«Le bruit du rire», leggerezza e violenza negli Alcools di Apollinaire
[IT] La tesi è il risultato di una ricerca approfondita del mondo poetico dello scrittore, prima dell'esperienza della guerra, attraverso la lettura e la riflessione critica della raccolta di poesie in questione, esaminando attentamente alcune poesie specifiche, e il confronto con saggi, riviste e testi critici, considerati esemplari nello sviluppo del tema dell'elaborato.
Il primo capitolo tratta della leggerezza dell'artista. Si parte da commenti dei suoi conoscenti ed amici, quali ad esempio Francis Picabia e Henry Hertz, nella rivista Esprit nouveau, e testimonianze di eventi poco fortunati della sua vita, al fine di tracciare il carattere ambivalente del poeta, dove però risalta il desiderio di rendere leggero tutto ciò che di pesante gli accade. In seguito, viene esposto il ritratto che Savinio fa dell'artista come poeta «dindon», immagine che suscita una certa ilarità ma che fa comprendere quanto la poesia sia vitale ed elevi il poeta ad uno stato superiore, di leggerezza, rispetto al mondo volgare. Poi, dopo aver inquadrato la poesia di Apollinaire in un contesto nuovo, gli inizi del XX secolo, si passa all'analisi delle poesie «Cortège» e «Lul de Fantenin» che ben descrivono il ruolo del poeta, come portatore di luce e di creatore, al pari di Dio, e della poesia, percepita dunque come atto sacro. La leggerezza del poeta è evidente dalla capacità di essere contemporaneamente in cielo, in terra, nei mari.
Il secondo capitolo analizza la fenomenologia del riso negli Alcools. In primo luogo, si osserva che, dopo un'accurata ricerca, la parola «rire» con i suoi derivati è ben presente trenta volte in venti poesie, senza tener conto di frasi o modi di dire che suscitano il riso in chi legge. Infatti, attraverso l'approfondimento di «Palais» e «Voie lactée ô soeur lumineuse», si mette in risalto la funzione che «le rire» può avere per sfumare o ridurre la pesantezza nell'animo del poeta. In secondo luogo, tenendo presente l'Anthologie de l'humour noir di Breton, ci si concentra su un altro aspetto «du rire». Dall'analisi dei versi 77 – 80 di «Zone», di «1909», «Poème lu au mariage d'André Salmon», «Beaucoup de ces dieux ont péri» e «Nuit Rhénanes», si nota come «le bruit du rire» riecheggi in tutta la raccolta, un «rire» che assume un carattere sadico e violento, capace di demolire il dolore, proprio come un vetro che si rompe. Il poeta, riprendendo Nietzsche, ha l'aspetto di Orfeo che viene fatto a pezzi dalle Menadi. Infine, si accosta la figura di Rabelais, e la sua opera Gargantua et Pantagruel, con quella di Apollinaire, attraverso lo studio approfondito di «La maison des morts». L'analogia trovata è il tema del «mourir de rire», dove «le rire» e «la mort» sono percepite simultaneamente.
Il terzo capitolo approfondisce il calembour, in quanto forma poetica, e mira all'osservazione di come il poeta lo utilizza, poiché percepito come mezzo esemplare per esprimere e suscitare «le rire». Sono stati dunque analizzati i giochi di parole dei seguenti componimenti: «Tzigane», «Le Pont Mirabeau», «L'Ermite», «Zone», «La Blanche neige», «Palais». Tra i procedimenti che Apollinaire mette in atto nel creare i suoi calembours, si esaminano nell'elaborato l'omofonia e la polisemia. Si nota chiaramente la maestria del poeta nell'accostare immagini incoerenti tra loro in modo che, attraverso lo shock, l'inatteso, la sorpresa, si produce «rire», talvolta leggero, talvolta sadico e violento.
[FR] Ce travail se consacre à l'analyse du «rire» dans le recueil poétique de Guillaume Apollinaire Alcools, remontant à la période avant la Première Guerre Mondiale. En particulier, on veut mettre en lumière «le bruit» produit par le «rire», synonyme de légèreté et de violence, résultant des deux côté psychologiques de l'artiste, le côté sombre d'une part, et de l'autre l'ouverture au rêve.
On se plonge dans les vers apollinariens à travers un examen de certaines poésies et une comparaison avec des essaies, des revues et des textes critiques dont plusieurs parus dans la célèbre revue L'Esprit nouveau: revue internationale d'esthétique.
Le premier chapitre se concentre sur le désir du poète de rendre légères toutes les choses lourdes qui lui arrivent dans la vie à travers la poésie, conçue comme acte sacré.
Le deuxième chapitre examine, d'abord, le «rire» comme moyen utilisé pour démentir ou nuancer les couleurs sombres de l'élégie amoureuse, et puis son caractère sadique et violent, capable de mettre en pièce la douleur, à l'instar d'«un verre qui se brise».
Le troisième et dernier chapitre veut étudier le calembour, en tant que forme poétique, et observer l'utilisation faite, car il est perçu comme un moyen exemplaire d'exprimer et de susciter le «rire».
En conclusion, après une étude critique d'Alcools, on peut presque immédiatement sentir «le bruit du rire» en arrière-plan. À travers l'emploi des calembours, du mot «rire» avec ses dérivés et d'images, le lecteur perçoit un «rire», comparable à un gémissement, à un bruit strident, brusque et pénétrant d'une part, de l'autre à un son doux et tendre.
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Informazioni tesi
Autore: | Davide D'Auria |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e culture moderne |
Relatore: | Agnese Silvestri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 50 |
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