La tutela dell'ambiente come diritto umano: la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
I fenomeni di degrado ambientale sempre più spesso si ripercuotono con violenza sugli individui, incidendo negativamente sulle loro vite, sul loro benessere e sulla loro salute. Da qui l'interesse degli esperti di diritti umani che, a partire dai primi anni Settanta del secolo scorso, hanno iniziato a studiare il legame tra diritti umani e protezione dell'ambiente, al fine di individuare le possibili sinergie tra i due settori di regolamentazione giuridica. In questo contesto, una parte della dottrina è giunta a teorizzare l'esistenza del diritto umano alla protezione dell'ambiente, inteso come pretesa giuridica dell'individuo a vivere in un ambiente tutelato e sostenibile.
L'obiettivo della presente tesi è quello di indagare il contributo che la giurisprudenza degli organi di Strasburgo, e nello specifico della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ha dato alla valorizzazione e specificazione del rapporto tra diritti umani e protezione dell'ambiente, nel contesto più generale del riconoscimento e dell'affermazione, a livello europeo, del diritto umano alla protezione dell'ambiente e dei “diritti ambientali”, ovvero di quei diritti funzionali che forniscono agli individui strumenti di tipo procedurale per poter partecipare in maniera informata ed esercitare un controllo democratico sui processi decisionali in materia di ambiente.
Malgrado l'assenza nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) (1950) di una specifica disposizione dedicata all'ambiente, gli organi di Strasburgo, attraverso un'interpretazione di tipo evolutivo, sono riusciti a ricomprendere la tutela dell'ambiente all'interno dell'ambito della Convenzione. Ciò e avvenuto, da un lato, inserendo la tutela dell'ambiente all'interno della sfera dei diritti e delle libertà fondamentali della persona e, dall'altro, elevando la stessa a interesse generale capace di condizionare la libertà degli individui e l'azione degli Stati in un'ottica di contemperamento tra interessi individuali e generali che trae ispirazione dai principi dello sviluppo sostenibile. Motori principali di questa importante evoluzione giurisprudenziale sono stati la dottrina dello “strumento vivente”, che impone di interpretare la Convenzione « alla luce delle condizioni attuali », e la teoria degli “obblighi positivi”, che implica per gli Stati il dovere di dare protezione effettiva ai diritti degli individui. Attraverso questi due strumenti, gli organi di controllo della CEDU hanno, da un lato, “reinterpretato” e “mobilitato” alcune delle più importanti disposizioni convenzionali con l'obiettivo di fornire all'individuo tutele, sia sostanziali che procedurali, da forme di inquinamento e degrado ambientale nocive per la vita, per la salute e per il benessere della persona; dall'altro, gli stessi organi hanno attribuito alla protezione dell'ambiente la qualità di “scopo legittimo”, capace di giustificare l'adozione di misure limitative di alcuni diritti umani contenuti nella Convenzione. Inoltre, attraverso il riconoscimento, in via giurisprudenziale, dei “diritti ambientali” di accesso alle informazioni, partecipazione ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale, nonché con l'ampliamento della sfera delle libertà civili dei soggetti che partecipano al dibattito pubblico sui temi ambientali di interesse generale, la Corte ha orientato la sua azione nella direzione dello sviluppo di un modello di tutela “partecipata”dell'ambiente.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Franceschini |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Luisa Vierucci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 173 |
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