della pellicola, di una durata
di circa sette minuti e mezzo, il celebe mostro
Frankenstein.
1952 – Bwana Devil
Arriviamo al primo “masterpice” del cinema
tridimensionale. Da molti considerato (erroneamente) il
primo film 3D della storia, è senz’altro la prima
pellicola a godere di un’ampia diffusione e di un largo
consenso tra il pubblico. Scritto e diretto da Arch
Oboler
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rappresenta il reale punto di partenza per il
successivo boom del cinema tridimensionale del 1953.
L’avventura è ambientata nell’Africa Orientale
Britannica, dove una speciale spedizione si scontra con
due leoni mangiauomini.
7
Pete Smith, (1892 – 1979), è senz’altro uno dei piø importanti autori 3D del proprio tempo. Fu
produttore e narratore di molti cortometraggi nel periodo che va dal 1931 al 1955 editi dalla società per
cui lavorava, la Metro-Goldwyn-Mayer. Numerose le nomine agli Accademy Awards, tra le quali due
vittorie e una prestigiosa nomination all’Oscar.
I suoi cortometraggi 3D piø famosi restano Audioskopics (1935) e Third Dimensional Murder (1941).
A lui è stata dedicata una stella nella famosa Hollywood Walk of Fame.
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Arch Oboler, (1907 – 1987), ha lavorato in radio, televisione e cinema. Poliedrico lavoratore, deve la sua
fama alla direzione di Bwana Devil nel 1952, restando poi nell’ambiente del cinema tridimensionale con
il ruolo di produttore per le pellicole The Bubble (1966) nota anche col titolo Fantastic Invasion of Planet
Earth.
Per approfondimenti, è possibile trovare un’interessante intervista qui:
Ray zone, 3D Filmakers – Conversations with Creators of Stereoscopic Motion Pictures, pag.1.
Third Dimensional Murder - 1941
Bwana Devil - 1952
In Tune with Tomorrow - 1939