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L'accertamento fiscale basato sul redditometro

Il potere di imposizione dell'ufficio viene esercitato mediante atti autoritativi diretti al contribuente, quali gli avvisi di accertamento disciplinati dal D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973.
Con tali atti si procede alla rideterminazione dell'imponibile e dell'imposta, in misura diversa da quella indicata dal contribuente in sede di dichiarazione, ovvero mediante determinazione ex officio in caso di omessa dichiarazione.
La facoltà di determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente era contemplata già nel testo originario dell'art. 38 del decreto sopra citato e, con essa, quella di ricorrere al meccanismo presuntivo meglio noto come "redditometro".
L'Amministrazione fiscale ha tuttavia sempre stentato ad avvalersi di questa facoltà, nonostante la stessa rappresenti lo strumento più rilevante per contrastare adeguatamente la micro-evasione dell'imposta personale sui redditi, tanto diffusa nel nostro Paese. Per tanti anni (più o meno 35) nessuno si è interrogato più di tanto sulle ragioni di questa renitenza, passando del tutto inosservata la circostanza che, rispetto ad una platea di decine di milioni di contribuenti, l'accertamento cosiddetto "sintetico" venisse riservato a poche migliaia di posizioni l'anno.
Lo stesso "redditometro" rappresentava una sorta di icona, platealmente obsoleta, delle cui origini si era praticamente persa traccia e che si continuava ad applicare meccanicamente e, come detto, assai sporadicamente. Di fatto, qualche malcapitato si vedeva recapitare un avviso di accertamento basato su coefficienti moltiplicatori elaborati molti anni addietro ma puntigliosamente aggiornati, secundum legem, con cadenza periodica.
A questa paradossale situazione ha cercato di porre rimedio il decreto legge n. 78 del 2010 e il relativo decreto di attuazione D.M. 24 dicembre 2012, che ha completamente rivisitato l'istituto in questione, rendendone assai più agevole l'applicazione da parte degli uffici fiscali nel momento in cui lo incardina sulla equazione "spesa sostenuta uguale reddito prodotto" salva la prova contraria da parte del contribuente.
La rivisitazione ha poi riguardato anche il meccanismo presuntivo del "redditometro", alternativo a quello basato sulle spese sostenute nel periodo d'imposta. Ed è questa senz'altro l'innovazione più importante, in quanto converte il meccanismo presuntivo in un potentissimo strumento di prevenzione dell'evasione, prima ancora che di repressione.
Il vecchio "redditometro", basato su pochissimi elementi indicativi di capacità contributiva, aveva infatti ben poche chances di persuadere l'evasore fiscale. Anche i più sprovveduti si rendevano conto di come lo stesso pervenisse a risultati aleatori che, in quanto tali, difficilmente avrebbero indotto il Fisco a puntare un faro sulla loro reale situazione contributiva.
Partendo da decine di elementi espressivi di potenzialità economica e mediante analisi statistiche condotte sull'universo dei contribuenti persone fisiche, il nuovo strumento consente infatti di desumere, in modo sufficientemente affidabile, le relazioni esistenti tra quegli elementi ed il reddito del nucleo familiare.
L'accertamento "redditometrico" potrà basarsi solo sugli elementi di spesa certi abbinati a quelli stimati annualmente dall'ISTAT per voci di spesa, per loro natura, difficilmente conoscibili (spesa alimentare, per abbigliamento, per il tempo libero e così via).
È stato, infatti, notevolmente ampliato il numero e la significatività delle spese considerate, che sono state correlate alla tipologia del nucleo familiare e all'area territoriale di appartenenza, abbandonando la logica dei moltiplicatori applicati ad un numero ristretto di voci.
A livello normativo sono state introdotte maggiori garanzie per il contribuente, stabilendo l'obbligo del contraddittorio preventivo come momento centrale e indefettibile del procedimento di imposizione e allargando l'area della prova contraria.

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- 4 - INTRODUZIONE L’anima dell’uomo ha tre chiavi che aprono tutto: la cifra, la lettera, la nota. Sapere, pensare, sognare. V. Hugo L’evasione fiscale rappresenta lo strumento più datato e diffusamente utiliz- zato dai contribuenti, per alleggerire il carico fiscale a cui sono assoggettati dallo Stato. Tale fenomeno da molti anni ha assunto una dimensione rilevante e ciò è do- vuto all’eccessiva pressione fiscale e all’inefficacia dei sistemi di controllo. Laddove venga messa in atto una pratica elusiva o addirittura evasiva da par- te del contribuente, si viola il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, il quale prevede che: «tutti sono tenuti a concorrere alle spe- se pubbliche in ragione della loro capacità contributiva»; questo principio è un limi- te per il legislatore alla creazione di norme tributarie, ma anche una norma cardine del sistema tributario. In tale articolo si afferma il principio della legittimità costituzionale dell’imposizione tributaria e correlativamente anche quello della doverosità alla contribuzione, cioè del concorso dei privati alle spese pubbliche. Nella norma in esame trova, inoltre, espressione il principio di universalità del tributo, che, in relazione all’articolo 3 della Costituzione, sancisce il principio di uguaglianza e afferma che i tributi devono colpire tutti i soggetti, naturalmente ri- correndone i presupposti per l’applicazione, senza distinzioni o privilegi o discrimi- nazioni. In secondo luogo la norma afferma che il concorso alle spese pubbliche deve avvenire in ragione della capacità contributiva dei soggetti passivi. La fattispecie evasiva, di cui manca una definizione nel nostro ordinamento, si realizza quando, venendo ad esistenza il presupposto d’imposta ed avendo il sog- getto passivo assoluta consapevolezza che la legge riconnette un obbligo sostanzia-

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fisco
accertamento fiscale
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