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Processi di memoria e immaginazione in soggetti anziani

E' opinione condivisa che l'incremento dell'età porti ad un indebolimento generale della memoria; spesso gli anziani si lamentano di non ricordare più come una volta e, anche se la memoria per episodi passati rimane in genere buona, essi si trovano in difficoltà in tutti quei piccoli compiti quotidiani che richiedono un aggiornamento della memoria di lavoro.
Hasher e Zacks (1988) hanno proposto un'ipotesi interessante per spiegare le peggiori performance cognitive degli anziani in compiti di memoria di lavoro, in quanto sostengono che non vi sia un impoverimento generale delle capacità cognitive, ma un indebolimento selettivo dei meccanismi di soppressione e inibizione di stimoli irrilevanti, che giocano un ruolo fondamentale nelle fasi di codifica, immagazzinamento e recupero delle informazioni.
Gli anziani, pertanto, non riuscendo a bloccare gli stimoli irrilevanti si trovano ''sommersi'' da informazioni che faticano a selezionare.
Lo sopo del presente lavoro è quello di indagare, attraverso due esperimenti, sia il ruolo che svolgono i differenti tipi di immagini mentali (autobiografiche, specifiche, contestuali e generali), sia la capacità di aggiornamento della memoria di lavoro all'aumentare dell'età.
Dai risultati di questa ricerca è emerso in maniera evidente che gli anziani risultano in grado di produrre buone immagini mentali, ricche di particolari tanto quanto quelle dei giovani, ma che si differenziano da esse poiché contengono anche una serie di informazioni non pertinenti al compito che, non riuscendo ad essere inibite o soppresse, creano gravi interferenze in fase di codifica e recupero.
I risultati dimostrano che con l'aumento dell'età vi sia un indebolimento dei meccanismi di soppressione e inibizione, ma questo dato potrebbe risentire anche del diverso utilizzo di strategie mnestiche utilizzate da soggetti anziani.
I soggetti anziani, infatti, sembrano utilizzare strategie meno appropriate al tipo di compito e questo potrebbe influire sulla performance finale.
Infine, ciò che chiaramente emerge dagli esperimenti è il fatto che gli anziani si differenziano dai giovani non, come comunemente si pensa, per un impoverimento della produzione cognitiva, bensì per una eccessiva ricchezza del materiale da loro prodotto, ricchezza che deriva da esperienze di vita e dal loro percorso personale. E' proprio questo continuo riferimento a esperienze personali, spesso cariche di intensità emotiva, che crea interferenza in fase di codifica e recupero, ma che rende i resoconti del gruppo degli anziani particolare e unico rispetto a quelli dei gruppi più giovani.

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5 CAPITOLO PRIMO: I PROCESSI DI INVECCHIAMENTO A che età si diventa anziani? “L’immagine che ciascun individuo ha dell’anziano tipico è soggetta a molte variazioni individuali, che dipendono, oltre che dalla presenza di stereotipi e di luoghi comuni della cultura in cui si vive, anche da esperienze personali, dalla propria età e dal proprio sesso. Fa parte del luogo comune che quando si è molto giovani si percepisca come anziano qualcuno che, con l’esperienza successiva, definiremmo soltanto un adulto alle soglie della maturità o addirittura un giovane; in molti casi è il ruolo (per esempio di genitore o insegnante) che si accompagna immediatamente al giudizio di anziano. E’ frequente anche l’esperienza complementare: di un anziano che percepisce come giovane una persona che gli è pressappoco coetanea (in circostanze giustificanti, come nel commento alla lettura di un necrologio: “com’era giovane”). In entrambi gli esempi il gruppo degli anziani è percepito con confini labili e quindi i criteri per riconoscervi qualcuno sono particolarmente sfumati e soggettivi.”(D’Urso e Baroni, 1989). Partendo da queste considerazioni preliminari D’Urso e Baroni hanno condotto alcune ricerche per cercare di comprendere a che età una persona comincia ad essere considerata anziana nella nostra cultura; le ipotesi di questa indagine che, confrontano gruppi di giovani tardo adolescenziali con un gruppo di soggetti ultrasessantenni, partono dal presupposto che gli anziani, per quanto possano condividere gli stereotipi negativi riguardanti la loro condizione, siano inclini a spostare in avanti i tempi d’inizio di questo concetto anagrafico. Dal momento che i soggetti erano sia uomini che donne si è pensato che ciò potesse influire nelle

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Informazioni tesi

  Autore: Cristina Ceriani
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1998-99
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Rossana De Beni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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Parole chiave

anziani
compiti di memoria
deficit di memoria
immaginazione
immagini autobiografiche
immagini mentali
interferenza mnestica
invecchiamento
memoria
memoria a breve termine
memoria a lungo termine
memoria di lavoro
mnemotecniche
performance congitive e memoria
processi di invecchiamento
ricordi
strategie mnestiche

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