L'evoluzione degli studi di settore e la valorizzazione del contraddittorio
Ho deciso di trattare questo particolare campo d’indagine perché ritengo che negli ultimi decenni, le esigenze di gettito fiscale e la crescente evasione, abbiano aumentato l’importanza dell’utilizzo di tali metodologie di accertamento, che permettono di controllare “in massa” intere categorie di contribuenti.
Tale esigenza è oggi sempre più avvertita anche dall’Agenzia delle Entrate che, infatti, prevede per il futuro un utilizzo massiccio di tali strumenti.
Obiettivo di questo lavoro, quindi, è dapprima quello di delineare il quadro normativo di riferimento anche alla luce dei recenti cambiamenti, e successivamente di analizzare il funzionamento dei due metodi di accertamento standardizzati, evidenziando somiglianze, differenze e possibili evoluzioni future.
Ma, soprattutto, cercherò di evidenziare la valenza probatoria alla base di queste metodologie, cercando di capire se siano davvero strumenti “forti” nelle mani dell’Amministrazione finanziaria in grado di contrastare l’evasione fiscale del nostro paese.
Il primo capitolo si occupa, pertanto, di capire come storicamente si sono evoluti i criteri di accertamento, passando dalla tassazione del reddito effettivo, introdotta dalla riforma Vanoni-Tremelloni degli anni ’50 – dove la tipologia ordinaria di accertamento, alla quale si poteva derogare solo in presenza di specifici requisiti, era quella analitica – per arrivare all’introduzione degli studi di settore avvenuta agli inizi degli anni ’90.
Lo faremo cercando di evidenziare quali sono state le tappe evolutive degli strumenti standardizzati di accertamento, descrivendo brevemente il funzionamento di quelli ormai non più utilizzati come i coefficienti di congruità e la minimum tax.
Tutto questo sarà di ausilio per capire, come da sempre è stata avvertita, da parte del fisco, la necessità di spostare la tassazione dal reddito effettivo a quello medio e come è nata l’esigenza di introdurre l’accertamento sintetico-redditometrico delle persone fisiche e gli studi di settore per le piccole e medie imprese.
Il secondo capitolo tratterà, quindi, il tema dell’accertamento sintetico-redditometrico; in questo contesto vedremo come ha, da sempre, funzionato il redditometro e quali sono le novità introdotte dall’art. 22 del D.L. 78/2010, che ha riformato totalmente tale istituto.
Successivamente, cercheremo di capire se la presunzione legale relativa che è alla base del redditometro, e in generale dell’accertamento sintetico, sia ancora valida per uno strumento che, almeno nelle modalità di funzionamento ricalca in larga misura lo studio di settore, che invece, in seguito alle sentenze nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 18 dicembre 2009, è stato definitivamente considerato presunzione semplice.
Nel terzo capitolo, quindi, analizzeremo proprio lo studio di settore, andando a vedere il funzionamento del software GE.RI.CO., utilizzato per calcolare la “congruità” dei ricavi dichiarati ed, infine, evidenziando i recenti orientamenti giurisprudenziali che hanno ridimensionato, come ricordato in precedenza, la valenza probatoria degli studi di settore.
Infine, nel quarto capitolo, evidenzieremo dapprima le differenze probatorie tra le varie presunzioni nel diritto tributario, e, successivamente, partendo dal fatto che il decreto legge 78/2010 ha introdotto l’obbligo del contraddittorio anche negli accertamenti sintetico redditometrici, cercheremo di capire, come questo, potrebbe portare ad inquadrare anche l’accertamento sintetico tra le presunzioni semplici, con tutto ciò che questo comporterebbe a livello di onere probatorio e motivazione dell’atto di accertamento.
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Informazioni tesi
Autore: | Duccio Palmi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze economico-aziendali |
Relatore: | Lorenzo Trombella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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