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Dalla dolce vita alla vita agra. La commedia del boom (1960-1964)

Questo elaborato è dedicato all’analisi della “commedia del boom”: la parte iniziale di quel lungo filone che si è contraddistinto come il più longevo fenomeno della cinematografia italiana del dopoguerra. La commedia all’italiana, è qui inquadrata all’interno di una prospettiva di studio, che si propone di assumere il contesto del “miracolo economico”, come “macrotesto ospitante”, cioè come una “rete composita di discorsi entro cui il testo si colloca”.
La felice stagione di successi aperta dalla doppia vittoria a Venezia de La Grande Guerra e de Il generale Della Rovere, segnala la vivacità del sistema produttivo nazionale, e l’importanza che riveste il mezzo cinematografico, all’interno della società italiana, nonostante la concorrenza crescente del mezzo televisivo. Nel 1960 l’apparizione sugli schermi del film di Fellini, La dolce vita, costituisce un momento di capovolgimento dei quadri mentali degli italiani, e soprattutto rende palese l’ormai dilagante mutazione dei costumi, che nel decennio precedente istituzioni politiche e religiose, avevano cercato di mantenere sotto controllo. Di questa “grande trasformazione”, il cinema si fa carico e la commedia all’italiana partecipa a questa narrazione collettiva, scrivendo un copione, che si declina nei toni ironici e sferzanti, della satira di costume. La commedia del miracolo, intercetta questi cambiamenti di comun accordo, con quanto vanno facendo negli stessi anni testate come “L’Espresso” e scrittori, con una propensione per la satira sociale, come Bianciardi e Mastronardi. Con continue oscillazioni tra “civismo” e “cinismo”, i film della commedia negoziano una loro identità di voce critica, rispetto all’euforia generale che accompagna l’arrivo del benessere. Una critica “frondista”, che non nasconde una certa vena di complicità, con quanto viene messo in scena.
Il nostro lavoro ha cercato di tenere conto, di quello che la commedia viene elaborando tra il 1960 e il 1964, gli anni che sanciscono il passaggio dalla dolce vita alla vita agra. Nella prima parte della tesi, si è cercato di tracciare la rete dei rapporti che la commedia, come genere, costruisce con altri ambiti di elaborazione e di diffusione, dei discorsi sociali sul boom economico. Si è puntato, su due nodi, che con il cinema hanno intrattenuto, in particolare nel periodo post-bellico, un rapporto molto intenso: la stampa e la letteratura.
Definiti i contorni esterni del macrogenere chiamato commedia all’italiana, si è cercato successivamente di portare alla luce alcuni degli elementi, prodotti da questi intrecci intertestuali e interdiscorsivi, che si formano al suo interno. I sei studi di caso su cui abbiamo puntato, hanno avuto il compito di chiarire singoli aspetti della mutazione socio-antropologica chiamata boom. Nel contempo attraverso l’analisi di opere come Il sorpasso, La voglia matta, I mostri, Divorzio all’italiana, La parmigiana e Una vita difficile, si è potuto mettere in rilievo quello che è il punto di vista che la commedia all’italiana esercita su questo periodo storico, e come grazie a questo suo lavoro sull’Italia del miracolo, arrivi a costruire, la sua immagine di specchio deformante dei caratteri nazionali.

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4 Introduzione Questo elaborato è dedicato all’analisi della “commedia del boom”: la parte iniziale di quel lungo filone che si è contraddistinto come il più longevo fenomeno della cinematografia italiana del dopoguerra. La commedia all’italiana si costituisce come un grande affresco collettivo, l’aggregazione di una serie di opere che pur mantenendo una loro singolarità, riescono a esprimere nel loro insieme una visione unitaria della nostra società, in cui si mescolano la precisione della miniatura e l’impatto della gigantografia. Questo effetto manifesta la sua compattezza maggiore negli anni del “miracolo economico”, riuscendo a trovare in una fase di grandi trasformazioni il giusto collante per il suo ritratto del presente. Verso la fine degli anni Cinquanta in Italia si manifestano in maniera dirompente i segni di un cambiamento, che da circa un quindicennio, andava modificando i vetusti costumi autarchici, sotto forma di piccole e inesorabili trasformazioni quotidiane. L’Italia non diventa nel corso di cinque anni una società industriale, e il punto di partenza di questa “grande trasformazione” è solo in parte quello di un’arcaica civiltà contadina. 1 Questa è l’immagine un po’ semplificata, che molti commentatori all’epoca danno del cambiamento che si palesa davanti ai loro occhi. Il loro sguardo è però condizionato da una visione del mondo che affonda le sue radici nel fascismo, e che la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è servita a rinsaldare, fornendo una testimonianza “a caldo”, della situazione generale dell’intero paese. La Resistenza, si è tramutata col tempo, in una forma di lotta al presente post-fascista, in grado di alimentare diverse concezioni ideologiche, generando nuove (o risvegliando vecchie), forme di contrapposizione sociale. Quello che era stato un movimento di 1 Cfr. David Forgacs, Stephen Gundle, Cultura di massa e società italiana, 1936 – 1954, Il Mulino, Bologna, 2007.

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