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Dalla rappresentazione alla spiegazione. Un esperimento in Didattica della Geografia nella Scuola Primaria.

La prima parte del lavoro è stata dedicata all’aspetto teorico della disciplina; il capitolo uno parte dall’analisi etimologica del termine “Geografia”, nel quale notiamo già quanto siano variegati i linguaggi che ruotano attorno alla voce greca graphe (da quello verbale a quello grafico, iconico, statistico, per citarne alcuni). Il discorso si sposta poi alla didattica della geografia, della quale ho illustrato l’approccio quantitativo e qualitativo ed ho sottolineato l’importanza di seguire costantemente entrambi gli approcci, perché l’attività di ricerca non può rimanere distinta dall’attività cartografica; così come l’importanza di far interagire l’osservazione diretta con quella indiretta, perché l’insegnante non deve dare soluzioni già preconfezionate, ma far avvertire il problema agli allievi, sollecitare il dialogo ed il confronto in aula, cosicché ogni soggetto si senta coinvolto in prima persona nel dibattito disciplinare e interdisciplinare. La geografia attuale individua il focus del proprio interesse nelle azioni territoriali, ossia in tutti quegli atti compiuti dall’uomo in un determinato territorio per controllarlo simbolicamente (denominazione), praticamente (reificazione) ed estensivamente (strutturazione). Quindi ho introdotto alcuni concetti chiave come quello di spazio, inteso come un’estensione della superficie terrestre dotata di attributi specifici; per cui si tratta di un qualcosa che esiste prima ancora dell’uomo stesso, sul quale l’individuo può esprimere la propria azione. Il territorio, che viene visto come spazio antropizzato, frutto di una serie di azioni collettive risultanti da un lavoro di continua progettazione; l’ambiente, inteso non più come ambito di scambio tra elementi biotici ed abiotici dell’ecosfera, ma come il prodotto ultimo del processo di territorializzazione umana, indispensabile per garantire la sopravvivenza della specie. L’aula nella Scuola Primaria rappresenta per il bambino proprio il punto di incontro di queste tre realtà; infatti è uno spazio antropizzato, quindi un territorio, all’interno del quale avvengono scambi ed interazioni, che portano ad una modificazione continua del contesto. Attualmente i programmi della Scuola Primaria privilegiano un uso pluralistico integrato dei vari approcci regionale e generale, problematico, concettuale, paradigmatico, con il fine di sviluppare negli allievi una mappa mentale più complessa, il senso di valorizzazione territoriale e la collocazione spaziale degli elementi. La geografia in tal senso favorisce la diffusione di una conoscenza scientifica del territorio, che riesce a far leggere al bambino la questione ambientale come aspetto precipuo delle relazioni contemporanee, esistenti tra uomo, ambiente e società. L’esperienza di laboratorio geografico, descritta nel capitolo tre, ha coinvolto una classe quarta Nell’ultimo capitolo ho proposto un progetto di laboratorio geografico riferito al Parco Nazionale d’Abruzzo, che inizia dalle lezioni didattiche in aula, prosegue con la scoperta dello spazio di vita più ristretto del bambino ed arriva al Parco Nazionale, nel pieno rispetto del valore euristico della geografia. Il bambino impara ad orientarsi nello spazio compiendo come prima tappa una conoscenza della propria scuola; poi si passa alla scoperta del percorso casa-scuola, valutando se questo viene compiuto a piedi o in macchina, con la mamma o con il papà. Il lavoro successivo riguarda la conoscenza delle cartine geografiche e la creazione di un ipotetico percorso da compiere in pullman dalla propria città al parco. L’itinerario possibile viene scelto dalla classe confrontando i tragitti elaborati dai vari gruppi, valutandone limiti e potenzialità. e una classe quinta in un progetto di educazione ambientale. Dunque un lavoro complesso ed articolato, che porta però alla fine a risultati molto soddisfacenti non solo sul piano didattico, ma anche su quello più prettamente tecnico di acquisizione di competenze da parte degli allievi.
In tale percorso la geografia acquista un ruolo centrale, esercitando il bambino all’impiego di punti di vista diversi da sfruttare per poter analizzare la realtà.

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2 INTRODUZIONE Ho iniziato a pensare questo lavoro sulla geografia nella scuola primaria domandandomi perché John Dewey, già nel lontano 1899, nell’opera Scuola e Società, definiva la geografia come la madre di tutte le discipline e perché la scuola primaria abbia ancora difficoltà a trasmettere il piacere di operare con e nella geografia. Nel tentativo di dare una risposta a tali quesiti, ho realizzato una tesi che ha preso il via da due ipotesi di ricerca, le quali hanno dato l’input al titolo e all’ossatura dell’intero elaborato: 1) il cosa insegnare e 2) il come insegnare quando si parla di geografia. L’obiettivo è stato quello di offrire un contributo che potrà essere utile ai miei futuri allievi, colleghi maestri, ai miei futuri dirigenti scolastici e a tutti coloro che hanno a cuore la formazione. La prima parte del lavoro è stata dedicata all’aspetto teorico della disciplina; il capitolo uno si apre con l’analisi etimologica del termine “Geografia”, nel quale notiamo già quanto siano variegati i linguaggi che ruotano attorno alla voce greca graphe (da quello verbale a quello grafico, iconico, statistico, per citarne alcuni). I paragrafi dedicati allo sviluppo del pensiero geografico, dall’istituzionalizzazione della geografia quale disciplina fino ai giorni nostri, ci evidenziano tre fasi distinte: 1) quella del positivismo-determinismo e funzionalismo, 2) quella dello storicismo e possibilismo ed infine 3) la prospettiva umanista e l’approccio costruttivista. Il discorso si sposta poi alla didattica della geografia, della quale ho illustrato l’approccio quantitativo e

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