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La mercificazione della donna: analisi del testo pubblicitario

La pubblicità propone oggi una donna vincente e mai stanca, imbattibile sul lavoro e nella cura della casa e della famiglia: una professionista che non ha alcun problema a viaggiare tutto il giorno per lavoro in tailleur e tacchi a spillo, tornare a casa, fare le pulizie in un batter d’occhio, andare a prendere i bambini, cucinare loro la cena e farsi trovare splendida, riposata e vestita sexy per il marito di ritorno dall’ufficio. Questa donna chiaramente è un simulacro, una donna che in realtà non esiste se non in rarissimi casi. Quale donna può svolgere tutte queste attività senza mostrare segni di stanchezza, cattivo umore, stress o svogliatezza? Dopo cosi tante ore di lavoro, la spesa, i figli, le faccende, è davvero difficile prendersi anche cura del proprio aspetto fisico, ma queste sono le condizioni cui la società impone alla donna di sottostare, se vuole ritenersi perfetta. La perfezione è il nuovo ideale cui bisogna aspirare, la nuova utopia con la quale si vuole far credere alla donna di potercela fare, di dovercela fare a tutti i costi, perché è così che funziona per una donna moderna. I valori mostrati sono ambivalenti: la donna è esageratamente capace ed instancabile, sempre bella, snella e giovane, attenta, amorevole e sorridente. Il canone proposto è decisamente elevato: se le prime pubblicità mostravano “solamente” una donna madre, moglie e casalinga, non necessariamente giovane e bellissima, oggi gli standard si sono alzati a dismisura e non basta essere una casalinga, e nemmeno una professionista. Per essere completa la donna deve essere entrambe le cose, e anche di più: non può affatto dimenticare di rendersi desiderabile e provocante. I media ci propinano una donna carrierista ma materna, tradizionale ma moderna, indipendente ma fragile, professionale ma seducente. Diventa fondamentale prendersi cura del proprio corpo, della propria salute, della propria forma fisica: la pubblicità fa pressione sulle spettatrici affinché non dimentichino di acquistare creme antirughe, cosmetici, abiti all’ultima moda, intimo sexy, e di passare ore in palestra. Se tutto ciò non dovesse bastare per raggiungere la perfezione, si dovrà fare ricorso alla miriade di prodotti dimagranti/rassodanti proposti, ovvero pillole, fanghi, bevande, barrette, perché altrimenti “non ti senti più a tuo agio con te stessa”, senza contare che “la cellulite è una malattia, bisogna combatterla!” e che ci si deve chiedere “ma tu, ti senti pronta per la prova costume?”. Non è da dimenticare che accanto a queste pubblicità “colpevolizzanti” ve ne sono altrettante “invitanti”: stiamo parlando delle pubblicità che riguardano i dolci, i gelati, i cioccolatini e gli snack ipercalorici, dagli slogan molto accattivanti “dopo cena, concediti anche tu un piccolo piacere!”, oppure “deliziati il palato”, perché se “la bontà è a cuor leggero” allora “il piacere è senza peccato” e quindi ci si può far “conquistare dal suo gusto inimitabile”.

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INTRODUZIONE UNO SGUARDO SULLA PUBBLICITÀ La pubblicità è dappertutto: la vediamo mentre sfogliamo un giornale, ascoltiamo la radio, guardiamo la televisione, passeggiamo per le vie del centro, entriamo in una stazione o in un aeroporto. È quasi impossibile pensare al contesto sociale contemporaneo senza tenere in considerazione l’enorme peso della pubblicità. Il suo messaggio arriva a tutti, senza distinzione tra sesso, età e livello sociale. Essa mostra stereotipi ben radicati nella testa delle persone, i quali vengono riconosciuti e si strutturano in modelli di comportamento. La pubblicità nelle sue varie forme è oggi una presenza costante nella vita di tutti, e col tempo ha assunto un ruolo determinante per quanto riguarda innanzi tutto il lato economico, quindi per la sua capacità di riferirsi di volta in volta ad un consumatore diverso e di suscitare in esso un desiderio. In pubblicità gli oggetti acquisiscono la capacità di parlare ai consumatori, di offrire loro dei benefici, delle informazioni, dei mondi immaginari nei quali identificarsi. La semiotica fin dalle sue origini ha mostrato un grande interesse per la pubblicità, sia per quanto riguarda gli obiettivi comunicativi che si pone, che per i meccanismi soggiacenti che si possono individuare grazie alle analisi. I primi studi semiologici sulla pubblicità partono dal presupposto che essa sia un’attività comunicativa con scopi persuasivi, dal momento che in generale cerca di far acquistare agli spettatori i prodotti di cui parla. La comunicazione commerciale è un’attività che si pone come obiettivo di attirare l’attenzione, persuadere, sedurre e valorizzare un certo prodotto al fine di invogliare il consumatore all’acquisto. In questo senso, l’obiettivo che si vuole ottenere è evidente allo spettatore, il quale tuttavia, pur essendo razionalmente conscio del messaggio persuasivo che sta ricevendo, è quasi sempre disposto ad accettarlo più o meno passivamente. È raro che una persona che si trova di fronte ad un cartellone pubblicitario si volti dall’altra parte, e anche la pubblicità in televisione viene quasi sempre guardata, seppure di sfuggita. Per farsi guardare con più attenzione e per essere quindi ricordata, la pubblicità deve necessariamente essere attraente in qualche modo. 5

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