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La particolare tutela di cui godono i crediti da lavoro subordinato nel fallimento

Il mio lavoro di ricerca ed analisi empirica intende affondare le sue radici nei principi giuslavoristici contenuti nella nostra Carta Costituzionale, base su cui poggiano i valori del nostro moderno Stato Sociale, per proseguire con la disciplina civilistica circa i crediti da lavoro dipendente e l’analisi del loro soddisfacimento in ipotesi di fallimento. Vedremo come il nostro ordinamento abbia istituito, a tutela di particolari categorie di crediti, specifici strumenti e soluzioni operative, volte alla tutela di quella che è considerata dal diritto del lavoro la “parte debole” dell’obbligazione contrattuale, il lavoratore dipendente.

L’apertura di una procedura fallimentare, purtroppo, non è garanzia di soddisfazione totale dei crediti ammessi al concorso. Essa si protrae nel tempo, a dispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art.111 Cost., ma per poter celebrare l’assolvimento in toto dei crediti ammessi al passivo servirebbe una considerevole liquidazione dell’attivo, con conseguenti riparti favorevoli per la totalità dei creditori; tuttavia una situazione del genere sarebbe meramente idilliaca, e poco probabile dato che comunque stiamo parlando di una procedura fallimentare. L’ormai consolidato protrarsi della procedura fallimentare si pone, piuttosto, in tutta la sua drammaticità, non soltanto avuto riguardo al pregiudizio che essa comporta per tutti i creditori, ma soprattutto perché, nella nuova veste che si è voluta dare all’istituto fallimentare post riforma, non è concepibile che debbano attendersi tanti anni per vederne la conclusione, nell’interesse del mercato, della concorrenza e dell’intera collettività sociale. Il “ritardo della Giustizia” si riflette infatti sia sui costi delle imprese, in conseguenza dei maggiori oneri finanziari che si trovano a dover sopportare, sia sul mancato o comunque ritardato recupero dei crediti vantati verso il fallito. A pochi frutti stanno portando i numerosi richiami subiti dal nostro Paese da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo; la Cassazione continua a disquisire in questa materia, chiarendo come la durata ordinaria di tre anni del processo civile possa replicarsi nel fallimento solo se in questa procedura vi siano pochi creditori, mentre nell’ipotesi di un fallimento più complesso vada tenuto conto di un periodo di sette anni, pari alla durata di sei anni riconosciuti per i tre gradi di giudizio e di un altro anno necessario per la ripartizione dell’attivo.

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43 1.11 LEGITTIMAZIONE ATTIV A ALL’INSINUAZIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE PER CREDITI DI PREVIDENZA INTEGRATIV A Come messo in luce precedentemente, la scelta del nostro Legislatore 65 in materia di tutela verso il lavoratore subordinato in caso di insolvenza del datore di lavoro riguardo le quote destinate a previdenza integrativa è stata quella di garantire non la prestazione erogata dal fondo pensione, ma la sola quota di contributi omessi. A differenza di quanto realizzato per i crediti retributivi ed i contributi per la previdenza obbligatoria, per i quali opera un accollo ex lege del Fondo di Garanzia 66 , per i crediti di 63 Con Sentenza n. 15945 del 16 agosto 2004. 64 Cass. sez. lav. n. 25257 del 14 dicembre 2010. 65 Art. 5 D. Lgs. 80/1992 66 Come analizzeremo nell’apposito capitolo che si focalizzerà sul riparto dei crediti.

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Parole chiave

economia
diritto fallimentare
fallimento
fondo di garanzia
trattamento di fine rapporto
par condicio creditorum
crediti da lavoro subordinato
surroga inps
piano di riparto
insinuazione al passivo

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