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Cinema e cultura delle differenze

La convivenza con il diverso, fenomeno ormai largamente diffuso nelle società contemporanee, pone problemi tali da non poter essere più ignorati. Da tempo anche la riflessione pedagogica è stata investita del compito di riflettere ed elaborare un apparato pratico-teorico in grado di favorire la comprensione del fenomeno dell'alterità e dell'intercultura. Il tema della diversità, ampliamente discusso a livello scientifico non soltanto nelle scienze sociali ma anche in quelle discipline volgarmente note come "scienze dure", è frequentemente oggetto di discussione in ambito mediatico nonché nelle conversazioni quotidiane. Questo elaborato focalizza la ricerca intorno al cinema. Esso, in quanto sistema complesso, ben riflette la realtà in cui viviamo con tutte le sue contraddizioni, inquietudini, incertezze e differenze e costituisce quindi un mezzo per immergersi nella realtà. Questa definizione del cinema consente di ripensarne il ruolo formativo, in quanto parte della vita e della cultura contemporanea. Questa tesi si propone un duplice intento. In primo luogo, si propone di evidenziare le possibili relazioni e le reciproche interdipendenze che connettono il cinema, la differenza e la formazione. Non si tratta di difendere un'incondizionata positività del cinema o una sua valenza indiscutibilmente educativa, bensì di porsi criticamente di fronte ad uno dei media che caratterizzano ormai l'universo quotidiano dell'individuo connotandone, dunque, il contesto formativo. Si è cercato di evidenziare, in un'ottica dell'educazione alle differenze, sia l'incidenza del cinema sul processo formativo degli individui, sia, viceversa, le influenze che la formazione e la cultura di provenienza propria degli spettatori esercitano sulla costruzione dei significati nel processo di interpretazione del film stesso. La proiezione cinematografica permette allo spettatore di entrare in contatto con se stesso, con i propri pensieri, con la propria identità attraverso un gioco di proiezioni e identificazioni. Questa caratteristica del cinema ha contribuito alla costruzione di nuove identità che prendono ininterrottamente forma nell'incontro con la diversità che è possibile cogliere ora nell'altro da sé, ora in se stessi. L'educazione alle differenze, pertanto, non costituisce solo una delle emergenze dell'educazione contemporanea, bensì l'elemento cardine della formazione intesa come trasformazione. È nell'incontro con ciò che è "altro", "diverso" che si aprono gli spazi del possibile e, dunque, del cambiamento trasformativo. In secondo luogo questa tesi si propone di costruire un'educazione che sappia formare gli individui a "pensare la diversità" ed a "dialogare" con chi è a vario titolo diverso. Infatti ogni individuo, con le sue peculiarità, è sempre diverso da un altro, ma questa diversità non è oggettivamente data: essa dipende infatti dalle categorie interpretative che vengono utilizzate per conoscerla. In questo elaborato il cinema non viene considerato un semplice supporto visivo e documentaristico ma uno strumento di educazione efficace e intenzionale finalizzato allo sviluppo di competenze interculturali e non.
L'impulso all'elaborazione di questa tesi è stata la convinzione dell'urgenza di un'educazione alle differenze e della necessità di costruire a tal fine un itinerario formativo ed educativo realmente efficace e realizzabile. La pedagogia è alla ricerca di strumenti e di strategie che possano favorire quella trasformazione degli individui e quell'incontro fra soggettività diverse che costituiscono un arricchimento per il singolo e per la società nel suo complesso. Strategie e strumenti fondati su esperienze libere ed autentiche la cui caratterizzazione ludica e creativa ne amplifica l'efficacia formativa. Tale caratteristica sottolinea la necessità di investire nel ruolo del soggetto in formazione, considerandolo protagonista del processo formativo e quindi capace di costruire consapevolmente il proprio itinerario di crescita formativa.

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8 1.1 LA TRASFORMAZIONE IN SENSO MULTICULTURALE DELLA SOCIETÀ La trasformazione in senso multiculturale della società europea è iniziata dapprima nei Paesi del nord Europa 3 , circa quarant’anni fa, per poi estendersi verso quelli del sud Europa negli anni successivi interessando in particolare l’Italia e la Spagna. L’elemento più rilevante di questa metamorfosi è la presenza di immigrati che provengono da ogni parte del mondo che ha interrotto l’equilibrio sociale ponendo in essere delle problematiche rilevanti che hanno suscitato l’attenzione degli studiosi. Un problema importante riguarda l’ansia e l’angoscia causata dal fenomeno dell’immigrazione nelle persone autoctone 4 , infatti si tende a far coincidere il problema della micro-criminalità con quello dell’immigrazione clandestina 5 , ed un altro problema di grande rilevanza è derivato dalla presenza di ragazzi stranieri nelle scuole. Gli insegnanti infatti devono cercare di far convivere giorno dopo giorno nella stessa classe ragazzi di culture molto diverse. La crescita del numero di ragazzi stranieri nelle classi del nostro paese ha permesso lo sviluppo di diversi studi sull’intercultura. Negli anni ’70 infatti si è diffusa la “pedagogia per stranieri” 6 . È stata così denominata in quanto gli studi di questa disciplina si sono concentrati sull’integrazione dell’immigrato e sulle trasformazioni che riguardavano l’inserimento in una società nuova. A metà degli anni novanta si arriva ad una ridefinizione di questa disciplina, non si parla più di pedagogia per gli stranieri ma di pedagogia interculturale poiché gli studi non riguardano solo il processo di integrazione dell’immigrato ma anche e soprattutto i processi di trasformazione 3 In particolare la Germania e la Svizzera che erano i Paesi più industrializzati; Cfr. W. WALLNOFER, Pedagogia interculturale, Bruno Mondadori, 2000 p.24 4 G. DI CRISTOFARO LONGO, Cultura, salute, immigrazione: una analisi interculturale, Armando Editore, 1995 p. 56 5 M. BARBAGLI, Immigrazione e criminalità in Italia, Armando Editore, 1998 pp. 89-100 6 M.L. IAVARONE-V. SARRACINO- M. STRIANO, Questioni di pedagogia sociale, Franco Angeli, Milano 2000, p.119; Cfr. W. WALLNOFER, Op. Cit. pp. 24, 29

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