La questione del Nagorno-Karabakh: storia ed attualità
Il Caucaso, fin dai tempi più antichi, ha costituito un confine estremo continuamente invaso da tribù nomadi provenienti dalle steppe euroasiatiche. Nel corso dei secoli, in quest’area, si è creato un mosaico etnico-culturale eterogeneo e ciò non ha consentito la realizzazione di uno spazio politico unitario. Dei grandi popoli del passato nessuno è riuscito ad imporre la propria egemonia su questa frontiera impervia. Soltanto i progetti della politica espansionistica di Pietro il Grande, ripresi a partire dalla fine del XVIII secolo dai suoi successori, hanno inserito la regione del Caspio in un unico sistema politico, ricreatosi mutatis mutandis in epoca sovietica.
Dopo la caduta del comunismo, il Caucaso è tornato a dividersi: la parte settentrionale fa ancora parte della Federazione russa, nonostante il sanguinoso conflitto in Cecenia, mentre le tre Repubbliche della Transcaucasia (Georgia, Armenia e Azerbaigian) sono divenute indipendenti. Il vuoto politico, economico ed istituzionale lasciato dalla dissoluzione dell'U.R.S.S. ha riacceso la competizione tra Stati Uniti e Russia, costituendo il dato cruciale delle dinamiche nell'intera zona e ricordando l'ottocentesco “Grande Gioco” kiplinghiano, tenendo presente, anche, che l'odierna situazione è caratterizzata da fattori statuali locali, sovra-statuali (Nato, Ue, Osce, Guuam) e sub-statuali ( Ong, multinazionali, lobby di vario genere, organizzazioni criminali e gruppi terroristici) che interagiscono a differenti livelli.
A rendere l'area caucasica una delle regioni più a rischio del panorama internazionale e ad ostacolare una piena attuazione delle sue potenzialità, sono i conflitti etnici interni, il cui fuoco ha covato sotto la cenere per più di settant'anni. Ed è attraverso il presente contributo che viene affrontata la questione che interessa il Nagorno-Karabakh.
Il Karabakh, in origine decima provincia dell'Armenia storica, nel 1921, con il Trattato di Mosca tra Turchia e Russia Sovietica e con l'intervento personale di Stalin, all'epoca commissario per il Caucaso, per ragioni politiche e su richiesta di Mustafa Kemal, detto Ataturk, è stato incorporato all'Azerbaigian, cui sarà definitivamente annesso nel 1923 come “Regione Autonoma”, privo delle provincie di Lacin, Khanlar, Shahumian e Kelbagiar al fine di creare una discontinuità territoriale con l'Armenia. L'autonomia è stata di fatto del tutto formale: nel Karabakh, controllato direttamente da Baku, la cultura, la lingua e la religione armena subiranno nel periodo sovietico restrizioni e censure, una specie di “genocidio bianco” diretto a negare agli armeni il diritto alla differenza. Divenuta insostenibile per gli armeni del Karabakh, questa situazione ha contribuito ad alimentare fermenti ed inquietudini autonomistiche contro l'Azerbaigian oppressore e ad organizzare imponenti ma pacifiche dimostrazioni di piazza spesso sedate dalle autorità azere con bagni di sangue.
La scintilla scocca nel febbraio del 1988, quando il Soviet dei deputati del popolo del Nagorno-Karabakh vota la riunificazione con l'Armenia e come risposta ad una richiesta pacifica democraticamente espressa, a Sumgait, sobborgo industriale a nord di Baku sulla costa del Caspio, gruppi estremisti azeri scatenano un pogrom antiarmeno di tre giorni mietendo centinaia di vittime. Anche da parte del governo centrale arriva la risposta negativa di Gorbaciov che respinge definitivamente le richieste indipendentiste ed ammonisce severamente a non toccare le frontiere esistenti, annunciando una energica opposizione ad ogni forma di nazionalismo.
Nel dicembre del 1991, con la dissoluzione dell'Unione Sovietica, tutte le 15 repubbliche divengono indipendenti e la regione autonoma del Nagorno-Karabakh si autoproclama Repubblica Indipendente. Contemporaneamente l'Azerbaigian toglie formalmente l'autonomia al Karabakh, dichiarandolo parte integrante dell'Azerbaigian e lo scontro armato diventa inevitabile. La guerra ha inizio con pesanti bombardamenti azeri su Stefanakert, capitale del Karabakh, e termina con un cessate il fuoco nel maggio del 1994. Attualmente tra le due compagini, vige un flebile armistizio sotto il controllo dell'OSCE ed è in corso un tormentato processo di pace.
Nonostante i numerosi tentativi di mediazione, la contesa del territorio dell'enclave rischia di rimanere irrisolta ancora per un lungo periodo e attualmente vive una fase di stallo definita da E. Walker “no peace, no war”. Ciò accade perché le rispettive posizioni si scontrano con due principi fondamentali del diritto internazionale, e questo rende impossibile giungere alla soluzione del problema. Gli armeni del Karabakh affermano quale loro diritto irrinunciabile il principio di autodeterminazione dei popoli, giustificando così i loro attacchi armati, mentre gli azeri si appellano al principio dell'integrità territoriale, a loro avviso violato dagli armeni, i quali avrebbero in questa maniera modificato illegalmente i confini del loro Stato.
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Informazioni tesi
Autore: | Carlo Trizza |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Antonio Donno |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 128 |
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