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La questione ebraica e le leggi razziali nel dibattito pubblico italiano degli ultimi trent'anni

Questa tesi è una minuziosa analisi della storia dell'ebraismo italiano e del processo che ha portato all'emanazione delle leggi razziali; nella prima parte infatti si analizzano le leggi stesse e la formazione politico-culturale di Mussolini, dall' inizio, fino a alla repubblica di Salò. Nella seconda parte invece, si analizza il negazionismo come fenomeno revisionista, studiato di caso in caso; la parte finale invece si occupa della legislazione sul negazionismo e della necessità di costruire una memoria del "mai più".

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INTRODUZIONE 1 La questione ebraica e le leggi razziali: le domande attuali L'intento di questo lavoro è quello di provare a fare chiarezza su determinati temi e provare a rispondere a specifiche domande; come si arrivò alla promulgazione delle leggi razziali in un paese che non aveva mai avuto episodi antisemiti? L'atteggiamento del fascismo portò ad un antisemitismo nostrano? O fu più un razzismo coloniale, o meglio ancora, come affermò De Felice, un semplice antisionismo? Proprio la legislazione razzista fu dovuta ad uno spirito di emulazione rispetto ai nazisti, o fu dovuto solo alla diffidenza verso gli ebrei, tipica di un nazionalismo provinciale, timoroso rispetto a tutto ciò che era cosmopolita e internazionale? Sulle leggi razziali esulI' antisemitismo in Italia, si sono sviluppati due dibattiti che cominciano immediatamente al termine della seconda guerra mondiale. Anche se la comunità ebraica italiana ne è stata colpita marginalmente, la Shoah e le deportazioni influenzeranno decisamente il pensiero filosofico e culturale dei decenni successivi. Come affermò la filosofa Hannah Arendt, lo sterminio degli ebrei fu talmente irreale, da sembrare irrazionale. Dopo l'apertura dei cancelli di Auschwitz, la storia mondiale, non solo quella occidentale, non sarebbe stata più la stessa; questo evento diventava lo spartiacque della storia moderna; da qui in poi, diversi atteggiamenti non dovevano essere mai più ripetuti. Lo sterminio non fu un caso isolato, ma fu un punto di arrivo; l'odio per i semiti era radicato nei secoli, spesso senza nessuna prova tangibile. Lo sterminio fu talmente banalizzato, che Adolf Eichmann' durante il suo process0 2 , affermò che dal punto di vista della giurisdizione del periodo nazista, lui non aveva fatto niente di male, ma aveva solamente obbedito ad ordini superiori; inoltre dichiarò che egli "si sentiva colpevole dinanzi a Dio e non dinanzi alla legger I Ufficiale tedesco considerato il maggior responsabile dello sterminio ebraico 2 Iniziato a Gerusalemme nel 1961 3 Hannah Arendt, la banalità del male, Feltrinelli, 1963, pp . .29 3

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