5
liberazione nazionale, diviene monumento scomodo e di parte, e il
concetto di resistenza, si tramuta in una forma di difesa nei confronti
di tutto ciò che ha il potere d’influire sui progetti di ricostruzione
culturale, promossi dalle istituzioni del nuovo assetto repubblicano. Il
decennio che anticipa il boom, dominato da un’ideologia
“restauratrice”, volta cioè a riaffermare una forma di democrazia pre-
mussoliniana, sotto il suo grigiore oppressivo, cela una vivacità
incredibile. Perché si cominci a innescare una modificazione degli
assetti sociali, è necessario attendere una ripresa dell’economia, e il
consolidamento e l’espansione del settore industriale, premesse
indispensabili per creare un mutamento di massa dei consumi e dei
costumi italiani. Anche sul piano delle rappresentazioni sociali, è
necessario che rincominci a funzionare a pieno regime l’industria
culturale nazionale, per poter fornire una risposta adeguata
all’invasione dell’immaginario, portata avanti dall’amico americano, e
che la resistenza neorealista si è dimostrata incapace di arginare.
Da questo fermento insomma nasce e si forma, tra le altre cose, un
genere che è difficile definire come tale: un condensato di diverse
tradizioni e influssi, che si sono originati dal grande bacino del cinema
popolare post-bellico, ma che è riuscito alla fine degli anni Cinquanta
a vincere la lotta per l’egemonia di quella fascia media, capace di
accontentare un po’ tutti gli strati di pubblico. Ecco che la commedia
si presenta dunque come il prodotto di un consolidamento industriale
della società italiana, e la forma di rappresentazione, più fruibile da
parte di questa stessa società.
Nei molti studi che sono stati dedicati a questo macrogenere, si è
sempre cercato di stabilire una possibile definizione dell’oggetto
d’analisi, concentrando l’attenzione sul primo termine “commedia”. Si
è tentato di spiegarne le anomalie ricorrendo al possibile percorso
storico della sua formazione, rintracciandone i presupposti negli
antecedenti più prossimi (la commedia di Camerini) e più lontani
(commedia dell’arte). Un’altra strada è stata anche quella di puntare
su particolari elementi di novità testuale, che violano le regole
6
classiche di costruzione del genere (la morte di un personaggio della
storia). Per quanto riguarda questa prospettiva di analisi, noi abbiamo
scelto di rifarci in particolare a tre studi: il primo è di Maurizio
Grande, che propone di considerare la commedia all’italiana come
zona intermedia di confluenze tra il testo e il suo spettatore, e quindi
come una costruzione culturale, che si serve di determinati codici di
genere ma allo stesso tempo li sopravanza, per fare aderire meglio il
testo al suo pubblico.
2
Quest’ultimo è un’entità che non va considerata
in maniera astratta ma collocata storicamente, perché d’altronde come
afferma lo stesso autore, il pubblico è: “parte integrante delle
dinamiche della commedia, così come è l’oggetto implicito delle sue
tematiche.(…) una zona intermedia di confluenze fra elementi
extratestuali, linguaggi e destinazione del testo che salda la società e la
sua rappresentazione in un tutto simbolico e solidale.”
3
Il secondo è di Enrico Giacovelli, che ha proposto una scansione
storica, che adotta come punto di partenza del genere il 1958, e si
suddivide in tre sottoperiodi, coincidenti con il boom, la congiuntura e
gli anni Settanta.
4
Il terzo studio infine è di Casetti, Magrelli e Ghezzi, che hanno
proposto di dividere una commedia italiana propria degli anni
Cinquanta, da una commedia all’italiana identificabile con il periodo
successivo, e caratterizzata da “una maggiore razionalizzazione
industriale e soprattutto da procedimenti di riduzione del campo
semantico e formale degli anni cinquanta.”
5
Questi tre spunti storici e teorici, ci consentiranno di compiere il passo
successivo, che è quello sul quale abbiamo scelto di concentrare la
nostra attenzione, cioè quel secondo termine “all’italiana”, che serve
2
Maurizio Grande, La commedia all’italiana, Bulzoni, Roma, 2003, pp. 8-25. Questa edizione da
noi consultata, a cura di Orio Caldiron, unisce i suoi due lavori sull’argomento usciti in
precedenza: Abiti nuziali e biglietti di banca. La società della commedia nel cinema italiano,
Bulzoni, Roma, 1986 e Il cinema di Saturno. Commedia e malinconia, Bulzoni, Roma, 1993.
3
Riprendiamo la citazione da Roy Menarini, La Parodia nel cinema italiano. Intertestualità,
parodia e comico nel cinema italiano, Hybris, Bologna, 2001, p. 40.
4
Enrico Giacovelli, La commedia all’italiana, Gremese, Roma, 1998.
5
Francesco Casetti, Enrico Ghezzi, Enrico Magrelli, Appunti sulla commedia italiana degli anni
Cinquanta, in Giorgio Tinazzi, (a cura di), Il cinema italiano degli anni ’50, Marsilio, Venezia,
1979, p. 178.
7
ad operare il reale discrimine identificativo, creando un marchio
socialmente e storicamente riconoscibile.
L’origine dell’appellativo, può servire a chiarire diverse cose.
Secondo la maggioranza dei critici esso è da addebitare al successo
internazionale del film di Pietro Germi, Divorzio all’italiana. Il
premio oscar che il film riceve, per la migliore sceneggiatura nel
1963, conferma l’eccezionalità di una stagione di ripresa produttiva, e
della forza raggiunta dall’industria cinematografica italiana. Il film di
Germi viene tradotto negli Stati Uniti col titolo Divorce italian style, e
contribuisce a rafforzare presso l’opinione pubblica straniera, quel
senso di anomalia che da secoli accompagna l’immagine dell’Italia.
Con gli anni Sessanta, la riscoperta del mito del “bel paese”, da parte
di inglesi e americani, seguito all’invasione della penisola durante la
campagna di liberazione dal nazifascismo, si amplia e acquisisce
significati nuovi, sovrapponendo all’immagine turistica di Vacanze
romane, quella moderna del boom. Molti opinionisti però, vedono in
questa splendente modernità, il risultato di un processo di
trasformazione difettoso, basato su compromessi poco chiari, e dai
piedi fragili e lo definiscono come un “miracolo all’italiana”.
6
Quello
che è accaduto in questi cinque anni esplosivi, ha avuto la capacità di
influenzare profondamente il percorso della nazione nei decenni
seguenti, tracciando con i suoi successi e i suoi errori, il profilo in
chiaroscuro dell’Italia contemporanea.
Come è possibile evincere da queste brevi annotazioni, è ovvio che
quella zona intermedia che contribuisce a creare il luogo di scambio,
tra spettatore e testo cinematografico, vada rintracciata proprio in
questo spazio discorsivo, che l’appellativo “all’italiana” etichetta.
Un’area molto vasta, di cui noi esploreremo solo una parte, quella
iniziale, che abbraccia gli anni 1960 – 1964. Abbiamo scelto un
periodo storico che non prende in considerazione, la classica datazione
1958 – 1963, ma una su cui pesa maggiormente l’elemento
cinematografico. Il 1960 è l’anno in cui esce sugli schermi La dolce
6
Cfr. Giorgio Bocca, Miracolo all’italiana, Edizioni Avanti!, Milano, 1962.
8
vita di Fellini, soglia d’ingresso “forte”, che catapulta gli spettatori
italiani nel centro del mutamento dei costumi nazionali. La seconda è
il 1964, in cui esce La vita agra di Lizzani, adattamento
cinematografico di uno dei romanzi più emblematici del boom, che sul
grande schermo appare come la celebrazione della fine del miracolo.
Una soglia d’uscita più “debole”, che non si configura come una vera
e propria cesura tra due periodi, ma che appartiene a quella serie di
opere di transizione al ’68, che appaiono durante gli anni della
congiuntura.
7
L’ottica che verrà adottata sarà quella di una ricerca
storica “integrata”,
8
che si proponga di mettere in luce un percorso
circolare riassumibile come: dal contesto al testo e ritorno. Nei primi
tre capitoli il contesto sarà interpretato come una “rete composita di
discorsi entro cui il testo si colloca”
9
e nella quale costruisce una sua
identità. Si tratterà perciò di prendere in considerazione la commedia
come prodotto del boom. Negli altri tre capitoli invece si partirà dai
testi filmici, per costruire un modello, che assumendo i connotati
della commedia di costume, può aiutarci comprendere meglio il
periodo storico, facendo da ponte tra La dolce vita e La vita agra.
10
La commedia attraverso i testi che la compongono, verrà qui intesa
come sistema d’intermediazione dei processi di cambiamento
nell’Italia del boom.
Il primo e il secondo capitolo serviranno a fornire una ricostruzione
storica generale degli aspetti più significativi del “miracolo
7
In questo caso per restare al solo ambito filmico, per ritrovare un vero e proprio momento di
rottura, altrettanto forte quanto quello del film di Fellini, sarebbe necessario far riferimento al film
d’esordio di Marco Bellocchio, I pugni in tasca. Tale ipotesi sposta troppo oltre il confine del
nostro discorso, e si candida a meglio rappresentare la soglia d’ingresso verso il periodo della
contestazione.
8
La proposta di una storia «integrata» del cinema è di Casetti. “Essa dovrebbe essere una
ricostruzione capace di lavorare su più serie di fenomeni, non semplicemente giustapponendole,
ma intersecandole l’una con l’altra, e nello stesso tempo inquadrandole in una interpretazione del
periodo. Francesco Casetti, Teorie del cinema. Dal dopoguerra agli anni Sessanta, in Gian Piero
Brunetta, (a cura di), Storia del cinema mondiale. Teorie, strumenti, memorie, vol. V, Einaudi,
Torino, 2001, p. 537.
9
Federica Villa, Oltre la semiotica. Testo e contesto in Paolo Bertetto, (a cura di), Metodologie di
analisi del film, Laterza, Bari-Roma, 2006, p. 45.
10
Il titolo della tesi riprende quello di un saggio di Gino Ruozzi, Vite difficili nella letteratura del
boom economico. Dalla dolce vita alla vita agra. In Carlo Varotti, (a cura di), La parola e il
racconto. Scritti su Luciano Bianciardi, Bonomia university press, Bologna, 2005, pp. 29-36.
9
economico”, puntando soprattutto a tratteggiare le caratteristiche del
cinema come medium sociale, che assolve una funzione di luogo dove
i discorsi che la società produce e fa circolare al suo interno, trovano
la ribalta privilegiata dove essere rappresentati. Nel secondo capitolo
in particolare verrà preso in considerazione il ruolo svolto dal film La
dolce vita, come evento in grado di catalizzare e di rendere visibili
diversi fenomeni, accumulatisi nella società italiana nel corso degli
anni ‘50. Oltre a questo verrà mostrato come il film di Fellini
attraverso l’instaurazione di una rete di rapporti, contratti soprattutto
con la carta stampata, sia stato in grado di rilanciare degli episodi
legati all’ambiente romano, in un contesto sociale più vasto, dando
vita ad un modello con cui codificare il nuovo costume collettivo.
Nel terzo capitolo lo stesso principio sperimentato sul film d’autore,
verrà applicato alla commedia all’italiana. Si cercherà di portare alla
ribalta i tratti più caratteristici del macrogenere commedia, puntando
sulla serie di rapporti, che essa instaura con gli altri poli di una rete di
discorsi, che fanno parte dell’industria culturale italiana: la stampa e
l’editoria libraria. Entrambi questi due ambiti come il cinema, sono
attraversati da un momento di forte fermento culturale, che nel caso
della letteratura, arriva a riguardare il ruolo che l’intellettuale si trova
a svolgere all’interno della nuova società di massa.
Non si può dire che la commedia inneschi i medesimi rapporti con
questi due poli, certamente il primo, quello con la carta stampata, si
dimostra come il più ricco di prospettive, per l’attenzione crescente
che viene riservata al mutamento dei costumi e agli altri processi di
trasformazione. Si guarderà all’area dei settimanali d’attualità,
prendendo in considerazione quattro testate: “Epoca”, “L’Espresso”,
“L’Europeo”, “Il Mondo”. Gli articoli e le inchieste da noi scelti,
mettono in luce i vari processi di cambiamento che si succedono
nell’arco di tempo 1960-1964, con qualche breve incursione anche
negli anni immediatamente precedenti. Una parte di questo campione,
relativa all’ultimo periodo del boom, il biennio 1963/1964, sarà
riportata nell’appendice finale.
10
Per quanto riguarda invece l’ambito letterario, si offrirà un quadro
generale, che possa rendere conto di quello che è l’insieme dei
rapporti in cui si collocano le più importanti voci, degli intellettuali di
questo periodo. Si privilegerà comunque quella letteratura
“industriale”, che si dimostra più interessata a cercare di narrare il
malessere nascosto dietro le promesse di prosperità del
neocapitalismo. Data la collocazione occupata dalla commedia
nell’ambito della cultura popolare, non si adotterà nessuna forma di
approfondimento sistematico della relazione tra questi due nodi,
trattando più direttamente quei titoli che verranno esplicitamente
convocati all’interno dei testi analizzati.
La parte analitica sarà svolta nel quarto, nel quinto e nel sesto
capitolo. Tenendo conto dell’ampiezza del fenomeno commedia
all’italiana, si dedicherà un approfondimento maggiore ad alcuni testi
particolarmente significativi, in cui è possibile rinvenire una più alta
concentrazione di quegli elementi, che conferiscono un segno di
riconoscibilità al genere, e che permettono di stabilire legami anche
con altri film “minori”. Per dare ulteriore uniformità all’analisi sarà
tralasciato il filone in costume, concentrandoci su quello che Gianni
Canova ha definito il filone sociologico-mimetico, occupato a cercare
di riprodurre i cambiamenti della società italiana del presente.
11
Di
conseguenza il tipo di approccio sociosemiotico all’analisi filmica,
mostrato da Ruggero Eugeni nel libro Film, sapere, società,
12
sarà il
più adatto per studiare i rapporti che i diversi film intrattengono con il
proprio ambito discorsivo.
I sei studi di caso sui quali abbiamo puntato, occupano particolari aree
discorsive, che saranno identificate in base ad alcuni dei temi
dominanti attorno a cui ruotano. Ecco che nel capitolo quattro sarà
messa a fuoco l’easy life del boom, o il modello di vita facile e
spensierata che trova nella spiaggia il luogo ideale dove celebrare
11
Cfr. Gianni Canova, La commedia all’italiana: l’“invenzione” della borghesia, in Gianni
Canova, (a cura di), Storia del cinema italiano, 1965/1969, vol. XI, Bianco & Nero-Marsilio,
Roma-Venezia, 2002, p. 125.
12
Ruggero Eugeni, Film, sapere, società, per un’analisi sociosemiotica del testo cinematografico,
Vita e pensiero, Milano, 1999.
11
l’ubriacatura consumistica, e la libertà di movimento conquistata
grazie alla motorizzazione di massa.
I film da noi presi in considerazione sono Il sorpasso di Dino Risi, La
voglia matta di Luciano Salce, e I mostri, sempre di Risi.
Quest’ultimo film, sarà inserito in coda a gli altri due, per completare
il discorso sulla “vita facile”, che con l’inizio della crisi economica si
tramuta e si rovescia nel suo opposto amaro.
Il quinto capitolo tratterà invece del ruolo della donna, che nonostante
la vocazione maschile di questo cinema, riesce in questi anni a
ritagliarsi un proprio spazio di frontiera, e a non essere soltanto
l’oggetto del desiderio (frustrato) degli uomini, ma anche la
protagonista di un solitario percorso di iniziazione alla vita. Per questo
capitolo i due titoli scelti, sono quelli di due registi di commedie
“d’autore”: Divorzio all’italiana di Pietro Germi e La parmigiana di
Antonio Pietrangeli.
Il sesto capitolo è invece dedicato all’analisi di quello che possiamo
considerare il punto di vista, di chi ha fin dall’inizio individuato nel
progresso neocapitalistico, la corruzione di un ideale di società più
giusta e diversa. Un punto di vista che nell’esperienza di vita di un
giornalista di sinistra, riesce a riunire i discorsi negativi sul boom,
prodotti da scrittori come Bianciardi e Pasolini, e da giornalisti come
Giorgio Bocca. Il film scelto è Una vita difficile di Dino Risi, che sarà
usato anche per ripercorrere il tragitto storico, che ha portato l’Italia
dall’essere una nazione povera al diventare una potenza economica
mondiale, ma anche quello che uno studioso come Guido Crainz ha
definito un “paese mancato”.
13
Il presente lavoro non ambisce a porsi come testo definitivo
sull’argomento, ma cerca di seguire le tracce di un percorso di studi
consolidato, su di un “genere” che da decenni continua ad alimentare
sempre nuove prospettive di indagine.
13
Guido Crainz, Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Donzelli, Roma,
2003.