L'olio di palma nell'industria agroalimentare
L’olio di palma è il grasso più diffuso sul mercato odierno, prodotto prevalentemente in Indonesia e Malesia ed esportato in Europa, USA, Cina e Giappone. Per controbattere alle polemiche sulla sostenibilità ambientale è stata istituita un’organizzazione con l’obiettivo di produrre olio di palma sostenibile certificato RSPO.
L’olio di palma si estrae dalla pianta Elaeis guineensis Jacq., monocotiledone che trova il suo habitat ideale in zone tropicali caratterizzate da un alto livello di umidità. L’estrazione può essere fatta anche da Elaeis Oleifera con una resa decisamente inferiore.
A partire dal terzo anno dopo la piantagione inizia la raccolta che può avvenire in modo diretto o dopo la caduta dei cocchi a terra.
La prima modalità è migliore in quanto si evitano ammaccature del frutto, possibili zone di attacco da microrganismi indesiderati.
In seguito al trasporto avviene l’estrazione fisica o chimica. In genere si usano presse meccaniche e si ottiene l’olio crudo, colorato, ossidato ed acido che deve andare incontro alla raffinazione.
La raffinazione può essere chimica o fisica. Generalmente si usa il metodo fisico che si articola in tre fasi: degommaggio, decolorazione e deodorazione.
Si prosegue con il frazionamento che ha lo scopo di separare le due frazioni dell’olio: la stearina dall’ oleina, in base agli acidi grassi presenti.
L’olio di palma è costituito da lipidi e composti minori.
Nelle posizioni laterali dei trigliceridi si trova l’acido palmitico che rappresenta il 35- 45% del lipide in esame. Si tratta di un grasso saturo idrolizzato rapidamente dalle lipasi presenti nell’organismo ed espulso tramite le feci. Non bisogna però eccedere con le quantità in quanto i grassi saturi innalzano il livello di colesterolo LDL nel sangue.
In posizione centrale si trovano per il 40% acido oleico e per il 10% acido linoleico.
Il rapporto tra grassi saturi ed insaturi risulta essere bilanciato, fattore favorevole sia dal punto di vista nutrizionale che tecnologico poiché offre una consistenza semi-solida ed una stabilità a lungo termine.
Tra i componenti minori spiccano carotenoidi e tocotrienoli, che proteggono la membrana cellulare dall’ossidazione. In particolare nell’olio grezzo i carotenoidi si trovano in quantità pari a 500- 700 ppm mentre i tocotrienoli 1000- 1200 ppm. Durante la raffinazione il valore scende drasticamente, fino al 50%.
Il maggiore esponente degli steroli è il colesterolo. Il suo livello (18 ppm) però è inferiore rispetto agli altri oli vegetali.
Nei trigliceridi si possono trovare diverse forme cristalline a seconda del punto di fusione degli acidi grassi.
Il polimorfismo permette all’olio di essere versatile nel suo utilizzo.
È ottimo per la frittura in quanto ha un elevato punto di fumo, ma si può trovare anche sotto forma di margarina, grasso da pasticceria ed altri grassi speciali utilizzati come equivalenti del burro di cacao.
Può essere sostituito con grassi di origine animale come il burro, di natura vegetale e lipidi parzialmente idrogenati. Ciascuna alternativa apporta però alcune problematiche a livello economico nel primo caso, salutistico per gli altri.
Si studiano quindi combinazioni tra più ingredienti per ottenere un prodotto con le stesse peculiarità dell’olio di palma ma con ridotto tenore in grassi saturi.
L’olio di palma deve essere consumato con moderazione. Anche se non esiste evidenza che comprovi la correlazione diretta dell’olio di palma con rischio cardiovascolare, insorgenza di tumori ed obesità.
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Informazioni tesi
Autore: | Martina Giovannini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Corso: | Tecnologie Alimentari |
Relatore: | Luisella Roberta Celi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 44 |
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