L'Europa dal 1989 a Maastricht nel dibattito politico-parlamentare europeo, italiano e francese.
L’oggetto di studio di questo lavoro riguarda l’analisi comparata del processo di integrazione europea nell’arco temporale 1989-1993, partendo dalla fase storica precedente la caduta del muro di Berlino e termina con l’entrata in vigore del trattato di Maastricht. Particolare interesse è rivolto alla posizione dei gruppi parlamentari nel dibattito politico-parlamentare del periodo al Parlamento Europeo (PE), alla Camera dei Deputati e all’Assemblée Nationale. Nello specifico, l’interesse di questo studio può emergere dalla validità di un approccio che, facendo luce sulle logiche inter-statali, si soffermi maggiormente sulle logiche interne e sugli schieramenti creatisi nel dibattito italo-francese ed europeo in risposta alla caduta del Muro e alla relativa volontà di porre in atto (o meno) riforme importanti in seno alla Comunità. Questa prospettiva, studiata sia attraverso l’analisi dei dibattiti parlamentari nelle tre assemblee di riferimento che facendo riferimento alle conclusioni emerse dai singoli summits del Consiglio Europeo, permette di fornire un quadro piuttosto completo sull’andamento dei progressi nelle negoziazioni verso il Trattato sull’Unione Europea (TUE) e garantisce una visione da insider, emersa sia dalla diversa concezione europea dei partiti di due paesi fondatori come Italia e Francia che dal framing di un’istituzione sovranazionale – ancora piuttosto debole all’epoca - come il PE.
L’analisi e la comparazione dei testi utilizzati, perciò, serve a mostrare in profondità l’attinenza del filone di riferimento: senza sottovalutare l’importanza “de la relance” comunitaria avviatisi con la nomina di Jacques Delors alla presidenza della Commissione e l’approvazione dell’Atto Unico nel febbraio 1986, lo “scricchiolamento” della Repubblica Democratica Tedesca, la caduta del muro di Berlino e lo slancio immediato del cancelliere Kohl, che dopo poco più di due settimane propose – senza nemmeno consultare i suoi alleati – i dieci punti del piano di riunificazione del paese aprendo la prospettiva del ritorno alla “grande Germania”, giocano un ruolo decisivo nell’accelerazione della costruzione europea. Lo studio delle posizioni dei gruppi parlamentari francesi, italiani ed europei dinnanzi alla caduta del Muro, infatti, mostrano la validità di quello che ho definito “l’argomento geopolitico”, laddove l’ipotesi di un ritorno repentino alla Germania unita aveva fatto montare la “paura” a livello europeo: di conseguenza, in primo luogo capi di stato decisivi come François Mitterrand e Margaret Thatcher osteggiano velatamente la riunificazione, e successivamente, il rafforzamento delle istituzioni europee viene visto come la sola risposta possibile al timore che l’Europa venisse schiacciata dal “gigante tedesco”, dando vita ad un’ “Europa germanica”.
Questo lavoro ha permesso di mettere da parte le visioni puramente intergovernamentali, che tendono a concepire l’integrazione europea come un processo basato sugli interessi nazionali, per cui – con o senza la caduta del Muro – “Maastricht avrebbe visto comunque la luce”; al contrario, la “spiegazione geopolitica” viene rafforzata non solo dai dibattiti ma anche guardando alla tempistica dei progressi compiuti a partire dall’estate 1989: sebbene l’Unione economico-monetaria (UEM) e l’Unione politica (UP) fossero state discusse diversi anni in anticipo, è il Consiglio Europeo di Strasburgo (8-9 dicembre 1989) che, a soli due mesi di distanza dalla distruzione del simbolo di divisione del continente, lancia la “nuova architettura europea” prefigurando l’intensificazione dell’UEM come “risposta necessaria” a quegli eventi.
Per quanto riguarda il PE, l’analisi dei dibattiti ha messo in luce il “conflitto istituzionale” tra l’unico organo elettivo dell’Unione e le altre istituzioni: queste si riferiscono retoricamente al PE nei dibattiti in assemblea plenaria, ma rispondono raramente alle richieste avanzate dagli europarlamentari. Ne deriva, perciò, un parlamento molto unito sulle questioni istituzionali (non mancano i casi di “voto istituzionale” come mezzo di pressione), ma molto più legato alle “logiche nazionali” e all’interesse del paese di riferimento nei dibattiti sull’UEM, all’interno di un sistema politico che “non si divide sull’Europa”, quanto piuttosto sulla classica frattura destra-sinistra.
La parte finale del lavoro, dedicata all’avvio dell’europessimismo successivo alla firma del Trattato, ha mostrato le difficoltà di far appassionare i popoli ad un’Europa “troppo complessa”, oltre che l’asimmetria di un progetto che sembra confermare la volontà di creare “l’Euro ma non l’Europa”. Guardando a Maastricht da lontano, perciò, si può dire che il duo Kohl-Mitterrand ha agito nel solco della tradizione, ravvivando la componente elitaria del progetto avviato con la CECA e mettendo in marcia, probabilmente, più di quanto gli stessi popoli europei non fossero disposti ad accettare.
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Carrino |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | Sandro Rogari |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 166 |
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