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Le politiche attive tra Stato e regioni. Analisi dei bilanci previsionali regionali 2018 e 2019

Negli ultimi anni, il sistema italiano delle politiche attive è stato attraversato da importanti riforme che, ridisegnando il riparto delle competenze tra i diversi livelli di governo, hanno alternato fasi di decentramento a tendenze neocentralistiche, con risultati non sempre coerenti. Attualmente – e forse ancor di più in prospettiva – le regioni hanno un ruolo da protagonista nella definizione delle strategie in materia di politiche per il lavoro, sebbene la programmazione degli interventi di politica attiva, dopo il Jobs Act, debba muoversi nell'ambito degli indirizzi e criteri stabiliti a livello centrale. Partendo da queste premesse, il presente lavoro cerca di affrontare il tema delle politiche attive secondo un punto di vista regionale, analizzando la spesa sostenuta dalle regioni italiane con l'intento di comprendere se le scelte di investimento da esse sostenute siano la ragione di un così differenziato quadro nazionale, caratterizzato da buone prassi e gravi inefficienze. Declinando il tema del dualismo Stato/regioni secondo l'attualità, il lavoro tenta inoltre di valutare il possibile impatto del regionalismo differenziato sul sistema delle politiche attive per il lavoro, esponendo i vantaggi – e gli svantaggi – che accompagnano ogni processo di decentramento.

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1 INTRODUZIONE Negli anni della crisi economica globale, con una crescita della produttività ancora stagnante e l’economia in lenta ripresa, le politiche attive per il lavoro rappresentano uno dei principali strumenti per consentire l’ingresso e il reinserimento nel mercato del lavoro della popolazione disoccupata e inattiva. Il mercato del lavoro, infatti, diventa sempre più mutevole e flessibile e, per fronteggiarlo, occorre facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro; puntare sulla formazione e sulla riqualificazione; supportare i lavoratori nei percorsi di carriera che, purtroppo, diventano sempre più frammentari e discontinui. Nonostante sia da tempo unanimemente condivisa la necessità di un pieno rilancio del sistema delle politiche attive, ancora oggi il nostro Paese stenta ad affrontare risolutivamente una serie di criticità. Tra tutte, preoccupa in particolare l’elevata percentuale dei disoccupati di lungo periodo, che rappresentano ben il 59% di tutti quelli degli stati membri dell’Ocse, nonché il grave divario di genere, che si contraddistingue per numeri decisamente scoraggianti: nel 2017, il tasso di occupazione delle donne in età lavorativa si è attestato al di sotto di circa 20 punti percentuali rispetto a quello degli uomini. Non solo: anche l’occupazione giovanile non è ancora risalita dalla crisi e le basse qualifiche e competenze della forza lavoro causano dequalificazione e frenano la produttività 1 . Inoltre, il compiuto inquadramento dello stato di salute del sistema di politiche attive italiano non può prescindere dall’esame di alcune questioni culturali, che contrappongono dei veri e propri ostacoli alla prospettiva di sviluppo e ammodernamento del nostro mercato del lavoro 2 . Recenti dati Eurostat, infatti, mostrano come in Italia l’82% della popolazione ricorra ancora a parenti e amici come canale principale per la ricerca del lavoro. Si tratta di un dato culturale importante, che mostra come in Italia si fatichi a sviluppare una cultura dei servizi per il lavoro. 1 Comitato Occupazione, Lavoro e Affari Sociali dell’OCSE, Rafforzare le politiche attive del lavoro in Italia, 2019. 2 In questo senso, Seghezzi F., Tiraboschi M., La falsa promessa delle vecchie politiche attive, in Bollettino ADAPT, 2018, n. 5.

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Assunta Lonetti
  Tipo: Tesi di Master
Master in Master di II Livello in Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale
Anno: 2018
Docente/Relatore: Antonio Foccillo
Istituito da: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 67

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Parole chiave

mercato del lavoro
politiche attive del lavoro
politiche del lavoro
bilancio di previsione
condizionalita
servizi per il lavoro
jobs act
investimenti regionali
bilancio regionale
politiche passive del lavoro

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