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Percezione del sé e costruzione di genere tra gli adolescenti. Un contributo di ricerca

Negli ultimi cinquantanni, molti studi hanno proposto una visione dicotomica del femminile e del maschile da usare come concetto-guida per leggere e significare il mondo. Questa, generalmente, va ad influenzare anche il modo con cui le persone si manifestano e vivono nella società, compromettendone la liberà e, talvolta, il benessere. Tramite un'analisi dei principali approcci biologici e (inter)culturali è possibile riscontrare come il rapporto tra Natura e Cultura influenzi il modo "personale e sociale" di essere e di vivere. Questa ricerca esplora come la rappresentazione sociale dei generi sia rappresentata dai discorsi di adulti emergenti e come queste possano influenzare la costruzione del Self-Concept negli aolescenti. Più specificatamente, la presente ricerca qualitativa ha coinvolto 49 persone dai 16 ai 18 anni (25 femmine e 24 maschi), eslporando le loro esperienze e le loro opinioni riguardo aspetti ritenuti caratteristici del genere e la natura dei loro limiti. Infatti, sebbene i partecipanti manifestassero incisive riflessioni riguardo la natura sociale dei generi, i risultati mostrano come, nella maggiorparte dei casi, questa fosse considerata secondaria alla naturale predisposizione. Inoltre, i risultati hanno mostrato come l'interiorizzazione di aspettative sociali influenzi il loro comportamento. Sarebbe, dunque, opportuno promuovere un'educazione al genere in grado di coltivare il pensiero critico e creativo nella persona in formazione: questo, infatti, probabilmente sarebbe il modo più efficace di cambiare le aspettative sociali e le ripercussioni che queste hanno sulla vità del soggetto.

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1 Introduzione Oggi, nel XXI secolo, si fa frequentemente riferimento a fattori pregnanti la quotidianità degli individui (e delle società in cui questi si riuniscono), quali la bramata parità dei sessi, ma, ancor prima, ai costrutti della Maschilità e della Femminilità (i cui articoli determinativi, usati al singolare, appaiono voler sottolineare l’assoluta unicità dei modelli): due mondi spesso dipinti, da un vasto numero di società e durante altalenanti momenti storici, come rappresentanti i due estremi di un continuum, che vede spesso il concepimento come unico (seppur fondamentale) punto di incontro (cfr. MacCormack, Strathern 1995). Questa visione del reale polarizzata sembra trarre le proprie fondamenta da un ipervalutato dimorfismo naturale, che diviene, quindi, il concetto-guida che condurrà il singolo nel percorso di lettura del mondo (sociale) esperito (facilitando, inoltre, un’ambiguità concettuale e ideologica che investe, spesso, i concetti di “genere” e “sesso biologico”). Tale visione viene, inoltre, ulteriormente supportata dalla diffusa tendenza a prendere le teorie deterministe come punto di riferimento: queste, infatti, sollecitano l’individuo a percepire le differenze colte durante un processo di raffronto tra l’uomo e la donna come necessariamente determinate da una predisposizione biologica, che difficilmente può esser mutata (cfr. Benoit-Browaeys, Vidal 2006). Quest’ultima spiega anche l’inclinazione a rilevare come atipiche e spaventose tutte quelle personalità che divergono (su diversi fronti) dai classici modelli predeterminati, che vengono così sottoposte a un processo, più o meno rigido, di degradazione (cfr. Rinaldi 2012). Tuttavia, nonostante permanga l’inclinazione a concepire come assiomi inconfutabili le verità scientifiche (non tenendo conto, dunque, dell’enorme influenza che l’uomo ha su di esse, né dell’enorme dinamismo che caratterizza le teorie scientifiche), si registra, oggi, una maggiore consapevolezza di quanto la società di riferimento vada ad influenzare la vita di un individuo comunque già predisposto biologicamente (cfr. Benoit-Browaeys, Vidal 2006): così, i maschi risulteranno naturalmente capaci di padroneggiare il mondo tecnico-scientifico, sicuri e meno inclini all’autocontrollo; le femmine, di contro, si riveleranno biologicamente predisposte a sviluppare le innate capacità e competenze umanistico-sociali, e maggiormente inclini a manifestare una più profonda attenzione rivolta al proprio “apparire”, tramite un più accurato vestiario e ornamento. Ma basta assumere una prospettiva transculturale per rendersi conto di quanto mutevoli

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