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Les banlieues parisiennes, quartiers d'exil

Nel novembre del 2005 la morte di due giovani inseguiti dalla polizia e le provocazioni dell'allora ministro degli interni Sarkozy hanno scatenato in tutta la Francia la più forte rivolta delle periferie che il paese abbia mai conosciuto.
L'incendio di migliaia di automobili, scuole ed imprese è venuto a lacerare il velo sull'ipocrisia della beneficenza e sui bei discorsi riguardo alle zone di confine, su una crisi sociale che covava da molto tempo. Trenta anni di politiche inutili contro la disoccupazione, per «l'integrazione», «le pari opportunità», una «politica della città» di cui l'ultima parola è la repressione.
Nella prima parte di questo elaborato ho ricostruito il percorso storico ed urbano delle banlieues, ponendo maggior attenzione a quelle caratterizzate dai Grands Ensembles (Hlm), che sono state lo scenario degli scontri del 2005.
Il problema delle periferie è cominciato fin dal dopoguerra, quando migliaia di immigrati si ammucchiavano nelle bidonville per ricostruire la Francia devastata. Venivano assunti per i lavori i più faticosi, i più male pagati, ma le misere case dei quartieri popolari, comparate alle baracche fangose ed insalubri, furono per essi come un assaggio di paradiso.
L'assenza di diritti, le condizioni di lavoro, di stipendio e di alloggio aggravate dall'inflazione provocarono conflitti, che padroni e sindacati si accordarono per deviare verso rivendicazioni socio-culturali e religiose.
Nella seconda parte ho approfondito il panorama delle varietà linguistiche contemporanee del francese e, in particolare, la sua evoluzione nella lingua di tutti i giorni, in un ambiente molto fertile come quello della periferia parigina, in particolare la periferia nord, luogo di residenza di molti immigrati, nonché di molte gangs giovanili. Il francese standard, lingua ufficiale della nazione, è ben diverso dalla lingua che troviamo recandoci nel paese, vivendo a contatto con le persone che vi abitano. Le variazioni linguistiche che si possono incontrare sono molteplici; il francese di tutti i giorni riunisce in sé il francese familiare, quello popolare, le varietà della lingua scritta e di quella parlata. In periferia inoltre, entrano in gioco in forma massiccia anche le lingue d’immigrazione, da una parte, e le pratiche linguistiche giovanili, come l’argot e il verlan, che contribuiscono a far apparire questa lingua come praticamente sconosciuta, agli occhi di uno straniero che l’ha studiata e vuole metterla in pratica. Ho attribuito maggiore rilevanza al verlan, la lingua dei giovani, che consiste nell’inversione sillabica delle parole, a simbolo di un’identità capovolta, dell’imperante bisogno di criptare i messaggi, per la sola comprensione degli appartenenti al gruppo di cui fanno parte. Nella terza ed ultima parte del mio elaborato ho voluto approfondire alcune delle probabili cause delle rivolte del 2005, o almeno quelle ritenute da molti studiosi come più importanti.

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4 Nel novembre del 2005 la morte di due giovani inseguiti dalla polizia e le provocazioni dell'allora ministro degli interni Sarkozy hanno scatenato in tutta la Francia la più forte rivolta delle periferie che il paese abbia mai conosciuto. L'incendio di migliaia di automobili, scuole ed imprese è venuto a lacerare il velo sull'ipocrisia della beneficenza e sui bei discorsi riguardo alle zone di confine, su una crisi sociale che covava da molto tempo. Trenta anni di politiche inutili contro la disoccupazione, per «l'integrazione», «le pari opportunità», una «politica della città» di cui l'ultima parola è la repressione. Tutti i governi hanno avuto un loro piano contro la disoccupazione. Molti designano questo flagello come la causa prima delle sommosse. Ciò che nessuno ha detto, è che nessuno piano ha mirato mai a vincere la disoccupazione, ma a contenerla, organizzarla sempre più, sfruttarla per esercitare una maggiore pressione sui salari, una migliore flessibilità del lavoro ed una concorrenza efficace tra i lavoratori. Tale è la legge della produzione capitalista, il ruolo di ciò che Marx chiamò «l'esercito industriale di riserva». Non c'è dunque da aspettarsi uguaglianza da un sistema che si basa interamente sulla concorrenza ed il profitto. Si fermano qui tutti i discorsi di solidarietà e di integrazione. Non hanno per scopo che mantenere una fragile pace sociale sulla quale vegliano educatori e poliziotti. Nella prima parte di questo elaborato ho ricostruito il percorso storico ed urbano delle banlieues, ponendo maggior attenzione a quelle caratterizzate dai Grands Ensembles (Hlm), che sono state lo scenario degli scontri del 2005. Il problema delle periferie è cominciato fin dal dopoguerra, quando migliaia di immigrati si ammucchiavano nelle bidonville per ricostruire la Francia devastata. Venivano assunti per i lavori i più faticosi, i più male pagati, ma le misere case dei quartieri popolari, comparate alle baracche fangose ed insalubri, furono per essi come un assaggio di paradiso. L'assenza di diritti, le condizioni di lavoro, di stipendio e di alloggio aggravate dall'inflazione provocarono conflitti, che padroni e sindacati si accordarono per deviare verso rivendicazioni socio-culturali e religiose. Nella seconda parte ho approfondito il panorama delle varietà linguistiche contemporanee del francese e, in particolare, la sua evoluzione nella lingua di tutti

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