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The Shining e la sua organizzazione spazio-temporale

Viaggiare dentro l'Opera kubrickiana ha il sapore della sfida. Ci si muove tra le insidie dissimulate da una materia apparentemente malleabile, ma che promana resistenza al momento di volerne estrapolare un film. Il regista ha strutturato la sua filmografia come un sistema indipendente, di cui ogni singolo film non è che una particella atomica, un tassello insostituibile, ma nel contempo da solo impossibilitato ad essere pienamente compiuto.
Il nostro lavoro si rivolge a The Shining forte di questa convinzione, e si muove perciò con una duplice ottica di analisi che, in un binario a doppia percorrenza, riconduce sempre il film all'interno dell'Opera e, contemporaneamente, sposta l'Opera all'interno del film. Senza mai dimenticare l'intero ''pianeta cinema'' circostante.
The Shining nasce come falotico enigma, come successione di sciarade costruite sotto l'egida di Freud, Kafka, Borges, Poe e Lovecraft: si posiziona saldamente sul crinale che separa lo strano dal meraviglioso, senza mai abbandonare il terreno del fantastico.
L'analisi che abbiamo svolto si suddivide in tre capitoli, ognuno dei quali si occupa di un aspetto peculiare del film, senza comunque perdere mai di vista l'indirizzo generale del lavoro, ovvero esaminare la struttura spazio-temporale del film, in rapporto allo smarrimento spettatoriale che determina.
E' il terzo capitolo il centro di convergenza della materia del nostro studio. Vi si analizza il modulo spazio-temporale messo in atto. In realtà senza continuità, per successive illuminazioni, e con continue divagazioni verso ulteriori poli tematici, come in realtà il film stesso procede: secondo una struttura ramificata, o meglio, labirintica. Si inizia con una serie di 4 paragrafi che motivano ulteriormente lo smarrimento spettatoriale: il film presenta una serie di ''errori volontari'', appositamente lasciati, o creati dal regista, per agire allo stato inconscio sul pubblico, determinando un sentimento perturbante legato all'emersione di ciò che doveva rimanere nascosto. L'analisi dei tagli operati da Kubrick al finale del film, nonché delle profonde differenze sussistenti con l'edizione americana, apre la strada all'ipotesi di una doverosa duplice lettura critica, e dunque alla forte presenza dello specchio e della tematica del doppio: entrambe profonde ''ossessioni'' kubrickiane, e perciò totalmente radicate nella sua Weltanschauung. The Shining destina allo sguardo un ruolo fondamentale. Se ne classificano, attraverso lo studio precipuo di alcune sequenze, cinque particolari tipologie: lo sguardo ''strano'', ''distorto'', ''onnipotente'', ''svuotato'' e ''proliferante''. Ognuno dei quali converge verso l'occhio-demiurgo, quello del regista, vero e proprio maitre à penser della materia esposta. Lo studio del labirinto, di cui si descrivono il valore antropologico ed architettonico, conduce nel vivo l'indagine spazio-temporale, laddove il dedalo funge da mezzo epifanico di un modulo cronotopico anomalo, che crea un tempo sacro che ha il suo prototipo in uno spazio sacro. Una struttura temporale eccezionale, tendente alla ciclicità eterna (il finale sigla il perpetuo reinizio del tutto, anche se in una modalità mai del tutto identica a se stessa), e suddivisa in lastre di tempo sovrapposte -si parla di policronia- governa l'Overlook Hotel, adagiato su un modulo spaziale che accompagna a tale ampliamento temporale un restringimento progressivo degli ambienti, dagli spazi immensi della sequenza iniziale alle angustie dei corridoi innevati di un labirinto -a quseto punto neuronale- senza tempo. E si configura come una teoria di scacchiere labirintiche, evidenziate da precisi elementi architettonici ''kubrickiani'': il corridoio, la toilette, la finestra, la porta, la scala, l'ascensore. Uno spazio ''vivente'', capace di modificarsi a suo piacimento, che inghiotte i personaggi dentro di sè. Completano lo studio 3 proposte. Una lettura della vicenda dal punto di vista della teoria dei "mondi possibili", che evidenzia la particolare struttura narrativa del film, che ha per protagonista non tanto una specifica trama, quanto la storia come atto narrativo, come piacere del raccontare. E due paragrafi che forniscono alla vicenda alcuni appunti per una interpretazione: la lettura del film come l'intrico delle immagini del romanzo (mentale?) scritto da Jack Torrance; lo studio dell'enigma contenuto nel finale, che invera il senso del film nel cinema stesso. Concludono il lavoro una ricca bibliografia ed una dettagliata filmografia.
The Shining è un'esperienza irripetibile. Ogni volta capace di integrare, se Dio vuole, l'intellettuale e la gente, l'esteta e il fanciullo (in verità quest'ultimo più dotato dello shining), secondo quella grande forza interclassista che è lo stupore.

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5 Capitolo 1: Il film e la sua posizione nell’economia dell’Opera kubrickiana Necrologia iniziale, ovvero Appunti per una introduzione “Un sillogismo: gli altri muoiono; ma io non sono un altro; dunque io non morirò.” Vladimir Nabokov, Fuoco Pallido Incominciamo dalla fine, per poi procedere a ritroso. Come il regista ci ha insegnato a fare. Stanley Kubrick è morto nella sua casa di Harpeneden nella notte tra il 6 e il 7 marzo 1999. Due anni esatti prima di potere avere accesso a quel 2001 che aveva anticipato. Visto, sarebbe più giusto dire, e fatto vedere. La morte, come spesso accade, ha determinato un consenso inaudito intorno alla figura -già leggendaria- del regista. E’ riuscita anche ad adombrare con il più classico colpo di spugna le grandissime controversie nate all’uscita di ognuno dei suoi film. Il mondo si è improvvisamente scoperto orfano di un genio. Che, in realtà, aveva preferito sempre stare lontano dalla mondanità, piegando gli altri, ed il cinema, alle sue esigenze. Per molti la scomparsa del regista è diventata anche occasione per raccontare gli aneddoti più falsi, c’è chi lo ha dipinto come un pazzo 1 , chi come un eroinomane 2 . Pochi ne hanno parlato unicamente dall’unico versante realmente indagabile, cioè quello della sua arte. Questo perché il cinema di Kubrick nasce, si sviluppa, e resta tutt’oggi un grande 1 Frederic Raphael, sceneggiatore di Eyes Wide Shut, nel suo Eyes Wide Open, (Einaudi Torino 1999) dà un ritratto pessimo e non veritiero del regista 2 E' doveroso riportare la curiosa vicenda di Alan Conway, truffatore recidivo, morto il 5 dicembre 1998, che nei primi anni '90 girava per Londra affermando di essere Stanley Kubrick. Egli, pur non

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