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Il silenzio della pubblicità. Sacralizzazione e desacralizzazione delle immagini pubblicitarie.

La nostra ricerca è basata sul tentativo di interpretare il linguaggio dell’uomo. Con il tempo abbiamo scoperto che i modi attraverso i quali un uomo si esprime sono tanti, e pertanto dobbiamo parlare di altrettanti linguaggi umani.
Abbiamo raggruppato, con l’aiuto di N. Goodman, i linguaggi di espressione umani sotto il nome “linguaggi dell’arte”, e democraticamente sottolineiamo l’importanza di tutti, senza discriminazioni né classificazioni restrittive. Tra di essi abbiamo concentrato l’attenzione sul linguaggio pubblicitario, considerandolo come una forma di comunicazione umana che oggi aspira a diventare una forma d’arte attingendo valori e tradizioni da diversi contesti culturali in una fusion style di contenuti che a volte ci stordiscono. Il nostro scopo è l’interpretazione di un linguaggio che potremmo definire schizofrenico per la sua capacità dinamica di rinnovarsi e adattarsi nel corso del tempo alle esigenze del target ma, allo stesso tempo, alienante rispetto alla propria realtà commerciale. I criteri di interpretazione sono innumerevoli e abbiamo ripreso un approccio ermeneutico-fenomenologico di una filosofia dei linguaggi per criticare la pubblicità come rappresentazione simbolica.
In particolar modo, abbiamo trovato interessante l’aspetto contraddittorio che la pubblicità, è il caso di dirlo, espone nel presentare i propri prodotti. Il suo strumento preferito risulta essere l’immagine, attraverso una sorta di “silenzio voluto” che, se da una parte ha un effetto sacralizzante al pari di un’icona religiosa, dall’altra ne ravvediamo una logica desacralizzazione a causa dell’enfasi dell’esponibilità e dell’eccessivo naturalismo che spesso caratterizza la società contemporanea.
La nostra non vuole essere una semplice critica etica-moralista degli effetti omologanti e dissacranti della pubblicità, ma in un’ottica completamente aperta a cambiamenti di opinione di ogni genere, siamo alla ricerca di una direzione di senso appropriata, il più possibile vicina alla verità.
Nel primo capitolo cercheremo di delimitare il campo di studi, chiarendo la posizione di alcuni apporti teorici riguardanti il ruolo della simbolizzazione nella vita dell’uomo, da un punto di vista storico, artistico e filosofico, preparando il terreno ad una riflessione sulla pubblicità come sistema simbolico. Senza limitarci ad una pura ricerca formale dei simboli, tenteremo così una contestualizzazione del fenomeno pubblicitario nel vasto panorama delle trattazioni filosofiche. Nel secondo capitolo considereremo più da vicino i modi attraverso i quali la pubblicità sacralizza i propri prodotti, i leit-motiv sono: l’identificazione e l’empatia visiva, la metafora, la musica.
Infine, valuteremo tale significato alla luce di una maggiore critica verso la pubblicità come fenomeno di comunicazione di massa, e giudicheremo questo effetto come dissacrante, in relazione al pudore, che rende alla pubblicità la caratteristica di arte dell’esponibilità.

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14 1.2 - Il simbolo: una forma interiore di rappresentazione L’esperienza ermeneutica si “apparenta” al sapere morale, all’essere dell’uomo, cioè ad un sapere teorico che implica anche un agire, un’azione pratico-morale. In particolare, il processo ermeneutico della cristianità può essere identificato come un percorso dal molteplice all’Uno, da una frastagliata e ramificata serie di esegesi si giunge ad una rivelazione totalizzante, la cui pienezza di significato è ravvisabile solo alla fine della storia. Importante il contributo di Agostino d’Ippona, uno dei più grandi teorici del linguaggio, che si è dedicato essenzialmente all’interpretazione della “parola di verità”, accostando la riflessione filosofica ad una propriamente teologica. Agostino introduce la nozione di “memoria”, nel senso di mente, di animus, ossia la capacità dello spirito dell’uomo di possedere certi concetti relativi al mondo fisico e metafisico. La memoria, intesa non solo come facoltà mentale personale di ciascuno di noi, ma anche come memoria storica e collettiva di una comunità, diventa importante perché rappresenta il mezzo attraverso il quale si dà adito a tutte le “voci” interpretative appartenenti a tale comunità, con lo scopo di identificare un simbolo unitario in cui cogliere il significato autentico. Secondo Agostino anzitutto è necessario cogitare; cogito è da “cogo”, e cioè “raccolgo”. Il “raccogliere” è relativo a “gli elementi sparsi contenuti disordinatamente nella memoria” 7 , ossia pensieri, interpretazioni, riflessioni, quindi è un’operazione della mente. Solo in un secondo momento si potrà illuminare, sulla base delle conoscenze depositate in memoria, il senso di verità di tali riflessioni intellettive. Anche qui notiamo questo processo dal molteplice all’Uno che caratterizza la cristianità. Un altro aspetto da sottolineare è indubbiamente “la capacità di ascolto” verso tutte le possibili manifestazioni dei significati della Parola di Dio, altro tratto tipico della 7 Agostino, Confessiones, 10, 11, 18.

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