La gestione delle diversità nei servizi educativi, sociali e sanitari. Una ricerca empirica nella provincia di Bergamo.
La presenza negli ultimi anni di cittadini di origine straniera, apportando una diversificazione culturale, sociale e demografica, ha stimolato una rilettura della società, provocando una graduale trasformazione in ambito normativo, istituzionale, formativo ed organizzativo: questo processo ha interessato anche l’ambito dei servizi alla persona - siano essi sociali, educativi e sanitari – proponendo una serie di percorsi per cercare di adeguare le risposte ad una domanda in continuo mutamento.
Tali percorsi, come spesso accade nella prassi, sono mossi da un bisogno alle volte emergenziale, come ad esempio quello dell’assistenza sanitaria, oppure più quotidiano, come quello della presenza a scuola di nuovi cittadini, spesso precedono i lenti percorsi del diritto, dando luogo ad originali esperienze in diverse regioni ad opera soprattutto dell’associazionismo e del volontariato.
L’affermazione del diritto alla cittadinanza, così come a quello all’istruzione e alla salute, come patrimonio irrinunciabile della persona, sia essa migrante o autoctona, a prescindere dal suo status giuridico, ha successivamente potuto sancire ciò che la prassi aveva già fatto emergere: una volta creati e sanciti gli strumenti giuridici, il passaggio successivo, più impegnativo e difficile, risiede nella creazione di nuovi strumenti culturali che diano luogo ad una profonda e necessaria trasformazione della società, in grado di edificare un ambiente umano e vivibile.
Sempre più spesso ci si accorge, infatti, che operatori sociali, sanitari e personale educativo si trovano, a diversi livelli - dirigenziali, amministrativi e operativi - a dover affrontare problemi di comunicazione apparentemente insormontabili, senza essere dotati di adeguati strumenti culturali. Ancor più spesso, tali problemi sembrano essere superabili attraverso traduzioni in lingua: ci si affida così alla carta stampata, la quale spesso non viene nemmeno presa in considerazione da utenti o possibili tali.
Sembra davvero questa la vera emergenza: riuscire a comunicare. Non solo con chi possiede una lingua madre differente o ha origini diverse, ma con chi ha un retroterra valoriale, una serie di esperienze, una formazione differente: il collega assistente sociale che lavora nell’area territoriale con cui si ha che fare ogni giorno; il preside della scuola con cui ci si deve interfacciare per risolvere una certa questione per un progetto extrascuola; l’ostetrica che lavora con la famiglia seguita nel servizio di assistenza domiciliare; il referente d’area con cui lavoriamo a stretto contatto ma cui difficilmente riusciamo a comunicare veramente o, ancora, l’assessore del comune in cui operiamo, rispetto al quale sembra di vivere in un universo parallelo.
Nel corso degli ultimi anni molte sono le variazioni che sono avvenute nel panorama legislativo, poi tradottesi in metodologie operative all’interno dei servizi: eppure ancora molte sono le questioni irrisolte, continuando a trattare tali questioni come emergenze e parlando di tolleranza invece che di rispetto.
Quale struttura dinamica deve assumere ogni comunicazione all’interno di organizzazioni socio-assitenziali e sanitarie, capaci di accogliere le richieste di una società complessa?
Questo, in breve, il senso dell’elaborato che segue: nato da un progetto di ricerca riguardante la condizione delle donne di origine straniera residenti nelle valli Imagna e Brembana, si pone come fine una riflessione sui processi di comunicazione che avvengono quotidianamente all’interno di vari ambiti, quale quello dei servizi sociali, sanitari - ospedali e consultori – ed i vari centri educativi - nidi, servizi integrativi, centri di aggregazione giovanile. Luoghi in cui nasce l’incontro non solo fra ciò che normalmente definiamo diverso - il paziente ecuadoregno o l’utente marocchina - ma dove nasce l’incontro e spesso lo scontro tra chi appartiene ad una cultura professionale diversa: attori istituzionali, tecnici che lavorano nel terzo settore, addetti ai lavori di altre organizzazione con cui si collabora.
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Informazioni tesi
Autore: | Marina Bonfanti |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Milano - Bicocca |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Programmazione e gestione dei servizi e delle politiche sociali |
Relatore: | Ida Castiglioni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 159 |
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