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Costituzionalismo Risorgimentale e Statuto Albertino

Il presente lavoro vuole illustrare le principali caratteristiche del costituzionalismo italiano nell’età risorgimentale, iniziando a trattare, nella prima parte, le origini e gli aspetti storici che hanno caratterizzato il costituzionalismo nell’età dei lumi. E’ indubbio che il lavoro si basi su un intreccio tra storia e vicende politiche avvenute nel periodo in esame, tra diritto costituzionale e pensiero nell’ambito giuridico che i maggiori esponenti quali Romagnosi, Compagnoni, Gioia, Cuoco e Rossi hanno manifestato. I progetti costituzionali del Settecento rappresentano sicuramente un punto di partenza per l’emanazione di carte costituzionali; a riguardo è stato trattato un apposito paragrafo relativo appunto alle Costituzioni che nel triennio 1796-1799, sono state promulgate nelle varie repubbliche giacobine o “repubbliche sorelle”, quasi tutte sull’impronta francese dovuta alle invasioni napoleoniche.
Successivamente sono stati evidenziati i vari tipi di costituzionalismo risorgimentale italiano; in particolar modo quello democratico, trattando all’uopo i propri esponenti quali Cattaneo, Mazzini e Ferrari, quello di ispirazione cattolica con l’abate Rosmini e Gioberti, per giungere a concludere con la disamina del costituzionalismo moderato con Balbo e D’Azeglio.
Il presente lavoro volge al termine preliminarmente con l’esposizione delle origini e delle principali caratteristiche dello Statuto Albertino, quale prima Costituzione dell’Italia unita e che riassume in sé l’esperienza liberale italiana, dato che nel suo testo si trovano sia l’origine del nostro meccanismo parlamentare, sia l’archetipo del nostro sistema di libertà politiche e civili. Nella memoria politica italiana ormai lo Statuto è sicuramente una Carta dimenticata anche perché allo stesso venne imputata più di una colpa nella caduta del regime liberale: non seppe resistere e non seppe fare da baluardo.
Questa carta fondamentale del regno, redatta in poche riunioni dal Consiglio di Conferenza, venne ufficialmente emanata il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto Re di Sardegna e si consolidò, unica tra le Costituzioni del 1848, a resistere all’ondata restauratrice. La dottrina del tempo in cui lo Statuto fu redatto non conosceva, almeno in Europa, l’idea di una giurisdizione costituzionale. Lo Statuto era però considerato una “legge superiore”. Legge superiore significava che la Carta doveva essere ritenuta quasi una specie di patto supremo, un contratto tra il Re ed il popolo. Questa dottrina costituzionale aveva fondato molte esperienze della vita politica dell’Europa medievale e dell’assolutismo: la “legge fondamentale” era in qualche modo inviolabile in quanto contratto che fissava diritti ed immunità reciproche tra parti che consideravano sacro il proprio accordo. Tanto più se una delle due parti era il Re: la “concessione” era solo formula rituale dell’accordo.
L’elaborato si chiude infine con una esaustiva trattazione relativa all’unificazione legislativa avvenuta nel 1865; attraverso infatti la promulgazione della legge n. 2215 del 2 aprile 1865 era stato possibile, non con poche difficoltà negli ambienti parlamentari, emanare un unico codice civile, un codice di procedura civile, un codice del commercio e della marina mercantile, nonché un codice di procedura penale. Diverso invece il discorso relativo alla promulgazione di un unico codice penale; questa avverrà solo nel 1889 anno in cui detto codice, chiamato comunemente anche “codice Zanardelli” (dal nome di Giuseppe Zanardelli allora ministro di Grazia e Giustizia che ne promosse l’approvazione), e che rimarrà in vigore nel Regno d’Italia sino al 1930.

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- 1 - 1. IL COSTITUZIONALISMO ITALIANO NELL’ETA’ DEI LUMI 1.1 GENESI ED ASPETTI STORICI Nell’introdurre il lavoro che si andrà pian piano a sviluppare attraverso questo elaborato possiamo dire che non esiste una vera e propria storia del costituzionalismo italiano nell’età moderna e per quanto riguarda la nascita delle costituzioni scritte e del relativo pensiero giuridico ad esse afferenti, il caso dell’Italia, mantiene spesso uno spazio marginale e viene affrontato in una prospettiva classica del mito delle origini, alla ricerca di albori costituzionali che si sarebbero manifestati appieno solo nell’età rivoluzionaria e risorgimentale. Sicuramente il Settecento ha rappresentato per la cultura italiana il laboratorio politico nel quale si verificarono tutte le condizioni per superare l’Antico Regime: fu proprio da allora che si poterono gettare le premesse per la nascita di una cultura del buon governo basata su un rapporto nuovo tra politica, diritto e relativo pensiero giuridico, al fine di poter creare uno spirito pubblico ispirato a principi di responsabilità e partecipazione alle decisioni politiche. Questo processo non fu per niente facile: per gran parte del XVIII secolo la penisola italiana fu caratterizzata da numerosissimi assetti territoriali ed istituzionali, da una molteplicità di tradizioni culturali e, come per altri paesi europei, dall’assenza di vere e proprie costituzioni scritte. L’età dei Lumi, intesa come periodizzazione che va dall’inizio del Settecento ai movimenti liberali del primo Ottocento, riflette senza ombra di dubbio una continuità e discontinuità nella storia moderna al fine di poterne cogliere anche i riflessi internazionali della cultura italiana. Questo movimento dei Lumi, caratterizzato da un’ampia circolazione di idee e da una progressiva diffusione della cultura, dalla nascita di luoghi ove le persone potevano socializzare, dall’uso di nuovi

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Parole chiave

statuto
costituzionalismo
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