Luce in sala. Analisi dello spettatore cinematografico; il rapporto con i contesti visivi e il film

La storia del Novecento è stata straordinariamente ricca e travagliata; l'hanno caratterizzata: conflitti mondiali, nazionalismi e ideologie, depressioni e poi espansioni industriali, globalizzazione, sorprendenti scoperte scientifiche e innovazioni artistiche. È stato il secolo della letteratura, della tecnologia e della cultura di massa, ma soprattutto del cinema. La settima arte è riuscita a cogliere meglio di qualunque altro medium un rinnovamento lungo più di cent'anni di storia, e lo ha seguito modificandosi a sua volta, cambiando nel tempo ed eppure restando sempre uguale. A partire dal 1895, anno della sua nascita, il cinema si è sviluppato non solo come rappresentazione tecnico-artistica, ma anche come dimensione pubblica, comunitaria, connessa a dei soggetti. Risulterebbe incompleto, se non ci fossero gli spettatori ad ammirarlo. Tuttavia, ci si chiede se le sue numerosi trasformazioni abbiano in qualche contribuito a plasmare il pubblico, codificandone i rituali di fruizione e guidandone le risposte di fronte alle immagini filmiche. L'obiettivo della tesi è quello di dimostrare che la figura dello spettatore si sia storicamente evoluta, in particolare facendo riferimento a: i contesti di visione, nei quali la platea si colloca e legittima pratiche culturali differenti; le reazioni durante la visione, sempre frutto di un più ampio quadro sociale e dunque legate alle specificità degli ambienti visivi. Per raggiungere il suddetto obiettivo si sono cercate risposte proprio all'interno della settima arte, in particolare nel modo in cui il cinema mostra al pubblico sé stesso. Le opere filmiche colgono contesti, rituali e reazioni differenti della loro platea, e le restituiscono queste immagini, dando la possibilità di trovarci di fronte ai loro – ma anche un po' nostri – atteggiamenti, reazioni e passioni.