All'ombra della ka'ba - Il pellegrinaggio alla Mecca
L’islam, una delle due fedi con più larga diffusione nel mondo, insieme al cristianesimo, rappresenta, come si sa, la pietra angolare per interpretare sia le linee di politica estera di numerosi stati (dal nordafrica, al medio oriente, al sud-est asiatico), sia le spinte e le pulsioni che provengono “dal basso”, dalla cosiddetta società civile.
La umma, la comunità islamica, rappresenta un’unità ideale di tutti i fedeli, che però in concreto deve fare i conti con la frammentazione e le scissioni del mondo musulmano stesso: si consideri solo la macrodivisione tra sciiti e sunniti, senza pensare poi alle divergenze linguistiche tra una regione e l’altra, che di fatto rendono ardua la comunicazione.
Il pellegrinaggio a Mecca, uno dei cinque pilastri della fede (arkan al din, in arabo), è un fattore di fondamentale importanza nel cementificare la consapevolezza dei fedeli di far tutti parte di una comunità, della stessa “grande famiglia”.
Nella capitale religiosa dell’islam, ogni anno, in un periodo di tempo preciso (il mese di dhu l-hijja), affluiscono milioni di fedeli, desiderosi di adempiere a un obbligo della propria fede, e poter così “staccare un biglietto” per il Paradiso.
Una ricorrenza, quella dell’hajj (“pellegrinaggio”, in arabo), che investe le coscienze delle persone e incontra un bisogno tipico della specie umana, ovvero la cura della religiosità interiore, ma che fa parimenti da cassa di risonanza dei problemi che ogni fedele si porta appresso, legati per lo più alla scarsa qualità della politica domestica di ogni stato musulmano: ecco che l’hajj diventa un interscambio di esperienze, e un angolo di tempo e spazio dove possono nascere movimenti di riforma, oppure da cui semplicemente possono diffondersi idee di rinnovamento.
Il potere delle idee è proprio ciò che i governanti (di tutto il mondo, purtroppo) temono di più: la gestione politica del pellegrinaggio, incardinandosi in un contesto di clientelismo e corruzione, inevitabilmente ne risente, motivo per cui la strumentalizzazione del fenomeno a fini elettorali e per il tornaconto personale delle amministrazioni nazionali è una triste realtà.
Agognato dalle centinaia di milioni di musulmani nel mondo, temuto dai governi dei Paesi a maggioranza musulmana, l’hajj è indubitabilmente un fenomeno di vasta portata, da molti punti di vista e per molteplici motivi.
A livello strettamente personale esso arricchisce perché obbliga a togliere, a privarsi di atteggiamenti e disposizioni d’animo conflittuali, false, dis-umane in senso etimologico, per concentrarsi sulla più nuda spiritualità, in un viaggio esteriore che si fa intima ricerca del vero soffio della propria anima. A livello sociale esso permette e favorisce il confronto, il dialogo, la fratellanza, la comunione sulla base delle istanze che accomunano tutti i convenuti alla Mecca: la fede, l’uguaglianza di fronte a Dio, la speranza in una vita futura.
Ma l’hajj è soprattutto anelito alla giustizia, motore di riforma e tensione verso una vita migliore, da realizzare qui e ora, sulla terra.
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Informazioni tesi
Autore: | Leonardo Giovannelli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Maurizio Vernassa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 50 |
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