57
Il primo brano di quelli sopra riportati conferma la strategia di cui abbiamo già
scritto. Ciò in quanto, il monologo interiore successivo alla risposta del docente
dimostrerebbe l'ingenuità finta dello stesso, nell'interpretazione della frase pronunciata
dal suo capo. (Il docente ha già dimostrato più volte, durante le varie fasi del romanzo, di
saper riflettere con una profondità da raisonneur: quindi non è credibile che non abbia
colto il messaggio nascosto dietro la metafora del timoniere). La conferma della
comprensione del discorso figurato da parte del docente, e l'implicita smentita della sua
ingenuità, è rappresentata dalla prima parte del terzo passaggio, in cui il docente risponde
affermativamente. Il problema è che la comprensione della metafora, da parte del docente,
è scollegata dalla situazione specifica che rappresenta: questo fatto è confermato dalla
domanda del docente «[...]a che cosa ti riferisci?» e dalle risposte e i rinfacciamenti agitati
del direttore.
85
Successivamente, il docente dimostra gratitudine al direttore, ma quest'ultimo
risponde con un tono di disprezzo, o comunque lasciando intendere di essere alla ricerca
di ben altro, dal loro rapporto. Il disinteresse del direttore nei confronti della gratitudine
del docente, e il fatto che il primo stia cercando altri riconoscimenti, può essere
confermato dal passo sottostante
86
.
«Già, grato» mormora, come se l'aggettivo non gli bastasse.
«Tu sai come vanno le cose nella scuola. Devo aggirare io» si punta il dito sul
petto «le leggi»!.
87
Nel suo discorso diretto, il direttore sottolinea lo sforzo che deve produrre per fare
in modo che il figlio malato del docente venga integrato in classe. La sensazione di sforzo,
e il peso (falso) del problema di cui si fa carico il direttore, viene indicata dallo
spostamento rispetto alla posizione normale del pronome soggetto, che viene collocato in
enfasi, e dal corsivo usato nell'opera originale. Sostanzialmente, il direttore agisce in
questo modo per tenere in pugno il docente: infatti, l'integrazione del figlio malato del
coprotagonista del romanzo, dipende dall'impegno nei confronti della pubblicazione della
raccolta di poesie. In sé e per sé, il problema dell'integrazione del disabile nella scuola
elementare, se non ci fosse un direttore cinico e opportunista, non esisterebbe: infatti ci
85
Ibidem.
86
Ibidem.
87
Ibidem. Il corsivo del pronome soggetto, usato per motivi enfatici insieme all'iperbato del discorso diretto,
è originale dell'opera, come il successivo della stessa pagina.
58
sono delle leggi da rispettare che stabiliscono modi, tempi e strumenti per l'integrazione
del disabile, e di certo il direttore non è al di sopra della legge. Un'ulteriore conferma
della disabilità comportamentale ed umana del direttore (già riscontrata precedentemente
nell'incapacità di costruire rapporti con il prossimo che non presentino un lato
conveniente) sta nella continua tendenza al do ut des dello stesso.
Nei brani che citeremo sotto, infatti, il direttore vincola la possibilità
d'integrazione del figlio malato del docente nella scuola all'ottenimento del numero
ridotto di allievi, in ragione della sua disabilità. In pratica si crea una competizione per il
primato delle disabilità: l'egoismo infantilistico esasperato del direttore cancella, o meglio,
smentisce completamente, quell'idea iniziale di comprensione della sofferenza. La stessa
che aveva rassicurato il docente sulla possibilità di inserimento del figlio nella scuola.
88
La disabilità del direttore conta di più rispetto a quella del figlio del docente. A conferma
del primato della disabilità del direttore su quella del figlio malato del docente, citiamo i
passi sottoscritti
89
.
«Io», rifà lo stesso gesto enfatico, «dovrò ottenere quello a cui non ho diritto!»
«A che cosa alludi?», gli chiedo.
Sento un tremore nelle vene.
«Al numero limitato di alunni, ad esempio! altrimenti la signorina Bauer si rifiuta
di accettare un handicappato in classe un handicappato.»
Aggiunge: «E non so se riuscirò ad ottenerlo, non lo so!»
«No, scusa» e intanto penso miserabile, «non puoi adesso farmi questo discorso!»
«Come non posso?» Reagisce alzando la voce indignato.
«Te lo faccio!»
La successione di discorsi diretti tra docente e direttore fin qui riportata conferma
l'egocentrismo del secondo personaggio: infatti, egli pone al primo posto le proprie
necessità, questa volta in relazione alla disabilità, rispetto a quelle del minore. Cioè si
comporta paradossalmente in maniera più infantile ed eccentrica del minore a cui, grazie
alla maturità dell'età adulta, dovrebbe dare la precedenza. Il primo brano dall'alto, ancora
una volta, se ce ne fosse bisogno, mostrerebbe la vera natura del direttore. Il primo luogo
testuale riportato risalta grazie al procedimento enfatico del corsivo (dell'opera) nel
pronome soggetto. Lo stesso corsivo potrebbe essere interpretato come una conferma
dell'egocentrismo, o la mania di protagonismo precedentemente descritta nel direttore.
88
Ivi, pp. 73-74.
89
Ivi, p. 85.
59
Nella stessa frase in commento, successivamente al corsivo, notiamo subito, sottolineato
dal monologo del docente come inciso, il linguaggio non verbale del direttore. Inoltre,
nello stesso monologo, il docente enfatizza la portata espressiva del gesto, ponendo un
accento d'insistenza sul fatto che il direttore, precedentemente, abbia già usato lo stesso
linguaggio del corpo.
La domanda di verifica del docente, successiva, è una domanda retorica indiretta:
ciò in quanto il locutore finge di non capire a che cosa si stia riferendo il direttore, mentre
invece il suo linguaggio del corpo tradisce il tentativo di nascondere la comprensione
della domanda. Il monologo interiore, in cui il docente sente un tremore nelle vene,
potrebbe essere individuato come zona mediana del climax ascendente di tensione tra
direttore e docente. Subito dopo il tremore nelle vene del docente, presentimento fisico
dell'opportunismo onnipresente del direttore, svela in tutta la sua gravità la patologia
comportamentale del direttore.
Nel brano successivo, la risposta esclamativa del direttore pone in primo piano la
sua abitudine ai comportamenti ricattatori nei confronti dei sottoposti. L'esclamazione di
pretesa del direttore, nel discorso diretto, viene posta con una patina psicologica di
consapevolezza del potere. Questo atteggiamento si può ricavare dall'espressione («per
esempio[...]»), come se il direttore si aspettasse di ricevere altro in aggiunta, a suo avviso
meritandolo, rispetto a ciò che ha richiesto; o comunque se lo ricevesse, sarebbe poco
rispetto a ciò che merita. L'ingordigia derivata dal potere del direttore è qualcosa di
plastico, rispetto ai soggetti che sono soliti prendersi il braccio, avendo ricevuto una mano.
Precedentemente, rispetto a questa parte della narrazione, il direttore della scuola
elementare aveva fatto riferimento alla maestra Bauer, come quella migliore tra le
disponibili, al momento in cui ancora il docente stava valutando dove iscrivere il figlio
malato. La stessa maestra però, non è la migliore per il figlio malato del docente, bensì
per gli interessi del direttore!! Infatti, come recita il discorso diretto del direttore, la
maestra accetterebbe un handicappato solamente sub-conditione: nel caso di specie,
solamente se il direttore riuscisse ad avere la classe ridotta, a causa (o paradossalmente
per merito, dipende dai punti di vista) della sua disabilità. Finalmente. il docente,
quantomeno dentro di sé, si lascia trascinare dall'ira in relazione all'ennesima prova di
bassezza morale del direttore. Si può ritenere correttamente che la sede di sfogo interiore
dell'odio da parte del docente verso il direttore, («[...] e intanto penso miserabile![...]»),
sia un tentativo di arginare razionalmente la componente emotiva che, se fosse lasciata
libera di esplodere, potrebbe avere delle conseguenze negative sulle possibilità di lavoro
60
del docente.
90
Si noti il corsivo originale dell'opera, nel monologo, come strumento
grafico d'intensificazione dell'odio. L'innalzamento del tono di voce del direttore, e le
parole usate a sfregio, rappresentano chiaramente la consapevolezza della differenza
gerarchica da parte del direttore, nei confronti del docente.
Agli atteggiamenti ricattatori del direttore, il docente reagisce con un muro legale,
cioè motivando la sua opposizione, con una legge che obbliga chi dirige a diminuire senza
condizioni il numero degli scolari, in presenza di uno handicappato. Il commento di cui
sopra spiega il duello emotivo tra docente e direttore, presente nei brani che citeremo
91
.
«No, tu devi ridurre per legge il numero degli alunni» gli rispondo con calma, ma
la voce mi si sta spegnendo per l'angoscia.
«C'è un regolamento preciso, e tu lo sai.»
«Sì, a discrezione del direttore, che valuta caso per caso. Non sono sicuro che la
burocrazia mi conceda la classe ridotta!»
Comincia a mancarmi il respiro.
«E' già successo una volta. E non l'ho spuntata!» aggiunge lui, con un trionfo
maligno negli occhi.
Commentando il segmento dialogato sopracitato del romanzo, abbiamo la
giustificazione evidente della metafora del duello. E' presente una dinamica di risposta
colpo su colpo tra i due contendenti. All'interno della stessa, il docente, pur riuscendo a
stento a controllare la rabbia e l'odio verso il direttore, cerca di parare le stoccate disoneste
e manipolatorie del suo capo con la razionalità. Nonostante l'ottima dimostrazione di
saggezza, da parte del docente, di fronte alle continue provocazioni del direttore, appare
indubbio che il dirigente stia tirando troppo la corda. Il docente tenta di schermarsi dal
potere esercitato dal direttore attraverso il regolamento, ma quest'ultimo non costituisce
più una garanzia per i diritti del docente: la rigidità del regolamento infatti dipende dalle
volontà del direttore della scuola elementare. A questo punto, si può sostenere, senza
timore di esagerazioni, che il direttore si sia fatto prendere la mano dal potere, perdendo
completamente il buonsenso ed il rispetto per il prossimo. Questo continuo sfidare la
pazienza e la sopportazione, porterà delle reazioni, da parte del docente, che
prescinderanno dal calcolo relativo alle gerarchie in gioco.
90
Ivi, p. 86.
91
Ibidem.
61
La consapevolezza del totale accentramento del potere, circa i regolamenti ed altre
questioni inerenti la scuola elementare, da parte del direttore, si evince dal finto
vittimismo dell'ultimo discorso diretto. Il finto vittimismo è presente in quanto c'è uno
scarto tra il contenuto del discorso diretto del direttore, e la reazione emotiva maliziosa
dello stesso, descritta dal docente. Sostanzialmente, quindi, il direttore fa finta di essere
dispiaciuto, ma non lo è: il rifiuto della classe ridotta, se da una parte gli crea problemi in
quanto disabile, dall'altra ne crea di ancora più pesanti al docente. E' come se il direttore
stesse dicendo:
«Io non vinco, ma tu perderai.»
A questo punto degli scambi tra direttore e docente, la risposta emotiva di
quest'ultimo fornisce un'iniziale spinta verso l'alto al climax ascendente rabbioso. Ciò può
essere confermato dai brani sottostanti
92
.
«Ascoltami bene» gli dico, avvicinando la sedia alla scrivania. Cerco di parlare
adagio ma ansimo.
«Io ti dico che un handicappato ha diritto ad una classe con meno alunni! Mi
sono documentato su questo.»
«Non abbastanza» insiste lui.
«Ma se per caso non otterrai una classe adatta alla Bauer» ora sono io a puntargli
il dito contro e a recuperare la voce, «tu non sai cosa ti ritrovi!«
Lo guardo carico d'odio.
«Che cosa vorresti dire?»
«Che la scuola compare su tutti i giornali! Perché non rispetta le nuove leggi.
Perché è una vergogna che trionfi la burocrazia!»
Dico scuola e non lui, per conservare una distinzione irreale e salvare il salvabile.
Lui se mostra consapevole e quasi grato.
«Giornali?» mi chiede.
«Tu hai entrature nei giornali?»
«Sì, mio suocero! Per il bambino farebbe questo e altro!»
Proseguendo il commento, si nota come il docente, immediatamente dopo una
risposta emotiva, tenti di rinforzare, attraverso giustificazioni tecniche, la propria
posizione antagonista rispetto al direttore. Si può sostenere l'interpretazione secondo cui
il passaggio repentino da emotività a razionalità del docente, nelle risposte, sia un
tentativo di mostrare una certa rabbia controllata, per evitare possibili danni derivati da
una reazione a cui venga lasciato spazio per deflagrare. La componente razionale della
92
Ivi, pp. 86-87.
62
risposta del docente, pur con una forte patina emotiva, è rappresentata dal fatto che si
riferisca a della documentazione da lui studiata, per rendere più solida e, crede, meno
vulnerabile, la propria posizione. In pratica si tratta di un compromesso psicologico tra
emotività e razionalità: la prima è collegata alla voglia di difendersi liberamente dai
comportamenti del direttore, mentre la seconda è connessa alla convenienza di trattenersi,
per non incorrere in ritorsioni da parte del potere.
La risposta del direttore alla sicurezza mostrata dal docente circa i suoi diritti è di
tipo sarcastico. Al sarcasmo del direttore, fa seguito una risposta minacciosa del docente:
in quest'occasione specifica c'è l'inversione dei rapporti di potere. Tale inversione è
dovuta al fatto che il docente possa usare il suocero per denunciare, a mezzo stampa, il
calpestamento continuato e doloso dei diritti del disabile, all'interno della scuola
elementare.
Fino a prima di questo momento, i comportamenti minacciosi e ricattatori
rientravano nella faretra a disposizione esclusiva del direttore. L'inversione gerarchica è
certificata dal monologo interiore, in posizione d'inciso, nel discorso diretto rabbioso del
docente nei confronti del direttore («[...] ora sono io a puntargli il dito contro, e recuperare
la voce […].»).
93
All'interno dell'inciso usato dal docente, viene ribadita la precedente
metafora del duello comportamentale tra docente e direttore: qui il docente, attraverso il
linguaggio non verbale, rende pan per focaccia al direttore. Lo stesso gesto del docente,
in questo episodio, è stato precedentemente usato in un discorso diretto del direttore in
cui, relativamente al numero di scolari limitato per fare spazio al figlio malato del docente,
aveva parlato della necessità dell'aggiramento delle leggi
94
.
Il monologo interiore successivo all'inversione gerarchica tra direttore e docente,
pronunciato dal secondo, dimostra che l'odio del docente verso il direttore sta aumentando
progressivamente. Il sentimento di odio è confermato dal monologo interiore del docente,
in cui ciò che prova si esprime attraverso lo sguardo. Alla successiva minaccia di denuncia
della situazione grave, da parte del docente, il direttore risponde chiedendo, impaurito,
chiarimenti a proposito dell'iniziativa punitiva che il docente vorrebbe intraprendere.
L'intraprendenza di cui precedentemente ha parlato il direttore le si sta rivoltando contro,
soprattutto grazie all'inversione gerarchica tra i due personaggi!!
95
Il docente usa,
esattamente come è nell'abitudine del direttore, lo stesso schema ritorsivo di quest'ultimo.
93
Ibidem.
94
Ivi, p. 85.
95
Ivi, p. 86.
63
Il comportamento abitudinario del direttore, quando ancora aveva potere, avrebbe potuto
essere rappresentato dalla classica frase di un poliziotto al momento dell'arresto di un
delinquente: «Tutto ciò che dirai e farai potrà essere usato contro di te.». Siamo di fronte
al primo frangente in cui il direttore si trova costretto ad usare comportamenti remissivi
e cauti, i quali, precedentemente, erano collegabili solamente al docente. A questo punto,
il docente, capita la condizione di inferiorità del direttore, può dar sfogo alla propria
rabbia. Questo esplicitando l'intenzione di denunciare pubblicamente, tramite stampa, le
bassezze amministrative e comportamentali della scuola.
Il monologo successivo alle accuse mosse dal docente, pronunciato dallo stesso,
ha una forte valenza metalinguistica e retorica. Infatti il docente si sofferma sulle parole
usate nel momento di rabbia, giustificando a sé stesso la metonimia (si riferisce all'istituto
per intendere il direttore, come conferma il testo) usata per non infastidire troppo il
direttore, colpendolo in maniera indiretta. Lo scambio agitato tra docente e direttore,
conferma la remissività del direttore: qui lo stesso chiede esplicitamente se il docente
abbia appoggi nell'ambiente. Questo singolo episodio, volendo costruire un parallelismo,
si connette bene al discorso diretto in cui il direttore ha parlato della mafia nell'ambiente
letterario. Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare!!
96
Alla domanda del direttore, il docente risponde affermativamente. Inoltre,
chiarisce minacciosamente che di fronte ai problemi del nipote, il nonno userebbe tutto il
suo potere, senza scrupoli. La minaccia portata dal docente, riguardo alla possibilità
concreta di usare il suocero per creare problemi al direttore, può tranquillamente, a nostro
avviso, rappresentare il culmine del climax ascendente rabbioso.
Successivamente al culmine del climax rabbioso appena descritto, abbiamo
un'ulteriore conferma comportamentale dell'inversione gerarchica, tra i due personaggi
protagonisti del duello, sui diritti del disabile. Infatti, il direttore stavolta risponde
cercando di placare l'ira del docente. Da notare che il direttore, sfruttando la sua posizione
di potere precedente, non è mai stato, prima di questo episodio, un pompiere degli incendi
emotivi: semmai ha sempre buttato benzina sul fuoco!!
97
«Non è il caso che te la prenda così tanto» replica pacato.
«Ti facevo presente un possibile pericolo. Siamo qui per aiutarci, no?»
96
Ivi, p. 82.
97
Ivi, p. 87.
64
Proprio l'ultimo discorso diretto del direttore, citato immediatamente sopra questa
parte di commento, è un eufemismo: infatti in questo frangente il direttore ha diminuito
di molto la gravità dell'eventualità che egli stesso non riesca ad ottenere la classe ridotta.
Ciò perché ha paura del potere del docente. Quando, al contrario, aveva ancora il potere
fra le mani, il direttore aveva maliziosamente e vittimisticamente paventato, in maniera
falsa e ipocrita, la possibilità di non riuscire ad ottenere la stessa classe.
98
La stessa eufemizzazione a cui ci riferiamo, viene presentata dentro un vestito
(mai indossato prima d'ora dal direttore) di altruismo. In sostanza, il direttore ha capito
che si prendono più mosche con il miele rispetto all'aceto, quindi, il discorso sull'aiuto
reciproco è strumentale, per il direttore, ad arrivare a ciò che gli interessa concretamente.
Nella stessa frase in cui c'è l'eufemismo sopra descritto, il direttore cerca di gettare acqua
sul fuoco attraverso una domanda retorica, tornando, questa volta con un tono diverso
rispetto al solito, alla sua vecchia pratica del do ut des. Nonostante questa pratica sia
un'abitudine, quasi una forma mentis per il direttore, a questo livello della narrazione,
assume una valenza completamente diversa. Durante tutta la fase che potremmo definire
manipolativo-ricattatoria del direttore, il do ut des dava per scontato che il manovratore
del gioco fosse il direttore, grazie al suo potere. Qui e adesso, il do ut des è un tentativo
diplomatico, da parte del direttore, di far tornare la calma e gestire meglio, in questo modo,
il rapporto con il docente: il nuovo detentore del potere. Ci si soffermi sui passaggi
seguenti
99
.
«Certo» rispondo.
Non riesco a proseguire.
«Lo vedi che tuo suocero qualcosa può». Continua lui.
«Io ne sono convinto.»
Aggiunge: «In questo caso come in quello editoriale. Perciò mi permettevo di
parlarti delle mie poesie.»
Non ho la forza di rispondergli.
«Nelle cose è decisivo il modo in cui le affronti. Quello che ti sembrava
impossibile diventa semplice.»
Conclude: «Anche per le mie poesie, vedrai.»
Commentando la catena di discorsi diretti sopra riproposta, il direttore cerca la
complicità del docente (se le posizioni in gerarchia fossero rimaste le precedenti, la carica
espressiva e il tono ricattatorio del direttore non sarebbero di certo scomparsi dai suoi
98
Cfr., p. 86.
99
Ivi, pp. 87-88.
65
discorsi). Il docente, successivamente, come possiamo capire dal monologo interiore, non
ha ancora riacquistato le energie psico-fisiche tali da potergli permettere la ripresa del
dialogo con il direttore.
Molto probabilmente, sta ancora smaltendo la tensione e la rabbia che abbiamo
riscontrato nel climax ascendente precedentemente commentato. Quindi il blocco
psicologico del docente è simbolico della sua prostrazione. Indipendentemente dallo stato
psico-fisico del docente, il direttore persegue testardamente i suoi obbiettivi: questo
riportando il dialogo con il docente sul potere del suocero in rapporto alla pubblicazione
della raccolta di poesie. Come potremo constatare, il direttore intende ottenere a tutti i
costi la pubblicazione, quindi cercherà di arrivare alla sua meta, attraverso lo sfinimento
psico-fisico del docente.
Il successivo monologo interiore di risposta del direttore, rafforza la sua
convinzione dell'utilità del suocero del docente (si noti come il docente abbia già chiarito
che suo suocero non possa occuparsi della pubblicazione della raccolta, dato che lavora
in un altro livello della catena editoriale).
100
I casi possono essere tre:
1) Il direttore non ha capito la mansione del suocero del docente;
2) il direttore ha dei contatti e dei poteri grazie ai quali, a prescindere dalle
mansioni specifiche dei personaggi che coinvolge, può arrivare alla meta;
3) il direttore pensa che il docente stia nascondendo altre risorse utili per gli
interessi del primo.
Il direttore, nel suo egocentrismo, sorvola a proposito delle mansioni specifiche
dei suoi contatti, in quanto completamente e ossessivamente concentrato sulla
pubblicazione della sua raccolta poetica. L'ossessività pretenziosa del direttore cancella,
dalla sua mente, la limitatezza dell'incidenza del suocero del docente nella pubblicazione.
Successivamente il docente, nel monologo interiore, dimostra ancora di aver
bisogno di tempo per recuperare le energie. Queste sono state impiegate in gran parte
durante la lite avuta con direttore, a proposito delle condizioni d'ingresso del figlio malato
del docente, nella scuola elementare. I discorsi diretti successivi del direttore denotano
una profonda testardaggine unita a diffidenza. Possiamo asserire ciò in ragione del fatto
che, nel commento, precedentemente, è stata più volte sottolineata la risposta del docente
a proposito della zona d'influenza del suocero. Quest'ultima è diversa rispetto a quella
100
Cfr., ivi, p. 82.
66
utile per la pubblicazione della raccolta di poesie. La diffidenza può essere giustificata
dal fatto che, sebbene abbia ricevuto più volte risposte negative circa la possibilità di
raccomandazione, il direttore pensa ancora di poter sfruttare il suocero del docente (da
notare la struttura iperbatica-enfatica del primo discorso diretto del direttore).
101
Entrambi i lati caratteriali del direttore trovano la loro dimostrazione nei passi
sotto riportati.
102
«Lo vedi che tuo suocero qualcosa può» continua lui.
«Io ne sono convinto.»
Aggiunge: «In questo caso come in quello editoriale. Perciò mi permettevo di
parlarti delle mie poesie.»
Il direttore prosegue il dialogo con il docente e, per la prima volta in tutto il
romanzo, produce una riflessione da raisonneur: si tratta della prima volta in cui
l'ambiguità tradizionale del direttore può trovare un'interpretazione positiva tra le
possibili. Il peso che può avere il comportamento tenuto dal soggetto nei riguardi del
proprio interlocutore riesce, a volte, grazie ai modi giusti, a semplificare la vita. Così
come si potrebbe dare un'interpretazione manipolatorio-opportunistica al ragionamento
del direttore, è vero anche che a volte la gentilezza, il compromesso e la diplomazia,
spesso aiutino ad uscire dai momenti difficili.
103
«Nelle cose è decisivo il modo in cui le affronti. Quello che ti sembrava
impossibile diventa semplice.»
Purtroppo, l'interpretazione positiva dell'ultima massima del direttore avrebbe
potuto corrispondere alle sue intenzioni, se non fosse tornato sulla questione delle poesie.
Il collegamento tra la frase filosofica e il continuo riferirsi alla sua meta da raggiungere,
chiarisce la valenza negativa del precedente ragionamento. Se il direttore, dopo l'ultimo
discorso diretto, non si fosse riferito subito alle poesie, probabilmente la stessa frase
avrebbe assunto tutt'altro valore, dal punto di vista pedagogico. Ecco come ha rovinato
tutto:
104
«Anche per le mie poesie, vedrai»
101
Cfr., ivi, p. 87.
102
Ibidem.
103
Ibidem.
104
Ibidem.