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IA. Una critica fenomenologica al concetto di intelligenza artificiale

Il dibattito a proposito della questione dell'intelligenza artificiale è tanto più infuocato, quanto meno appaiono limpidi i concetti utilizzati in questo scontro da entrambe le fazioni. L'intelligenza artificiale esiste, è una possibilità reale? Le macchine svilupperanno mai una coscienza? Più che negare la fattibilità di questo progetto, occorre chiedersi su quali presupposti questo tentativo si fondi, e che cosa si intenda veramente quando si utilizza il termine: "intelligenza artificiale". Prima di tentare di sviluppare qualcosa del genere, bisognerebbe domandarsi se il concetto, di per sé, abbia senso, che cosa sia l'intelligenza e in che senso questa possa essere considera artificiale. La fenomenologia, col suo desiderio di tralasciare le incrostazioni superficiali per dirigersi direttamente al cuore delle cose, può aiutarci a fare chiarezza in una questione che giorno dopo giorno diventa sempre più problematica e scottante.

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CAPITOLO PRIMO Breve storia dell’intelligenza artificiale Si è scelto di dare inizio a questa tesi con un capitolo di taglio storiografico, vòlto a fornire delle coordinate temporali generiche, ma chiare, su cosa si intenda per “intelligenza artificiale”, “sistemi intelligenti” e “sviluppo della robotica”. Tutti questi termini, ora come ora, sono stati dati per sinonimi e utilizzati come se non presentassero né caratterizzazioni né differenze al loro interno: si vedrà presto che non è così, che essi si sono sviluppati e hanno assunto un significato ben preciso solo con il passare dei decenni – particolarmente nel secolo scorso – ed è proprio in relazione alle variazioni di significato di queste parole fondamenti che è possibile sviluppare una storia della robotica, per quanto breve, che vada dall’ormai “preistorico” flautista viennese, in grado di incantare gli aristocratici alla corte di Vienna, alle più recenti scoperte e invenzioni dell’intelligenza artificiale. Questo capitolo ha due obiettivi: il primo, come già detto, è quello di delineare un contesto, affinché le riflessioni dei prossimi capitoli possano ancorarsi su qualcosa di solido. Ci si addentrerà nei dettagli tecnici, che spesso sono irrilevanti ai fini di una trattazione filosofica, nella misura in cui ciò sia utile a una migliore definizione dei concetti posti in gioco. Il secondo obiettivo, forse più importante del primo poiché più direttamente implicato nella questione, è quello di preparare il lettore al “salto” di cui abbiamo detto nell’introduzione, ovvero dare quel contesto che dovrà poi essere rimosso dalla messa tra parentesi eidetica richiesta dal metodo fenomenologico. Lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale non è assolutamente qualcosa che si sia evoluto unicamente sul piano dell’ingegneria, a livello di un semplice sviluppo tecnico; al contrario, ogni singolo passo in avanti sul piano della realizzazione pratica è stato anticipato da uno sviluppo fondamentale a livello teorico, e prima ancora filosofico, dove la concezione fondamentale dell’àutoma – il vero termine fondamentale, che soggiace all’intera storia della robotica – è mutata attraverso vari livelli, fino ad arrivare alla concezione attuale, quella dell’automa inteso come androide, iniziata da Alan Turing negli anni ’50 del secolo scorso e confermata in tanti e tanti film di fantascienza che noi tutti conosciamo e abbiamo imparato ad amare. 18

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