Il Venture Capital può cambiare una nazione: il caso d'Israele
Quando al rapinatore americano di banche, Willie Sutton, arrestato nel 1952, venne chiesto prechè rapinava le banche, Willie rispose candidamente perché è lì che ci sono i soldi. Mentre in Italia, oggi, il nuovo imprenditore non sarebbe capace di rispondere alla domanda: dove si trovano i soldi? Perché difficilmente li trova nelle banche. Molti sono convinti dell’importanza del venture capital (Vc), anche se non lo hanno ben capito, ma pochi lo considerano l’investimento alternativo necessario e fondamentale per gestire la crescita industriale innovativa.
Il Vc viene visto da molti come esterno al mondo della finanza: sembra un’altra cosa, mette assieme tecnologia e finanza, parla di imprese che non esistono, di mercati e tecnologie non ancora materializzati, promette grandi successi, ma su tempi lunghi. In Italia, il Vc stenta a crescere e a svilupparsi: non solo per la mancanza di fattori specifici, ma anche per le difficoltà che la società e la cultura del nostro paese ancora dimostrano nell’accettare un’attività che appare come uno strano miscuglio di avventura, rischio ed elevati profitti (o elevate perdite). Anche il fatto che la legislazione a favore delle piccole imprese non si sia, fino ad oggi, riferita al Vc come possibile strumento per il sostegno dell’impresa minore, dipende probabilmente non solo da una inadeguata informazione, ma anche da un senso di diffuso scetticismo riguardo a questa attività.
La situazione odierna è peggiore di quella di qualche anno fa. Oggi non si può più contare nemmeno sui capitali stranieri, come accadde per i fondi creati nel periodo 1999-2000.
I motivi vanno al di là della crisi globale attuale e sono riconducibili a:
i) scarsa credibilità delle capacità innovative italiane;
ii) carenza di imprenditori per imprese high-tech;
iii) scarsa credibilità del sistema Italia, anche dovuta ai vari scandali e
iv) incapacità di comprendere lo scenario politico ed economico italiano.
Ovviamente, questa valutazione e questo atteggiamento paranoico sono solo plausibili in minima parte e si può dimostrare che in Italia esistono le condizioni per fare imprese innovative. Anche la storia dell’Italia lo dimostra. Ma solo creando nuove iniziative vincenti possiamo modificare, in termini favorevoli, la percezione dell’estero.
Il caso israeliano è un ottimo spunto di riflessione. La rapida ascesa delle sue attività high tech ha dell’incredibile. In realtà, analizzando il successo d’Isreale, ci si rende conto che l’impegno con cui il governo ha elaborato ed implementato una radicale politica d’innovazione è stato incredibile.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Morelli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Amministrazione, Finanza e Controllo |
Relatore: | Alessandro Frova |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 65 |
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