INTRODUZIONE
I problemi posti dalla crisi economico-finanziaria in corso, in Italia e in molti Paesi del
mondo, richiedono ai legislatori nazionali di trovare delle soluzioni affidabili in materia di
finanza pubblica, per poter contrastare i rischi di recessione e inasprimento della crisi, la
disoccupazione e le (derivanti) drammatiche prospettive sociali.
Lo scenario è ancora mutevole, complesso, caratterizzato dall’irruzione di soggetti forti
(nuove potenze economiche mondiali), e – sembra – dalla mancanza di un orizzonte unitario a
livello internazionale.
In questo contesto, gli Stati devono comunque funzionare e assicurare le loro classiche
funzioni di gestione di apparati volti alla produzione di servizi pubblici, nonché di regolazione
dell’economia, come pure deve funzionare il complesso reticolo di enti locali, amministrazioni
speciali, giurisdizioni, uffici ecc., che compongono l’amministrazione pubblica in senso lato.
La gestione dei tributi in tempo di crisi richiede, in particolare, una forte attenzione alla
situazione reale di riferimento, al contesto economico-sociale nel quale occorre operare,
caratterizzato non più da un’economia “arrembante” con una massiccia presenza di “nero”
(economia occulta), bensì da attività economiche spesso in affanno rispetto a competitors
stranieri, a fronte di un presumibile consolidamento dell’evasione fiscale storica. Ancora
peggio, però, per molte attività economiche il vero problema potrebbe ormai non essere più
costituito dalla fiscalità, bensì dalla mancata produzione di utili e dalla scarsa finanziabilità da
parte degli istituti di credito.
Limitando il campo visuale – come è negli scopi di questo lavoro – all’attività di
accertamento compiuta dagli organismi pubblici preposti, per garantire l’effettività dell’obbligo
tributario, si coglie dunque la reale portata e dimensione della sfida: comprendere e aggredire
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I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
sempre più efficacemente il fenomeno dell’evasione fiscale, in un tempo in cui anche il
rispetto delle regole da parte di molte imprese sembra diventato particolarmente oneroso.
Una sfida che deve essere ben condotta a partire dalla fase della selezione e della
programmazione dei controlli, che richiede una sensibilità critica nei confronti dei vari
fenomeni, ma che soprattutto esigerebbe (nei controllori e nei controllati) la condivisione di
alcuni presupposti etici fondamentali. Un accertamento, insomma, in funzione più educativa
che repressiva.
Di tale avviso sembra essere anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera,
che in una recente intervista, rilasciata il 12 aprile 2011, spiegando il funzionamento del nuovo
redditometro ha detto: “il redditometro non è un’arma nei confronti dei contribuenti ma uno strumento da
utilizzare contro l’evasione fiscale … non vogliamo usare il redditometro come un’arma nei confronti dei piccoli
imprenditori, ma vogliamo usarlo perché in Italia ci sono 120 miliardi di evasione che dobbiamo combattere.
Le strade che abbiamo per far fronte a questo fenomeno sono: per le grandi imprese il tutoraggio; per le piccole e
medie imprese gli studi di settore; per le persone fisiche abbiamo il redditometro che darà risultati più in termini
di compliance che di caccia alle streghe. Servono strumenti che non mostrino contribuenti invisibili al fisco.”
E stando ai dati comunicati dalla stessa Agenzia delle Entrate, tale strategia sembra dare
dei buoni frutti.
Infatti, nel corso del 2010, è cresciuta la maggiore imposta accertata grazie a controlli
sempre più mirati e si sono impennati gli accertamenti sintetici chiusi con l’adesione da parte
del contribuente. Tanto da far allungare il passo all’Agenzia delle Entrate, che nel 2010 porta
nelle casse dell’Erario più di 10,6 miliardi di euro, contro i 9,1 mld del 2009.
Peraltro, se alle somme incassate direttamente dall’attività di accertamento e di
liquidazione delle dichiarazioni si aggiungono anche i 480 milioni di riscossioni da ruolo
relative a interessi di mora e maggiori rateazioni, il consuntivo finale delle somme sottratte
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I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
all’evasione e ricondotte nella disponibilità dei conti pubblici oltrepassa il muro degli 11
miliardi di euro, facendo così registrare un doppio primato.
Nel contesto delle varie tipologie di accertamento utilizzate dal fisco, particolare
importanza, come ricordato anche dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, hanno assunto gli
accertamenti sintetici e gli studi di settore.
La maggiore imposta accertata media dei controlli sui contribuenti non congrui agli studi
ha sfondato quota 14 mila euro, facendo segnare un balzo in avanti del 12% rispetto al 2009,
quando si era fermata a 12.800 euro. Nello stesso tempo il numero degli accertamenti
diminuisce sensibilmente, dai 56.437 del 2009 ai 30.219 del 2010. Una dinamica che conferma
la tendenza a utilizzare direttamente gli studi in modo sempre più mirato e assistito da altri
elementi che ne confermino le risultanze. Ciò ha consentito di migliorare la maggiore imposta
accertata media (da 12.802 del 2009, a 14.341 del 2010) e, soprattutto, la maggiore imposta
definita media (da 4.400 euro del 2009 a 5.005 del 2010).
Al diminuito utilizzo in accertamento ha comunque corrisposto l’impiego degli studi come
strumento selettivo, per controlli più approfonditi condotti anche con l’utilizzo delle indagini
finanziarie (che registrano un incremento del 7% rispetto al 2009).
Sul fronte delle persone fisiche, vola l’accertamento sintetico del reddito. Nel 2010 il
numero dei controlli in questo campo ha raggiunto quota 30.443, e la maggiore imposta
accertata ha superato i 500 milioni di euro. In particolare, sono schizzati verso l’alto gli
accertamenti sintetici definiti con adesione o con acquiescenza, passati dagli 8.506 di due anni
fa ai 12.729 del 2010 (+ 50%). Allo stesso passo anche la maggiore imposta definita, che segna
un’impennata del 63%, salendo da 59 a 96 milioni di euro.
Sono questi dati, accompagnati alle recenti evoluzioni normative avute nell’ultimo
decennio, che mi hanno spinto ad affrontare nel mio lavoro il tema degli accertamenti
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I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
standardizzati, soffermandomi particolarmente sull’analisi dei due principali strumenti utilizzati
dal fisco: studi di settore e accertamento sintetico-redditometrico.
Ho deciso di trattare questo particolare campo d’indagine perché ritengo che negli ultimi
decenni, le esigenze di gettito fiscale e la crescente evasione, abbiano aumentato l’importanza
dell’utilizzo di tali metodologie di accertamento, che permettono di controllare “in massa”
intere categorie di contribuenti.
Tale esigenza è oggi sempre più avvertita anche dall’Agenzia delle Entrate che, infatti,
prevede per il futuro un utilizzo massiccio di tali strumenti.
Obiettivo di questo lavoro, quindi, è dapprima quello di delineare il quadro normativo di
riferimento anche alla luce dei recenti cambiamenti, e successivamente di analizzare il
funzionamento dei due metodi di accertamento standardizzati, evidenziando somiglianze,
differenze e possibili evoluzioni future.
Ma, soprattutto, cercherò di evidenziare la valenza probatoria alla base di queste
metodologie, cercando di capire se siano davvero strumenti “forti” nelle mani
dell’Amministrazione finanziaria in grado di contrastare l’evasione fiscale del nostro paese.
Il primo capitolo si occupa, pertanto, di capire come storicamente si sono evoluti i criteri
di accertamento, passando dalla tassazione del reddito effettivo, introdotta dalla riforma
Vanoni-Tremelloni degli anni ’50 – dove la tipologia ordinaria di accertamento, alla quale si
poteva derogare solo in presenza di specifici requisiti, era quella analitica – per arrivare
all’introduzione degli studi di settore avvenuta agli inizi degli anni ’90.
Lo faremo cercando di evidenziare quali sono state le tappe evolutive degli strumenti
standardizzati di accertamento, descrivendo brevemente il funzionamento di quelli ormai non
più utilizzati come i coefficienti di congruità e la minimum tax.
Tutto questo sarà di ausilio per capire, come da sempre è stata avvertita, da parte del fisco,
la necessità di spostare la tassazione dal reddito effettivo a quello medio e come è nata
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I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
l’esigenza di introdurre l’accertamento sintetico-redditometrico delle persone fisiche e gli studi
di settore per le piccole e medie imprese.
Il secondo capitolo tratterà, quindi, il tema dell’accertamento sintetico-redditometrico; in
questo contesto vedremo come ha, da sempre, funzionato il redditometro e quali sono le
novità introdotte dall’art. 22 del D.L. 78/2010, che ha riformato totalmente tale istituto.
Successivamente, cercheremo di capire se la presunzione legale relativa che è alla base del
redditometro, e in generale dell’accertamento sintetico, sia ancora valida per uno strumento
che, almeno nelle modalità di funzionamento ricalca in larga misura lo studio di settore, che
invece, in seguito alle sentenze nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 18 dicembre 2009, è stato
definitivamente considerato presunzione semplice.
Nel terzo capitolo, quindi, analizzeremo proprio lo studio di settore, andando a vedere il
funzionamento del software GE.RI.CO., utilizzato per calcolare la “congruità” dei ricavi
dichiarati ed, infine, evidenziando i recenti orientamenti giurisprudenziali che hanno
ridimensionato, come ricordato in precedenza, la valenza probatoria degli studi di settore.
Infine, nel quarto capitolo, evidenzieremo dapprima le differenze probatorie tra le varie
presunzioni nel diritto tributario, e, successivamente, partendo dal fatto che il decreto legge
78/2010 ha introdotto l’obbligo del contraddittorio anche negli accertamenti sintetico
redditometrici, cercheremo di capire, come questo, potrebbe portare ad inquadrare anche
l’accertamento sintetico tra le presunzioni semplici, con tutto ciò che questo comporterebbe a
livello di onere probatorio e motivazione dell’atto di accertamento.
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CAPITOLO PRIMO
EVOLUZIONE STORICO-NORMATIVA DELLA TEORIA DEI
METODI DI ACCERTAMENTO
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Imposizione diretta, evasione fiscale e perequazione tributaria. 3. Fondamento ed
evoluzione della teoria dei metodi di accertamento. 4. Accertamento sintetico: evoluzione storico-normativa. 5.
Studi di settore: evoluzione storico-normativa. 6. Considerazioni conclusive.
1. Premessa
L‟accertamento fiscale rappresenta una funzione essenziale nell‟ambito del sistema
tributario italiano, così come, in generale, nei sistemi tributari conosciuti dagli altri ordinamenti
nazionali.
In assenza di un controllo fiscale, che dovrebbe essere concepito soprattutto in funzione
dissuasiva rispetto ai comportamenti fiscalmente scorretti, le disposizioni tributarie sostanziali
non avrebbero infatti molte possibilità di essere spontaneamente seguite. L‟attività di
accertamento svolta dagli uffici finanziari si compone di una serie di comportamenti, atti e
procedure finalizzati al riscontro dei fenomeni evasivi ed elusivi, nonché della violazione di
norme fiscali in generale
1
.
Le attività di controllo formale e sostanziale, nonché i poteri di accesso, ispezione,
verifica, e in genere di acquisizione di informazioni, cui sono deputati gli uffici operativi
dell‟Agenzia delle Entrate e i reparti della Guardia di Finanza, rivestono una particolare
importanza per quanto riguarda il settore delle imposte sui redditi.
1
CARRIROLO, F. (2011) Tutto Accertamento, Gruppo 24 ore, Milano, febbraio 2011.
18
E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
In tale contesto, infatti, il controllo investe a tutto campo la platea dei contribuenti che
sono tenuti anche solamente all‟obbligo fiscale minimo della presentazione della dichiarazione
dei redditi, senza limitazioni soggettive.
Nel nostro ordinamento, l‟evasione dell‟imposta personale sul reddito complessivo delle
persone fisiche ha assunto da decenni dimensioni assai rilevanti, limitando fortemente la
capacità di gettito di tale imposta e causando profonde sperequazioni nella distribuzione del
suo onere tra i contribuenti.
Obiettivo di questo primo capitolo è, quindi, analizzare l‟evoluzione storico-normativa
dello strumento di accertamento, per cercare di capire quale utilizzo ne sta facendo oggi
l‟Amministrazione finanziaria per contrastare la crescente evasione fiscale.
2. Imposizione diretta, evasione fiscale e perequazione tributaria
In un sistema tributario attento alle esigenze di giustizia distributiva e di uguaglianza
tributaria, si pone il problema di garantire, sul piano dell‟esecuzione, la conformità delle norme
impositive ai principi contenuti negli artt. 2, 3, 53 Cost. attraverso la previsione di misure
effettive di controllo sui comportamenti dei contribuenti, da porre alla base di un‟azione
efficace ed efficiente di contrasto all‟evasione fiscale
2
.
2
Sulla questione, FALSITTA, A. (2007) Lotta ad oltranza alla piaga dell’evasione fiscale ma senza moratoria delle garanzie
costituzionali, in Corr. Giur., n. 1, osserva che: “L‟evasione altera…i criteri di ripartizione dell‟imposta tracciati
dagli artt. 2, 3, 53 Cost. e la lotta strenua all‟evasione diventa una via obbligata per attuare i principi costituzionali.
Ciò è bene espresso dalla Corte costituzionale tedesca là dove afferma che “si deve insistere nella necessità che la
legge tributaria garantisca, per il suo contenuto, una applicazione regolare nella massima misura possibile, pena
una violazione della Costituzione da parte della stessa legge. Se esiste un deficit strutturale di „esecuzione‟ risultante
dalla pertinente legislazione, che non contempla condizioni adeguate di controllo sui comportamenti dei
contribuenti, la norma giuridica materiale risulterà affetta da incostituzionalità. Ciò accade puntualmente
allorquando la „esecuzione‟ della norma impositiva dipende fondamentalmente o esclusivamente dalla onestà del
contribuente, senza che la uguale ripartizione del carico tributario sia garantita con misure effettive di „controllo‟.
In questa situazione, la determinazione dell‟obbligazione tributaria, dipenderà, in pratica, dalla volontà e dalla
buona fede del contribuente, sfociando in una situazione di disuguaglianza nella ripartizione dei gravami fiscali tra
contribuenti che sono leali con l‟amministrazione tributaria e contribuenti che non lo sono. Proprio la legge
verrebbe così a creare una situazione fattuale di disuguaglianza, pregiudicando i contribuenti onesti, che
rispetterebbero integralmente le proprie obbligazioni e finirebbero per subire aggravi per compensare la perdita
di gettito scaturente dalla frode ed evasione fiscale di altri”.
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E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
Sulla base di questa considerazione, si può evidenziare che la più recente evoluzione
dell‟attività di controllo nel campo dell‟imposizione diretta trova fondamento nel
convincimento che, per realizzare un‟efficace azione di contrasto all‟evasione fiscale attraverso
misure effettive di controllo, occorre anzitutto valorizzare la distinzione tra le diverse tipologie
di contribuenti in relazione alla diversa determinabilità e misurabilità della rispettiva capacità
economica.
L‟evasione fiscale si concentra sui soggetti e nei settori dove risulta più agevole dichiarare
redditi imponibili inferiori a quelli effettivi: è, quindi, necessario modellare gli accertamenti
tributari in modo diverso a seconda dei diversi soggetti passivi d‟imposta, tenendo conto delle
specificità del singolo soggetto e del suo tipo di attività
3
.
Nel nostro sistema tributario occorre indirizzare l‟attività di controllo verso la ricerca
effettiva della capacità economica (cd. Sfuggente) perché estranea al circuito dei grandi enti
erogatori/sostituti d‟imposta e, peraltro, difficilmente rilevabile attraverso l‟applicazione del
metodo analitico (e analitico-contabile), quale metodo ordinario di accertamento
4
.
In tale contesto si può leggere l‟Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di
politica fiscale per il triennio 2007-2009 il quale indica, tra gli obiettivi generali della gestione
del sistema tributario, il recupero della base imponibile non dichiarata da attuarsi attraverso
un‟attenta selezione dei soggetti da sottoporre a controllo sulla base delle evidenti
manifestazioni di capacità contributiva.
3. D‟altra parte, se tutti i contribuenti fossero titolari di una capacità contributiva ugualmente visibile e rilevabile, i
problemi dell‟equità fiscale, della giustizia tributaria, della perequata imposizione si porrebbero in maniera molto
meno drammatica rispetto a quanto accade nel sistema tributario vigente. In argomento, LUPI, R. (2007) Evasione
fiscale istituzioni ed accordi, in S. La Rosa (a cura di), Autorità e consenso nel diritto tributario, Milano,38.
4. LUPI, R. (2004) Autotassazione, modelli culturali e condoni fiscali, in Rass. trib., 155; Id., Evasione fiscale, istituzioni e
accordi, cit., 29 ss.; Id., Evasione fiscale e diversa rilevabilità della capacità economica, in Rass. trib., 2007, 1649 ss.; ID. - M.
FRANCO, Il difficile coordinamento tra i diversi strumenti di accertamento degli autonomi, in Dialoghi dir. trib., 2007, 1343
ss.; ID. - R. CONVENEVOLE - S. PISANI, Piccolo commercio e artigianato tra studi di settore e rilevazione analitica dei
redditi evasi, in Dialoghi dir. trib., 2006, 1531 ss.; Id., I concetti strutturali del giudizio di fatto riferiti all’evasione fiscale, in
Rass. trib., 2005, 1775 ss.
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E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
In coerenza con le indicazioni contenute nel predetto Atto, le Circolari dell‟Agenzia delle
Entrate 23 gennaio 2007, n. 2 e 25 gennaio 2008, n. 6
5
(sui primi indirizzi operativi per la
realizzazione degli obiettivi della prevenzione e del contrasto all‟evasione fiscale,
rispettivamente per il 2007 ed il 2008) sottolineano la rilevanza strategica dell‟attività di
accertamento nei confronti delle posizioni soggettive per le quali l‟amministrazione finanziaria
dispone di informazioni in ordine all‟esistenza di evidenti manifestazioni di capacità
contributiva, incompatibili con i redditi dichiarati.
È chiaro il riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto di cui
all‟art. 38, comma 4, del DPR n. 600/1973 e successive modificazioni: un metodo di
accertamento, esperibile nei confronti delle persone fisiche, che si fonda sulla sussistenza di
elementi e circostanze di fatto certi dai quali presumere una determinata capacità di spesa,
correlata ad esborsi di somme di denaro e a spese di gestione, a cui corrisponde un ammontare
di reddito imponibile di almeno pari misura.
L‟obiettivo è, evidentemente, quello di contrastare l‟evasione fiscale delle persone fisiche
ravvisabile nella contrapposizione tra reddito dichiarato e tenore di vita del soggetto.
Il rinnovato interesse verso questa metodologia di accertamento, come strumento di
contrasto all‟evasione fiscale, ha trovato concreta esplicitazione, dapprima, nella Circolare
dell‟Agenzia delle Entrate del 9 agosto 2007, n. 49
6
e, più di recente, nell‟art. 83, comma 8, del
5
BASILAVECCHIA, M. (2008) Circolare 25 gennaio 2008, n. 6. Il Commento, in Corr. trib., 824 ss.
6
BASILAVECCHIA, M. (2007) Circolare 9 agosto 2007, n. 49/E. Il commento, in Corr. trib., 3120 ss. afferma che le
indicazioni contenute nella circolare consentono di individuare una articolata sequenza procedimentale che si
sviluppa attraverso: a) attività preliminari (sostanzialmente interne); b) fase istruttoria in contraddittorio
finalizzata, in primo luogo, ad acquisire i termini reali dell‟esborso finanziario individuato come rilevante; c) fase
valutativa, o predecisoria, in cui si esaminano gli elementi addotti dal contribuente, considerando se del caso la
situazione complessiva della cd. famiglia fiscale; d) notifica dell‟eventuale avviso di accertamento, i cui contenuti
possono anche aver assunto notevole difformità rispetto al dato iniziale contenuto nella lista selettiva. Tutto ciò
allo scopo di rendere più ampia e sicura l‟azione degli Uffici cui è assegnato, in ogni caso, il ruolo decisivo per
un‟azione di controllo che risulti, senza essere vessatoria, efficiente ed efficace. Sul riferimento, contenuto nella
circolare, alla cd. famiglia fiscale con l‟intenzione surrettizia e non sorretta dal dato normativo di realizzare il
passaggio da una capacità contributiva riferita al reddito individuale ad una soggettività passiva della famiglia, cfr.
C. SCALINCI, Accertamento sintetico e destinazione familiare del reddito: sintesi ed antitesi del perdurante “strabismo” del
legislatore fiscale, in GT-Giur. trib., 2006, 699 ss.
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DL n. 112/2008 (convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133)
7
con cui, a
normativa invariata, è stato previsto un piano straordinario di controlli finalizzati alla
determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, relativo al triennio
2009/2011, sulla base di elementi e circostanze di fatto desunti dalle informazioni presenti nel
sistema dell‟Anagrafe tributaria, acquisiti nell‟ambito dell‟ordinaria attività di controllo
dell‟amministrazione finanziaria o, ancora, ricavati nel corso delle indagini finanziarie
8
.
In tale contesto, l‟accertamento sintetico si coordina con le più recenti strategie di
contrasto all‟evasione fiscale volte ad individuare, attraverso l‟impiego di strumenti presuntivi
(studi di settore per la determinazione dei redditi d‟impresa e di lavoro autonomo) e per
mezzo dell‟esercizio di ampi e penetranti poteri di indagine finanziaria, le effettive fonti
reddituali
9
.
7
Per un primo commento, cfr. C. NOCERA, Manovra d‟estate. Le misure in materia di controlli e riscossione, in
Fisco, 2008, 4759 s.
8
L‟Agenzia delle Entrate, nella Circolare del 19 ottobre 2006, n. 32 (capitolo V, par. 1), ha messo in evidenza il
possibile collegamento tra accertamento sintetico e risultanze delle indagini finanziarie. Nella Circolare del 9
agosto 2007, n. 49, l‟Agenzia delle Entrate chiarisce che, laddove nel corso delle indagini finanziarie (attivate a
supporto degli indici di capacità contributiva legittimanti l‟accertamento sintetico) vengano rilevate
movimentazioni riconducibili all‟esercizio di attività d‟impresa o di lavoro autonomo, sarà opportuno procedere
prioritariamente con l‟accertamento del reddito delle relative categorie. Tuttavia, qualora le manifestazioni di
spesa correlate agli elementi disponibili conducano alla rideterminazione di un reddito complessivo compatibile
con l‟effettiva capacità contributiva del soggetto sottoposto a controllo e, nel contempo, non siano, allo stato,
disponibili elementi rilevanti ai fini della rettifica delle singole categorie di reddito, l‟Ufficio, sulla base di una
valutazione che tenga conto della proficuità ed economicità dell‟azione accertatrice, potrà legittimamente
avvalersi dell‟accertamento sintetico.
9
È, infatti, proprio dall‟ampliamento delle basi imponibili attraverso l‟azione sinergica di queste misure effettive
di controllo che possono reperirsi le risorse necessarie ad attuare le scelte di politica economica e, allo stesso
tempo, realizzare l‟auspicata graduale riduzione della pressione fiscale (legale). R. LUPI - M. FRANCO, Il difficile
coordinamento tra i diversi strumenti di accertamento degli autonomi, cit., 1343 ss., osservano che l‟effetto combinato
redditometro/studi di settore, accompagnato eventualmente dalle risultanze delle indagini finanziarie, può fare
emergere materia imponibile difficilmente contestabile dal contribuente. Costituisce, inoltre, convincimento,
ormai acquisito, che l‟attività di controllo ha rilievo non tanto per le maggiori entrate che
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3. Fondamento ed evoluzione della teoria dei metodi di
accertamento
Fin dalle più remote leggi del 1864, che introdussero il metodo del contingente
contemperato con quello della quotità, l‟evoluzione dei metodi di accertamento è caratterizzata
dal contrasto tra la tendenza alla individuazione del reddito effettivo e quella favorevole al
reddito normale, per medie, classi, coefficienti e simili. Questa alternativa riflette la difficoltà di
conciliare la tendenza alla determinazione della capacità contributiva effettiva con le rilevanti e
fondate obiezioni, tuttora sussistenti, sul piano della effettuabilità concreta degli accertamenti e
dei controlli
10
.
La determinazione del presupposto con criteri paracatastali era giustificata nel secolo
scorso dalla spiccata staticità delle forme di manifestazione della ricchezza che consentivano
metodi di accertamento sostanzialmente standardizzati i quali fondavano l‟identificazione del
reddito in base a criteri standard a scapito della ricchezza effettiva. Quale che fosse dunque il
criterio adottato, quello degli indici statistici, dei coefficienti di ricarico, delle medie ricavate
dagli studi degli ispettori compartimentali o persino dagli organi dell‟ordinamento corporativo,
era ragionevole ritenere che in presenza di scostamenti insignificanti e di un numero ridotto di
contribuenti questi metodi di accertamento si allontanassero poco dalla realtà.
Criteri diversi invece si imponevano per le grandi società di capitali, cui mal si adeguavano
generiche considerazioni sulla redditività media del settore e la cui situazione specifica non
poteva essere ignorata. Con la diffusione di tali soggetti e la progressiva articolazione
dell‟economia, venne formalizzata la categoria dei soggetti tassabili in base al bilancio, in cui
dominava il principio dell‟accertamento del reddito effettivo in deroga al criterio di
accertamento orientato al reddito normale valevole per tutti gli altri soggetti
11
.
10
FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET.
11
FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET.
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Furono in verità la dottrina e la giurisprudenza a sovrapporre a questi metodi di
accertamento , giustificati dalle esigenze di semplificazione e di facilità applicativa, una “teoria
dei metodi di accertamento” che ridusse questi ultimi a una sorta di regole del gioco: per usare
le espressioni di un autore recente
12
, da cui derivavano conseguenze rilevanti in termini di
motivazione e di prova dell‟avviso di accertamento. E paradossalmente la dottrina e la
giurisprudenza mantennero le proprie convinzioni anche quando la riforma Vanoni-
Tremelloni degli anni ‟50 introdusse il principio della perequazione tributaria e modificò
fondamentalmente le regole di accertamento introducendo l‟obbligo della dichiarazione e il
controllo generalizzato di quelle presentate.
Nel Testo Unico delle Imposte Dirette del 1958 (approvato con il DPR 29 gennaio 1958,
n. 645), infatti, era stato espressamente codificato, tra le disposizioni sull‟accertamento
tributario, il principio di tassazione del reddito effettivo sulla base della dichiarazione del
contribuente in funzione del cd. patto di fiducia
13
tra i due soggetti del rapporto tributario e con
l‟obiettivo di fondare il suddetto rapporto sulla partecipazione attiva del contribuente
all‟attuazione della norma tributaria
14
.
In questo schema logico, la dichiarazione è atto cui viene attribuita una precisa autonomia
funzionale rispetto ai successivi atti dell‟amministrazione finanziaria e la stessa si configura,
pertanto, come oggetto di un procedimento di controllo
15
. Tuttavia, se si attribuisce alla
dichiarazione del contribuente rilevanza autonoma e si considera l‟atto di accertamento come
12
DI PIETRO, Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al contradditorio, in Evoluzione
dell’ordinamento tributario italiano, Atti del convegno I settanta anni di “Diritto e pratica tribuataria”
13
Sulla questione, FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET, afferma che: “di collaborazione
del contribuente nell’accertamento e di attività amministrativa partecipata si parla nel diritto tributario italiano almeno fin dalle
fondamentali opere di Vanoni che appunto teorizzò e introdusse con l’obbligo generalizzato di dichiarazione la prima e essenziale
forma di partecipazione del contribuente all’accertamento del tributo…su questa concezione della collaborazione tra Stato e cittadino
nell’attuazione del tributo, assai moderna per quei tempi, reagirono negativamente la dottrina e l’inefficienza dell’amministrazione.
Così il principio di legalità e la conseguente vincolatezza dell’agire amministrativo da un lato, la vischiosità dei metodi di accertamento
legati al contingente, alle medie, alle tabelle dall’altro, ridussero la collaborazione auspicata da Vanoni a poco più di una regola
formale del gioco”. pp.366
14
FANTOZZI, A. (2001) Attualità del pensiero di Ezio Vanoni in tema di accertamento tributario, Rivista di Diritto
Tributario, 2001, I, 609 ss.
15
Sulla questione, FALSITTA, G. (1972) il ruolo di riscossione, Padova, 34 ss, sostiene che: “Il metodo più sicuro per
attuare un sistema che voglia ancorare l’imposizione all’accertamento del reddito effettivo, è quello di porre a carico del contribuente
stesso l’obbligo di dichiararlo.
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E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
espressione di una mera attività di controllo, si deve, poi, giungere ad affermare che
l‟amministrazione finanziaria intanto ha il potere di determinare la base imponibile in misura
diversa da quella indicata dal contribuente in quanto abbia preliminarmente dimostrato, in
modo puntuale e specifico, la non attendibilità o, comunque, l‟inesattezza dei dati dichiarati
16
.
In questa prospettiva, si colloca la previsione dell‟obbligo, a carico dell‟amministrazione
finanziaria, di adottare, in via ordinaria, il metodo analitico (e analitico-contabile) di
accertamento nei confronti di tutti i soggetti passivi d‟imposta.
Infatti, nell‟articolo 117 del TU delle imposte dirette, veniva specificato che, in ipotesi di
presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, il reddito era accertato mediante
una ricostruzione analitica basata sul controllo delle singole poste che lo componevano
(art.117, 2° comma). Le imprese commerciali, invece, dovevano fornire la prova contraria
all‟accertamento dell‟ufficio quando risultava dal verbale di ispezione che non avevano tenuto
correttamente le scritture o ne avevano rifiutato l‟esibizione; da ciò se ne ricava, per converso,
che, in assenza di tali presupposti, era l‟ufficio a doversi attenere ai dati analitici forniti dal
contribuente (art. 118, 2° comma).
Infine, i redditi dei soggetti tassati (obbligatoriamente o facoltativamente) in base a
bilancio erano determinati sulla base delle risultanze del conto dei profitti e perdite o del
rendiconto (art. 119, 1° comma) ovvero con un metodo generalmente definito accertamento
analitico in base a bilancio.
Tuttavia, quando risultava l‟indicazione di spese e perdite inesistenti o superiori a quelle
effettive, l‟ufficio procedeva anche induttivamente alla integrazione o correzione delle
appostazioni mancanti o inesatte secondo un procedimento denominato integrazione induttiva
della dichiarazione analitica. Non solo, ma in presenza di gravi o ripetute violazioni formali o
sostanziali l‟ufficio poteva procedere alla determinazione del reddito in base alla situazione
16
CARRIROLO, F. (2011) Tutto Accertamento, Gruppo 24 ore, Milano, febbraio 2011.
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E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
economica desunta dai dati e dagli elementi comunque raccolti (art. 120), che costituiva il
metodo definito all‟epoca “accertamento sintetico” dei soggetti tassabili in base al bilancio.
17
Nella prospettiva della riforma Vanoni-Tremelloni del 1958, quindi, l‟accertamento della
base imponibile con metodo induttivo o sintetico rappresentava una eccezione rispetto
all‟accertamento analitico.
Sul fondamento di questa premessa, la cd. teoria dei metodi di accertamento è stata solitamente
affrontata e discussa ragionando come se ad un interesse del contribuente all‟accertamento
analitico si potesse e dovesse contrapporre un interesse dell‟amministrazione finanziaria
all‟accertamento induttivo o sintetico
18
. In tale prospettiva, il metodo di accertamento analitico
è stato visto non come lo strumento più adeguato per pervenire alla determinazione del
reddito effettivo e, quindi, ad una corretta applicazione del tributo ma come uno strumento di
tutela e di garanzia a favore del contribuente (e, soprattutto, a favore dei soggetti tenuti alla
redazione del bilancio) contro i possibili abusi che l‟amministrazione finanziaria potrebbe
perpetrare ai suoi danni adottando il metodo induttivo o sintetico.
Di fronte alle concrete difficoltà di procedere all‟accertamento analitico per ciascun
soggetto passivo d‟imposta, gli Uffici finanziari ricorrevano all‟accertamento induttivo o
sintetico non soltanto nelle ipotesi in cui l‟adozione del metodo analitico si fosse rivelata
impossibile o talmente difficile da lasciare ragionevolmente supporre che il reddito accertato
analiticamente sarebbe stato largamente inferiore a quello effettivo ma anche in tutti quei casi
in cui, dopo aver riscontrato l‟esistenza di irregolarità meramente formali, si procedeva alla
determinazione del reddito in base alla situazione economica del contribuente desunta dai dati
e dagli elementi comunque raccolti
19
. L‟amministrazione finanziaria, operando in questa
direzione, legittimava, nei confronti di tutti i soggetti non tassati in base al bilancio,
17
FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET
18
FANTOZZI, A., I rapporti tra Fisco e contribuente nella nuova prospettiva dell’accertamento tributario,
19
FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET
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E Ev vo ol lu uz zi io on ne e s st to or ri ic co o- -n no or rm ma at ti iv va a d de el ll la a t te eo or ri ia a d de ei i m me et to od di i d di i a ac cc ce er rt ta am me en nt to o C Ca ap pi it to ol lo o I I
un‟imposizione fondata, in sostanza, sui cd. coefficienti medi di redditività
20
, adducendo – come
giustificazione all‟inosservanza della regola generale – l‟inattendibilità sostanziale delle
dichiarazioni sulla base, peraltro, di un riscontro meramente formale.
Parte della dottrina
21
ha messo in rilievo le perplessità ed i rischi collegati al verificarsi, nel
sistema tributario riformato con la legge delega del 1971, degli stessi inconvenienti cui aveva
condotto, nel precedente sistema, la cd. teoria dei metodi di accertamento.
A questo riguardo, occorre precisare che, con la riforma tributaria del 1971, il legislatore –
pur prendendo atto del superamento, operato dalla prassi amministrativa, dei principi cardine
della riforma Vanoni-Tremelloni aveva ribadito con fermezza che un‟efficace e moderna
imposizione dei redditi, attraverso la quale dare concreta attuazione al principio costituzionale
di capacità contributiva, non poteva che avere per oggetto il reddito effettivo determinato
analiticamente sulla base, ove possibile, delle scritture contabili (ovvero secondo principi di
competenza economica) ed in base alle risultanze del bilancio per i soggetti obbligati a
redigerlo.
Tanto è vero che lo stesso legislatore aveva delineato, in materia di accertamento, un
sistema normativo che prevedeva, da una parte, l‟assoggettamento dei contribuenti a una vasta
serie di obblighi strumentali (tra cui quelli della tenuta e della conservazione delle scritture
contabili per tutti gli esercenti attività d‟impresa, arti e professioni) e, dall‟altra, l‟impiego del
metodo analitico come metodo ordinario di accertamento della base imponibile, fatte salve le
fattispecie, tassativamente disciplinate, di mancata ottemperanza da parte dei contribuenti ai
propri obblighi strumentali
22
.
Il quadro normativo emergente dall‟attuazione della delega per la riforma tributaria era
caratterizzato, quindi, dalla valorizzazione delle scritture contabili le quali, oltre a diventare
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FALSITTA, G. (1972) il ruolo di riscossione, Padova, 209-216
21
LA ROSA, S. (1981) Scienza, politica del diritto e dato normativo nella disciplina dell’accertamento dei redditi, in Riv. Dir.
Fin. sc. Fin, I, 558 ss.
22
FANTOZZI, A. (2003) Il diritto tributario, 3° ed, Torino, UTET, pp.429-431.
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