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INTRODUZIONE
L’anima dell’uomo ha tre chiavi che aprono tutto:
la cifra, la lettera, la nota.
Sapere, pensare, sognare.
V. Hugo
L’evasione fiscale rappresenta lo strumento più datato e diffusamente utiliz-
zato dai contribuenti, per alleggerire il carico fiscale a cui sono assoggettati dallo
Stato. Tale fenomeno da molti anni ha assunto una dimensione rilevante e ciò è do-
vuto all’eccessiva pressione fiscale e all’inefficacia dei sistemi di controllo.
Laddove venga messa in atto una pratica elusiva o addirittura evasiva da par-
te del contribuente, si viola il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo
53 della Costituzione, il quale prevede che: «tutti sono tenuti a concorrere alle spe-
se pubbliche in ragione della loro capacità contributiva»; questo principio è un limi-
te per il legislatore alla creazione di norme tributarie, ma anche una norma cardine
del sistema tributario.
In tale articolo si afferma il principio della legittimità costituzionale
dell’imposizione tributaria e correlativamente anche quello della doverosità alla
contribuzione, cioè del concorso dei privati alle spese pubbliche.
Nella norma in esame trova, inoltre, espressione il principio di universalità
del tributo, che, in relazione all’articolo 3 della Costituzione, sancisce il principio di
uguaglianza e afferma che i tributi devono colpire tutti i soggetti, naturalmente ri-
correndone i presupposti per l’applicazione, senza distinzioni o privilegi o discrimi-
nazioni.
In secondo luogo la norma afferma che il concorso alle spese pubbliche deve
avvenire in ragione della capacità contributiva dei soggetti passivi.
La fattispecie evasiva, di cui manca una definizione nel nostro ordinamento,
si realizza quando, venendo ad esistenza il presupposto d’imposta ed avendo il sog-
getto passivo assoluta consapevolezza che la legge riconnette un obbligo sostanzia-
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le alla realizzazione di una determinata fattispecie, si ha un tentativo di ridurre to-
talmente o parzialmente il suddetto obbligo d’imposta per mezzo di azioni o omis-
sioni.
Il tema dell’evasione rappresenta un momento centrale di ogni politica fisca-
le che mira all’eliminazione dell’erosione della base imponibile e soprattutto ad un
maggiore equità.
Tale fenomeno rappresenta una delle tipiche forme di reazione del contri-
buente ai propri obblighi tributari, soprattutto in periodi di depressione economica
come quello in cui stiamo attraversando, in cui la diminuzione della capacità contri-
butiva rende intollerabile l’anelastica pressione fiscale esistente.
Gli effetti derivanti da tali comportamenti vanno però al di là dell’immediato
danno economico che subisce l’Erario, poiché ad essere veramente danneggiati so-
no sempre i contribuenti, i quali scontano l’onere derivante dall’altrui inadempi-
mento degli obblighi tributari sotto forma di nuove imposte o aumento delle aliquo-
te.
Di fronte a tale scenario l’Amministrazione Finanziaria deve controllare con-
tinuamente ogni singolo contribuente, al fine di verificare il suo corretto adempi-
mento dinanzi al carico tributario impostogli dallo Stato, dando vita ad una azione di
contrasto all’evasione fiscale.
Il potere di imposizione dell’Ufficio viene esercitato mediante atti autoritati-
vi diretti al contribuente, quali gli avvisi di accertamento disciplinati dal D.P.R. n.
600 del 29 settembre 1973.
Con tali atti si procede alla rideterminazione dell’imponibile e dell’imposta,
in misura diversa da quella indicata dal contribuente in sede di dichiarazione, ovve-
ro mediante determinazione ex officio in caso di omessa dichiarazione.
La facoltà di determinare sinteticamente il reddito complessivo del contri-
buente era contemplata già nel testo originario dell’art. 38 del decreto sopra citato
e, con essa, quella di ricorrere al meccanismo presuntivo meglio noto come “reddi-
tometro”.
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L’Amministrazione Fiscale ha tuttavia sempre stentato ad avvalersi di questa
facoltà, nonostante la stessa rappresenti lo strumento più rilevante per contrastare
adeguatamente la micro-evasione dell’imposta personale sui redditi, tanto diffusa
nel nostro Paese. Per tanti anni (più o meno 35) nessuno si è interrogato più di tan-
to sulle ragioni di questa renitenza, passando del tutto inosservata la circostanza
che, rispetto ad una platea di decine di milioni di contribuenti, l’accertamento co-
siddetto “sintetico” venisse riservato a poche migliaia di posizioni l’anno.
Lo stesso “redditometro” rappresentava una sorta di icona, platealmente
obsoleta, delle cui origini si era praticamente persa traccia e che si continuava ad
applicare meccanicamente e, come detto, assai sporadicamente. Di fatto, qualche
malcapitato si vedeva recapitare un avviso di accertamento basato su coefficienti
moltiplicatori elaborati molti anni addietro ma puntigliosamente aggiornati, secun-
dum legem, con cadenza periodica.
A questa paradossale situazione ha cercato di porre rimedio il decreto legge
n. 78 del 2010 e il relativo decreto di attuazione D.M. 24 dicembre 2012, che ha
completamente rivisitato l’istituto in questione, rendendone assai più agevole
l’applicazione da parte degli uffici fiscali nel momento in cui lo incardina sulla equa-
zione “spesa sostenuta uguale reddito prodotto” salva la prova contraria da parte
del contribuente.
La rivisitazione ha poi riguardato anche il meccanismo presuntivo del “reddi-
tometro”, alternativo a quello basato sulle spese sostenute nel periodo d’imposta.
Ed è questa senz’altro l’innovazione più importante, in quanto converte il meccani-
smo presuntivo in un potentissimo strumento di prevenzione dell’evasione, prima
ancora che di repressione.
Il vecchio “redditometro”, basato su pochissimi elementi indicativi di capaci-
tà contributiva, aveva infatti ben poche chances di persuadere l’evasore fiscale. An-
che i più sprovveduti si rendevano conto di come lo stesso pervenisse a risultati
aleatori che, in quanto tali, difficilmente avrebbero indotto il Fisco a puntare un faro
sulla loro reale situazione contributiva.
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Partendo da decine di elementi espressivi di potenzialità economica e me-
diante analisi statistiche condotte sull’universo dei contribuenti persone fisiche, il
nuovo strumento consente infatti di desumere, in modo sufficientemente affidabile,
le relazioni esistenti tra quegli elementi ed il reddito del nucleo familiare.
L’accertamento “redditometrico” potrà basarsi solo sugli elementi di spesa
certi abbinati a quelli stimati annualmente dall’ISTAT per voci di spesa, per loro na-
tura, difficilmente conoscibili (spesa alimentare, per abbigliamento, per il tempo li-
bero e così via).
È stato, infatti, notevolmente ampliato il numero e la significatività delle
spese considerate, che sono state correlate alla tipologia del nucleo familiare e
all’area territoriale di appartenenza, abbandonando la logica dei moltiplicatori ap-
plicati ad un numero ristretto di voci.
A livello normativo sono state introdotte maggiori garanzie per il contri-
buente, stabilendo l’obbligo del contraddittorio preventivo come momento centrale
e indefettibile del procedimento di imposizione e allargando l’area della prova con-
traria.
Risulta evidente, in definitiva, come si tratti di un grosso passo avanti, anche
in termini di civiltà giuridica, rispetto al previgente istituto, perché, allora, sono sta-
te manifestate tante preoccupazioni se lo strumento è più attendibile e trasparente
di quello già utilizzato da svariati decenni? Le criticità sono correlate essenzialmente
a vari ordini di considerazioni.
La prima riguarda le tanto novellate medie ISTAT, se superiori ai costi di cui
risulta l’effettivo sostenimento. È sorta, di conseguenza, la preoccupazione che ri-
sulti eccessivamente difficoltoso per il contribuente fornire la prova di non aver ef-
fettuato le spese imputate presuntivamente, alimentata anche dalla infondata con-
vinzione che sia necessario conservare la documentazione per ogni tipo di acquisto,
anche di modesta entità.
La soppressione della norma in base alla quale gli investimenti (quali quelli
immobiliari) si consideravano effettuati con i redditi dell’anno e dei 4 precedenti ha
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poi suscitato il timore che non risulti possibile dimostrare che è stato utilizzato il ri-
sparmio accumulato nel corso del tempo.
Ulteriori interrogativi sono poi posti in merito alle presunzioni si sui si fonda
lo strumento accertativo, i profili di legittimità costituzionale, per continuare poi
sulle questioni inerenti alla privacy e alle difficoltà di imputare redditi in capo al nu-
cleo familiare.
Più che un esame sul funzionamento di tale meccanismo di accertamento, il
mio lavoro è stato incentrato sugli aspetti più critici e delicati di esso; se dopo la ri-
forma abbiamo assistito ad un notevole miglioramento del “redditometro”, lo stes-
so presenta ancora delle problematiche ma si si confida sarà applicato con compe-
tenza e buon senso affinché questo importante metodo di accertamento venga ap-
plicato nel modo più efficace e, al tempo stesso, rispettoso dei diritti dei contri-
buenti.
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CAPITOLO I
NORMATIVA E AMBITO DI APPLICAZIONE NELLA DISCIPLINA
PREVIGENTE
SOMMARIO: 1.1 Premessa. - 1.2 La rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche. - 1.3 Il quadro
normativo e la sua evoluzione. - 1.4. I presupposti per l’applicazione dell’accertamento sintetico. -
1.5 La natura delle presunzioni nell’accertamento sintetico. - 1.6 Questioni di legittimità costituziona-
le.
1.1 Premessa
I controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate sui redditi delle persone fisi-
che vengono disciplinati dall’articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel quale si indi-
viduano due tipologie di controllo: l’accertamento analitico e l’accertamento sinte-
tico. In merito a tali tipologie di verifica, negli anni si è posto un problema di coordi-
namento nell’utilizzo dei due metodi
1
. L’accertamento analitico, previsto nei primi
tre commi della norma in esame, viene eseguito sui dati in possesso dell’ufficio rie-
laborati anche mediante presunzioni semplici
2
, purché gravi, precise e concordanti.
L’accertamento sintetico, disciplinato nei commi quattro e seguenti, prevede una
tipologia di controllo di natura induttiva, senza tenere previamente in considerazio-
ne la fonte produttiva di reddito, potendo così recuperare a tassazione anche reddi-
ti di fonte sconosciuta.
Nella sua originaria formulazione l’articolo 38 privilegiava l’accertamento
analitico, facendo sì che a presupposto del legittimo esperimento della rettifica in
via sintetica vi fosse una preventiva rideterminazione analitica del reddito comples-
1
V. in tal senso G. TESAURO, L’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche: teoria giuridica e prassi
degli Uffici, in Boll. trib., 1981, 491 ss. Cfr. A. FANTOZZI, I presupposti dell’accertamento sintetico e induttivo, in
Riv. not., 1977, 895, secondo cui il ricorso all’accertamento sintetico era subordinato al preventivo riscontro
dell’inattendibilità di quello analitico, stabilendo una necessaria antecedenza logica del controllo analitico, per
vedere se quest’ultimo riusciva a rispecchiare l’effettiva capacità contributiva del soggetto. Nel caso in cui il me-
todo analitico non fosse stato in grado di evidenziare l’effettiva capacità contributiva, si procedeva con la de-
terminazione sintetica.
2
Art. 2729 c.c.: «Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non de-
ve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti».