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Mariù prima di Irene Brin: gli articoli di Maria Vittoria Rossi sul quotidiano “Il Lavoro” di Genova

In questi anni di studio ho avuto modo di scoprire e leggere gli articoli di Irene Brin pubblicati con il titolo Cose Viste 1938-1939 e gli scritti raccolti in Usi e Costumi 1920-1940 . La mia curiosità per quest’osservatrice acuta del costume in un periodo di mutamenti storici profondi si è intensificata alla scoperta che non solo Irene Brin era di origine ligure, ma che dal 1935 al 1939 aveva curato una rubrica sulla terza pagina del quotidiano genovese “Il Lavoro”, firmandosi con lo pseudonimo Mariù. La rubrica era intitolata “Racconti di viaggio” ma qualche volta anche “Itinerari per vacanze”. Negli anni precedenti, sempre collaborando al quotidiano, con molta probabilità Maria Vittoria Rossi (Irene Brin) aveva adottato altri pseudonimi. Ho ritenuto sarebbe stato interessante aggiungere un contributo sistematico, seppure cronologicamente circoscritto, alla produzione saggistica sulla più nota e recente Irene Brin. Ho inteso illuminare perciò questa serie giornalistica rimasta in ombra e, vista la relativa facilità nell’accedere alle fonti originali, le copie de “Il Lavoro” conservate nella sede della Provincia di Genova, la mia città, ho iniziato la ricerca. Maria Vittoria Rossi era nata a Roma il 14 giugno del 1911. Nel 1932 iniziò a scrivere articoli di costume per il quotidiano genovese “Il Lavoro”, allora diretto da Giovanni Ansaldo. Lo sguardo acuto sul mondo rivelato negli articoli dalla giovane giornalista colpì l’attenzione di Leo Longanesi che la invitò a pubblicare su “Omnibus”, il settimanale di attualità politica e culturale da lui stesso diretto dal 1937 al 1939. Lo pseudonimo di Irene Brin, il più famoso tra quelli adottati dalla giornalista, fu suggerito da Longanesi.
Un’altra curiosità personale ha mosso il mio lavoro: Maria Vittoria Rossi, la futura Irene Brin, ma qui ancora Mariù, scriverà anche di moda, sarà anche una giornalista di moda, cosmopolita e al tempo stesso creatrice di valore, sponsorizzatrice, mi si passi il termine, del neonato e forse da lei stessa creato “stile italiano” nel secondo dopoguerra.Ho svolto un lavoro sistematico su tutti gli articoli pubblicati da Mariù su “Il Lavoro” consultando le copie originali del quotidiano conservate dalla Provincia di Genova, che ringrazio per la gentile e rapida disponibilità offerta alla consultazione. Ho letto tutti i 137 articoli firmati Mariù e ho analizzato quelli che ho ritenuto più efficaci nel proporci le sfaccettature brillanti del suo essere giornalista: esigui repor-tage da città europee; incontri immaginari ma mirabilmente costruiti con personaggi storici; accenni alla moda; considerazioni colorate e filosofeggianti sul mutare delle stagioni; schizzi pittorici di paesaggi e di giorni di festa; descrizioni impietose di bruttezze femminili e descrizioni felicemente contemplative di bellezze inconsapevoli, sempre femminili; caratterizzazioni di scrittori suoi contemporanei; quadretti non mielosi di serenità familiare o personale; considerazioni sociologiche sulla “casalinghitudine”. Nel primo capitolo ho dato alcune indicazioni generali sulla cornice storico-politica italiana in cui si colloca il tema della mia ricerca; ho cercato di evidenziare quelle che furono le principali restrizioni nei confronti dell’informazione in epoca fascista. In seguito, ho accennato alle principali innovazioni dell’editoria in ambito tecnico e ho esposto brevemente la situazione dei rotocalchi femminili. Con il secondo capitolo ho presentato la rubrica firmata Mariù, tratteggiando lo stile dell’autrice ed anticipandone alcune peculiarità che ho approfondito successivamente. Il terzo capitolo ha evidenziato uno degli aspetti salienti che caratterizzano la prosa della giornalista: la descrizione dell’ambiente nel quale si colloca il tema trattato. Nel quarto ho preso in esame gli articoli in cui Mariù descrive personaggi storici, scrittori, filosofi, giornalisti e sportivi e un’anonima “provinciale americana”, forte-mente caratterizzata. Taluni realmente incontrati, altri solo immaginati. Nel quinto capitolo esamino alcuni articoli in cui la giornalista entra nel tema “Moda”. Dopo le Conclusioni, ho situato l’Elenco degli articoli a firma Mariù, ordinati cronologicamente. Nell’Appendice Documentaria ho riprodotto gli originali di alcuni articoli su cui ho lavorato.

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6 Capitolo primo Il contesto storico: il giornalismo italiano negli anni ‘30 del fascismo “L’ascesa di Mussolini scaturì da condizioni storiche, strutturali e contingenti, che non possono certo ridursi alla manipolazione dell’opinione pubblica, ma il ruolo della stampa nella nascita della dittatura e nel mantenimento del consenso al regime fu fondamentale.” 4 Con l’ascesa di Mussolini al potere, la comunicazione giornalistica italiana subisce una graduale, ma forte e ben articolata soppressione alla libertà di stampa. Consapevole del ruolo determinante che i quotidiani ricoprono nella costru- zione del consenso, Benito Mussolini attua un’“efficace strategia repressiva- ingloba- tiva” 5 al fine di “fascistizzare” tutti i giornali italiani in circolazione, strategia che si concretizza in diverse forme. I primi interventi sono rappresentati dalla violenza e l’intimidazione fisica: un esempio ne è l’assalto del 1926 alla sede del quotidiano ge- novese riformista “Il Lavoro”, atto che provoca tre morti e venti feriti e la devastazio- ne della tipografia e della redazione del giornale. A rendere il processo di fascistizza- zione più semplice è il fatto che quasi la maggior parte dei giornali italiani è gestita da editori “non puri”, pronti ad assecondare la volontà del regime. Col passare del tempo s’instaura una dinamica che prevede l’accordo tra governo ed editori privati (indu- striali) per ciò che concerne la nomina dei direttori dei quotidiani, ulteriore manovra per consentire sempre maggior controllo sulla gestione dell’informazione giornalisti- ca. Nel frattempo l’Agenzia di stampa italiana Stefani si trasforma nella diretta ap- pendice del governo Mussolini. Nel 1926 viene istituito l’Albo dei Giornalisti, teori- camente creato al fine di ufficializzare lo statuto professionale dei giornalisti, ma di fatto strumento per escludere dalle redazioni elementi non graditi al governo. La de- purazione di soggetti avversi al regime trova infine il suo coronamento nella creazio- ne della Commissione Superiore della Stampa, capeggiata da Arnaldo Mussolini, fra- 4 Bergamini Oliviero, La democrazia della stampa, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 242 5 Ibid., ivi p. 245.

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