Brutalità poliziesca ed uso eccessivo della forza: il lato oscuro del distintivo di polizia. Analisi storico-sociologica
Con “brutalità poliziesca” si indicano generalmente contesti di violenza sia fisica che psicologica, repressione, abuso di potere, corruzione, violenze di matrice sessuale, uso eccessivo della forza, discriminazioni razziali ed altri comportamenti intimidatori, posti in essere dalle forze dell’ordine. L’utilizzo della forza fisica, per quanto “scomodo” è inscritto nella stessa costellazione cromosomica di un’istituzione pubblica, come quella delle forze dell’ordine, che assume come funzione biologica giustificante la sua medesima esistenza quella di assicurare e mantenere la sicurezza e il rispetto delle leggi per determinare pacifica convivenza per la popolazione di una società. Ciò sta ad indicare che l’ideale supremo di sicurezza, a determinate condizioni specifiche è destinato a sopraffare quello di integrità fisica e morale di determinati soggetti che mettono a rischio quella pacifica convivenza di cui sopra.Ma come spiegare se ad inficiare questo ameno ideale di pacifica coabitazione sono coloro che per ufficio sono tenuti al suo rispetto? Il confine tra un ruolo di controllore della legalità ed un ruolo di suo primo violatore è, purtroppo sempre più sottile e si assottiglia sempre più, paradossalmente in nome della “sicurezza” degli stessi cittadini che patiscono sulla propria pelle, ossa e sulle loro menti, i tragici sintomi di una società che esperisce oramai uno stadio avanzato e degenerativo della più triste delle malattie strutturali. Questa è la più orribile e spaventosa diagnosi sociale che potremmo fare: uno Stato che calpesta i diritti dei cittadini, talvolta fino a procurarne la morte. L’obiettivo di questa dissertazione è proprio quello di comprendere questo sottile confine tra legalità ed illegalità in un contesto tanto delicato quanto pericoloso come quello del lavoro di polizia. Scoprire, pertanto, come e perchè si manifesta un fenomeno di brutale uso della forza ingiustificata ed eccessiva da parte degli agenti di polizia ed, al tempo stesso inserirlo non solo in una solida cornice normativa ma anche cercare di comprendere quali possano essere le strategie più consone ad una sua prevenzione. Tutto ciò attraverso una metodologia descrittiva e compilativa di fatti di cronaca reale, attraverso il ricorso ai più eclatanti casi che hanno sconvolto l’opinione pubblica internazionale e di casa nostra. La posizione di questa dissertazione, in conclusione, è che l’unico modo per affrontare in maniera preventiva e repressiva questo fenomeno è quello di creare una nuova cultura di polizia, non più fondata sulla distanza con la comunità, su quella mentalità “Us vs Them” ma bensì fatta di reciproca conoscenza, comprensione e cooperazione tra le due realtà della sicurezza, ossia la polizia e la comunità. Quello che si vuole promuovere è che la “malapolizia” esiste : bombardati fisicamente o mediaticamente come lo siamo al giorno d’oggi, di cruente e sanguinose notizie riguardanti abusi di potere posti in essere dalle forze dell’ordine, non possiamo certo negarlo. Ciò, però, non può e non deve trarre in inganno e catalizzare unicamente sentimenti negativi d’odio, di terrore, di angoscia, di ribrezzo e di vendetta nei confronti di un’istituzione il cui obbligo e compito primo è quello di proteggere la cittadinanza, di salvaguardare la vita e la sicurezza di tutti noi e che, in questo contesto storico in cui viviamo, ha bisogno della cooperazione di ognuno di noi.
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Informazioni tesi
Autore: | Leonardo Paradiso |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Politiche "Roberto Ruffilli" |
Corso: | Scienze Criminologiche per l'Investigazione e la Sicurezza |
Relatore: | Ugo Terracciano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 124 |
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