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Teologia, Filosofia ed Ecclesiologia in Guglielmo di Ockham e Lutero

Il Tardo Medioevo è un momento fondamentale nel processo storico, filosofico e religioso che ha portato all'avvento della Riforma protestante, perché quest'ultima è l'esito ultimo e necessario di tutta una serie di movimenti di rinnovamento spirituale della Chiesa che attraversarono l'Europa a partire già dal X secolo e che giunsero a piena maturazione proprio nei secoli XIV e XV. In tal senso allora spiccano certamente le figure di Guglielmo di Ockham, John Wyclif e Jan Hus, perché in essi si sintetizzano molti aspetti propri della Riforma protestante, in particolar modo di quella luterana. L'idea che la teologia debba abbandonare ogni pretesa speculativa e che il suo oggetto non possa essere conosciuto ma solo creduto per fede, che nel processo di salvezza non vi siano intermediari di alcun genere tra l'uomo e Dio, sia che si tratti dei membri della Chiesa, sia che si tratti invece di quelle entità intermedie come la grazia infusa, e che di conseguenza la Chiesa non abbia alcuna funzione normativa in tale processo, sono alcune delle idee principali che troviamo in Ockham e che dipendono direttamente dal suo nominalismo, sicché sembra possibile ammettere una certa derivazione nominalistica della Riforma. Ora, vi sono almeno due ambiti nei quali è possibile riscontrare questa peculiare forma mentis in Lutero, ossia quello della teologia e quello della filosofia, in special modo relativamente alle due questioni centrali della trattazione, ossia quello della scientificità della teologia e quello della predestinazione e della grazia divina. Per quanto riguarda invece l'ambito propriamente politico-ecclesiologico Lutero sembra piuttosto risentire delle idee di Wyclif e del suo discepolo Jan Hus, in particolar modo dell'idea che i membri della Chiesa siano solo ministri di Dio e che il loro ruolo sia quello di semplice ratifica della eterna ed immutabile volontà divina. In conclusione, se è possibile rintracciare le cause della Riforma protestante nelle dottrine e nelle idee che nacquero nel Medioevo, è anche possibile ammettere non solo che già in esso erano presenti da secoli i germi della Riforma, ma anche che la stessa Riforma, che pure si situa al confine tra il mondo medievale e quello moderno, è per sua natura, almeno in parte, "medievale".

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INTRODUZIONE Il XIV secolo è noto per essere il secolo della crisi dei due pilastri della cristianità medioevale, cioè il Papato e l'Impero, con la conseguente e sempre più marcata affermazione degli Stati nazionali. Si assiste dunque ad una transizione da delle realtà per loro natura “universali” a delle realtà “individuali”, gli Stati appunto. Non solo, anche lo stesso Impero si riduce sempre più ad un territorio corrispondente grosso modo alla Germania e a qualche paese con essa confinante, e la sua valenza universale è pressoché simbolica. Si tratta cioè della crisi e della fine dell'universalismo medioevale e dell'inizio di quel processo di disfacimento della Res publica christiana, che vede nell'episodio dello Schiaffo di Anagni del 1303 il suo avvio e nella Riforma la sua realizzazione. Ora, questo fenomeno sembra ripetersi, in quello stesso secolo, anche nella filosofia, in quanto la tradizionale metafisica realista, che caratterizzava le grandi costruzioni scolastiche di fine XII secolo e di tutto il XIII secolo, lascia sempre più il posto, con l'occamismo, ad una concezione filosofica che nega ogni realtà all'universale 1 , assegnando un'esistenza reale solo a ciò che è individuale 2 . Il crescente affermarsi nelle università della logica terministica, ossia di un tipo di metodo filosofico fondato sull'analisi dei termini e delle proposizioni, e di un sapere teologico-filosofico strettamente legato ad esso, insieme al fiorire, tra XIV e XVI secolo, degli studi umanistici e filologici in quelle stesse università, contribuirono in misura non minore della crisi degli universalismi a determinare la fine del Medioevo. Questa transizione dall'universalismo all'individualismo raggiunse il suo compimento 1 Cfr. Vignaux 1990, p. 127; Miegge 1964, p. 16. 2 Non si vuole con ciò dire che prima del XIV secolo non mancassero posizioni anti-realiste, né che il realismo stesso fosse un fenomeno omogeneo. Né d'altra parte è corretto parlare di nominalismo o realismo prima del XIV secolo, per quanto già dal XII secolo vi fosse una contrapposizione tra due sectae, ossia i nominales e i reales (sebbene quest'ultima comprendesse al suo interno posizioni differenti, accomunate dall'essere in opposizione ai nominales), in merito alla questione della predicazione, se cioè l'oggetto della predicazione fosse solo un nome o anche una res, come volevano i reales. Giovanni di Salisbury nel XII secolo riporta nel suo Metalogicon molte e differenti posizioni in merito alla questione degli universali, contandone all'incirca nove, ad esempio la teoria delle voces, tipica di Roscellino, quella dei sermones, propria di Abelardo, la teoria delle ideae, che è la forma classica di realismo e che accomuna autori come Eriugena, Anselmo d'Aosta e Guglielmo di Champeaux, e per la quale gli universali sono nomi che si riferiscono a cose universali che coincidono con le idee divine, oppure quella propria di Gilberto di Poitiers, delle formae nativae. Tuttavia, solo a partire dal XIV secolo, con Ockham si può parlare propriamente di nominalismo, ed esso diventa un vero e proprio metodo filosofico e il nucleo centrale della scuola occamista, nota anche con il nome di “via moderna”. Per quanto concerne la distinzione tra le due sectae si veda De Libera, 1999, p. 143; in merito alla enumerazione delle diverse posizioni sulla questione degli universali proposta da Giovanni di Salisbury e all'analisi di esse si veda Tarlazzi 2018, pp. 29-70. 3

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Parole chiave

teologia
riforma protestante
lutero
libero arbitrio
nominalismo
grazia
predestinazione
guglielmo di ockham
futuri contingenti
tardo medioevo

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