Il minore autore di reato nel contesto normativo e operativo della giustizia minorile
Il lavoro della tesi si concentra sulla Giustizia Minorile, nel suo aspetto normativo, organizzativo e tecnico-operativo, con un interesse maggiore sulla condizione del minore autore di reato, tematica ricca di storia e problematiche. La tesi è composta da cinque capitoli, raggruppabili in due aree: la prima dedicata all’aspetto normativo e ai relativi provvedimenti a cui è sottoposto il minore, la seconda riguardante più l’aspetto organizzativo dei servizi della Giustizia Minorile e gli operatori che ve ne fanno parte. Si parte dalla nascita nel nostro ordinamento del Tribunale per i Minorenni con il decreto legge n.1404 del 20 luglio 1934, che rappresenta l'affermazione e il riconoscimento della difficile condizione minorile. La legge del ’34 aprì il lungo cammino della Giustizia Minorile italiana e segnò una profonda trasformazione nel sistema giudiziario, facendosi carico del settore minorile e in cui prevaleva una logica di intervento pubblico autoritario ma anche rieducativo, prevedendo oltre al Tribunale, anche l’istituzione di un Centro di Rieducazione che comprendeva una vasta gamma di servizi dove il minore viveva in isolamento. Gli anni ’60 e ’70 furono di grande agitazione attorno anche alla riforma penitenziaria del 1975, che con il suo regolamento e le successive modifiche disciplinarono il trattamento penitenziario e le modalità di esecuzione delle misure alternative alla pena, anche per i minori, pur se il testo relativo al carcere minorile risultava incompleto. Una via verso la decarcerazione minorile si ebbe poi attraverso il successivo intervento legislativo, il DPR del 1977 n.616, che trasformò l’organizzazione delle misure amministrative e civili, trasferendole dal Ministero di Grazie e Giustizia ai Comuni. Fino poi ad arrivare al 1988, anno di nascita del nuovo Codice di Procedura Penale per i minorenni. Il DPR 448 rafforza un atteggiamento prima di tutto culturale, oltre che di repressione alla criminalità, perché esprime la necessità dei rapporti tra giustizia penale e minore. Però il passaggio più significativo dall’entrata in vigore di questo nuovo codice è lo spostamento dell’attenzione del minore da oggetto di protezione a persona, a soggetto titolare di diritti. Sin dall’art. 1 del DPR 448 si delinea, dunque, la nuova concezione del processo penale minorile in cui le nuove disposizioni di legge vanno applicate in modo adeguato alla personalità del ragazzo e alle sue esigenze educative. Entra in vigore così un sistema differente da quello degli adulti, che tiene conto soprattutto della personalità del ragazzo, sulle sue condizioni familiari e sociali, dei rischi che corre l’adolescente nell’incontrare la giustizia penale e dunque il minore viene più tutelato favorendo la sua uscita al più presto dal circuito penale, che mira alla sua rieducazione, al cambiamento e alla diminuzione del carcere come pena. Seguono poi gli istituti giuridici messi in atto nei confronti dei minori, tra cui la sospensione del processo con messa alla prova. La messa alla prova ha un grande significato educativo, con lo scopo di responsabilizzare il minore. Di fatti, l’obiettivo principale è quello di recuperare il ragazzo, che prevale sulla pretesa di processare e punire (art.29 DPR 488/88). Recupero che può avvenire nel suo ambiente di vita, perché altrimenti la detenzione lo potrebbe isolare dal suo contesto familiare e sociale. Anche la prova non deve comportare una sofferenza per il minore e nella sua applicazione si deve tener conto della personalità del ragazzo perchè si tratta di soggetti in fase di sviluppo e di crescita. Successivamente si passa alla descrizione dell'organizzazione e delle attività svolte dagli organi della Giustizia Minorile, con particolare riferimento all'Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni. L'USSM viene considerato il "nodo di rete" del sistema giustizia, perché attua una collaborazione con gli altri operatori dei servizi della giustizia e degli Enti Locali e perché è da qui che il minore inizia il suo percorso penale, affiancato da assistenti sociali competenti che lo inducono al cambiamento. Il suo intervento si attua attraverso l’applicazione di principi e metodi propri del Servizio Sociale professionale e ha la competenza nei confronti del minore dal primo impatto con la giustizia, per ridurre eventuali distanze e per l’avvio di un rapporto di collaborazione al compimento dell’iter penale, affinché il ragazzo e la famiglia conoscano e siano consapevoli degli aspetti della vicenda processuale che li vede coinvolti e per il suo rientro nel tessuto sociale.
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Informazioni tesi
Autore: | Carmela Puleo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi della Calabria |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze del servizio sociale |
Relatore: | Patrizia Surace |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 92 |
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