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1. IL COSTITUZIONALISMO ITALIANO NELL’ETA’ DEI LUMI
1.1 GENESI ED ASPETTI STORICI
Nell’introdurre il lavoro che si andrà pian piano a sviluppare
attraverso questo elaborato possiamo dire che non esiste una vera e
propria storia del costituzionalismo italiano nell’età moderna e per
quanto riguarda la nascita delle costituzioni scritte e del relativo pensiero
giuridico ad esse afferenti, il caso dell’Italia, mantiene spesso uno spazio
marginale e viene affrontato in una prospettiva classica del mito delle
origini, alla ricerca di albori costituzionali che si sarebbero manifestati
appieno solo nell’età rivoluzionaria e risorgimentale. Sicuramente il
Settecento ha rappresentato per la cultura italiana il laboratorio politico
nel quale si verificarono tutte le condizioni per superare l’Antico
Regime: fu proprio da allora che si poterono gettare le premesse per la
nascita di una cultura del buon governo basata su un rapporto nuovo tra
politica, diritto e relativo pensiero giuridico, al fine di poter creare uno
spirito pubblico ispirato a principi di responsabilità e partecipazione alle
decisioni politiche.
Questo processo non fu per niente facile: per gran parte del XVIII
secolo la penisola italiana fu caratterizzata da numerosissimi assetti
territoriali ed istituzionali, da una molteplicità di tradizioni culturali e,
come per altri paesi europei, dall’assenza di vere e proprie costituzioni
scritte. L’età dei Lumi, intesa come periodizzazione che va dall’inizio del
Settecento ai movimenti liberali del primo Ottocento, riflette senza
ombra di dubbio una continuità e discontinuità nella storia moderna al
fine di poterne cogliere anche i riflessi internazionali della cultura
italiana. Questo movimento dei Lumi, caratterizzato da un’ampia
circolazione di idee e da una progressiva diffusione della cultura, dalla
nascita di luoghi ove le persone potevano socializzare, dall’uso di nuovi
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strumenti di comunicazione quali i periodici e la letteratura di consumo,
seppe farsi interprete delle istanze di costituzionalismo moderno,
cercando di raggiungere un pubblico sempre più ampio. In questo
periodo è pertanto possibile riconoscere nella cultura italiana forme di
discontinuità rispetto all’Antico Regime ma anche gli esiti derivanti dal
confronto e dalla mediazione tra modelli politici e costituzionali diversi,
tra la difesa di valori tradizionali e le istanze riformatrici, fra istanze
conservatrici e spinte democratiche di derivazioni illuministica, fino alle
soglie dell’età rivoluzionaria.
Al fine di tracciare al meglio quelle che sono le origini del
costituzionalismo italiano nell’età dei Lumi dobbiamo preliminarmente
accettare il fatto che l’intera cultura europea ha ormai mostrato
consapevolezza che la costituzione non è esclusivamente un fatto o un
atto giuridico, ossia una risposta unicamente tecnica a quelle che sono le
richieste che una società avanza. La costituzione è da considerarsi “in
primis” lo specchio di come si organizza politicamente la società, ossia
una risposta a tutte quelle esigenze che si manifestano in un determinato
momento storico.
Sin dalla metà del secolo scorso, su questa linea si sono mosse
tutte le letture storiografiche che hanno ripreso, sulla scia del magistero
weberiano e schimittiano, le proposte lanciate da Otto Brunner
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, per una
nuova fase costituzionale dell’Occidente. Le sue tesi nascevano
principalmente dalla necessità di riconsiderare la dimensione
autenticamente politica del diritto per aprire alle scienze sociali ed
all’antropologia, nel tentativo di rispondere alla crisi della storiografia
tedesca che non riusciva più a trovare delle vere e proprie radici
ideologiche e certezze istituzionali nella stagione storica intercorrente tra
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Otto BRUNNER nato a Modling nel 1898 e morto ad Amburgo nel 1982 è stato storico
austriaco e professore di storia medievale e moderna dal 1931 a Vienna e successivamente dal
1954 ad Amburgo. Dopo essersi dedicato a ricerche di storia dell’economia e
dell’amministrazione, ha indagato i problemi delle strutture sociali e culturali in Germania e in
Europa tra il medioevo e l’età moderna.
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l’Illuminismo ed il liberalismo. Secondo Brunner bisognava rifiutare
l’approccio alla storia del costituzionalismo praticato dai giuristi, in
quanto ritenuto sostanzialmente “astorico” ed “ideologico” e perché
ispirato a valori cristallizzati incapaci di cogliere l’articolazione reale e
non solo istituzionale delle forze politiche e sociali. L’attenzione perciò
rivolta ai fenomeni sociali ed antropologici del costituzionalismo hanno,
secondo Brunner, aperto nuove prospettive. Non bisognava più studiare
la costituzione esclusivamente sotto un aspetto formale, ma bensì sotto
un aspetto materiale e da qui ampliare l’attenzione sui fatti sociali
trasformando così lo studio della costituzione in una storia molto più
ampia e globale.
Nella sua opera “Il concetto moderno di costituzione e la storia
costituzionale del Medioevo” Brunner condannava il fatto che i Lumi
avessero separato la storia politica dalla storia della cultura. La
rivoluzione francese appariva colpevole di aver interrotto la continuità,
mutilando di fatto la tradizione costituzionale occidentale e
trasformandola in un fenomeno puramente formale, consacrato poi dalle
costituzioni liberali.
Come già sopra evidenziato le vicende del costituzionalismo sono
attraversate sia da elementi di continuità, che tenderebbero a confermare
la teoria del patto politico - teoria di cui si fece portavoce Giuseppe
Gorini Corio – , sia da fattori di trasformazione in vario modo legati alla
crisi dell’Antico Regime. Giuseppe Gorini, attraverso le sue opere,
enunciava una teoria del costituzionalismo chiaramente fondata sull’idea
del patto politico sancito da giuramento-sacramento, ponendo al centro
della riflessione politica, la: «vera politica sì de’ Principi, che de’
particolari»
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. Gorini Corio, forte di una straordinaria erudizione, che
poggiava quasi interamente sull’autorità delle Scritture e dei padri della
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G. GORINI CORIO, Politica, diritto e religione per ben pensare, e scegliere il vero dal falso
in queste importantissime materie, Milano, 1742, pp. 6-7
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Chiesa, spiegava con chiarezza che il fondamento della società risiede in
un patto politico indissolubile tra il popolo ed i governanti, che vincola il
primo ad obbedire ed i secondi all’amministrazione della giustizia, vera
ragion d’essere del loro potere. Questo patto politico veniva sancito da
un giuramento, che non poteva essere sciolto da alcuna autorità senza
l’accordo tra le parti che l’avevano stipulato; inoltre presupponeva la
rinuncia di ciascuno al diritto di farsi giustizia da sé, in nome della legge
naturale intesa come manifestazione prima della volontà di Dio.
In Italia, segnali di interesse verso un cambiamento del pensiero
giuridico e costituzionale si colgono anche attraverso gli echi del
dibattito sull’”Esprit des lois” di Montesquieu, che irruppero nelle teorie
della sovranità e contribuirono a presentarle non più solo come filosofie
della storia, ma come elementi di pensiero costituzionale in grado di
influire direttamente sulle pratiche di governo. Non è facile stabilire con
certezza il tempo e le fasi di queste trasformazioni, ma sicuramente, nel
corso degli anni cinquanta del Settecento, il linguaggio politico subì
straordinarie innovazioni, soprattutto in merito alle categorie di governo
descritte dell’” Esprit des lois” (monarchia, repubblica, dispotismo).
Molti studiosi infatti hanno segnalato che proprio il Settecento è
l’epoca nella quale si assiste, per la prima volta, alla nascita di
un’opinione pubblica corrispondente alle ragioni del costituzionalismo
ove comparvero pratiche culturali prima sconosciute ed il
costituzionalismo venne integrato da norme che garantivano e definivano
i diritti degli individui.
Il costituzionalismo dell’età dei Lumi è caratterizzato quindi da
sopravvivenze e discontinuità: da una parte insisteva su elementi pattizi e
sulla rivalutazione degli antichi corpi intermedi, considerati ancora come
un valido strumento per controllare la sovranità; dall’altro veicolava forti
istanze innovatrici, che tendevano a porre sempre più spesso l’uomo al
centro del discorso politico. L’Illuminismo rappresenta perciò in questo
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senso, il segnale della massima crisi dell’Antico Regime ed il momento
fondativo di un nuovo stile di pensiero, che voleva individuare nella
sovranità della legge, accanto alla sovranità degli uomini, le basi per un
nuovo principio di legalità.
Lo studio del costituzionalismo nella penisola italiana dell’età dei
Lumi impone poi anche di capire quanto il pensiero che andava
delineandosi fosse effettivamente unitario, o cosmopolitico secondo il
linguaggio degli uomini dei Lumi, soprattutto alla luce delle differenti
esperienze degli Stati italiani di Antico Regime. Come ebbe a spiegare
circa quarant’anni fa Franco Venturi, esiste una geografia ed una
cronologia del movimento illuminista anche all’interno della penisola
italiana, riconoscibili persino nella circolazione e nel commercio dei
libri: la documentazione sui rapporti con i librai italiani conservata nel
Luchtmans tarchie presso la Koninklijke Vereniging voor het Boekenvak
ad Amsterdam, che comprende i registri di carico e di vendita dei librai
Luchtmans di Leiden anche per il periodo compreso tra la metà del
Settecento e la prima metà dell’Ottocento, mostra chiaramente la
geografia dei gusti, degli orientamenti e degli interessi nell’acquisto e
nella diffusione dei testo storici, giuridici e politici.
L’età dei Lumi è caratterizzata quindi dal confronto tra il
costituzionalismo dell’Antico Regime, nelle sue differenti accentazioni, e
un costituzionalismo illuministico in lenta evoluzione, che riuscì ad
accomunare intellettuali e uomini di governo intorno a temi importanti
quali la bontà della legislazione, la superiorità della legge sulle pratiche
forensi, la soggezione del giudice alla legge, il divieto d’interpretarla, la
necessità di una riforma delle leggi e dell’intero sistema di
giurisprudenza, entro una cornice che divenne sempre più distintamente
quella della protezione dei diritti dell’uomo.
Nel passaggio dal pensiero all’azione vera e propria e dalla
riflessione intellettuale alla riforma dei sistemi di governo, le spinte