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INTRODUZIONE
Ho iniziato a pensare questo lavoro sulla geografia nella scuola
primaria domandandomi perché John Dewey, già nel lontano
1899, nell’opera Scuola e Società, definiva la geografia come la
madre di tutte le discipline e perché la scuola primaria abbia
ancora difficoltà a trasmettere il piacere di operare con e nella
geografia. Nel tentativo di dare una risposta a tali quesiti, ho
realizzato una tesi che ha preso il via da due ipotesi di ricerca, le
quali hanno dato l’input al titolo e all’ossatura dell’intero
elaborato: 1) il cosa insegnare e 2) il come insegnare quando si
parla di geografia. L’obiettivo è stato quello di offrire un
contributo che potrà essere utile ai miei futuri allievi, colleghi
maestri, ai miei futuri dirigenti scolastici e a tutti coloro che hanno
a cuore la formazione.
La prima parte del lavoro è stata dedicata all’aspetto teorico
della disciplina; il capitolo uno si apre con l’analisi etimologica
del termine “Geografia”, nel quale notiamo già quanto siano
variegati i linguaggi che ruotano attorno alla voce greca graphe
(da quello verbale a quello grafico, iconico, statistico, per citarne
alcuni). I paragrafi dedicati allo sviluppo del pensiero geografico,
dall’istituzionalizzazione della geografia quale disciplina fino ai
giorni nostri, ci evidenziano tre fasi distinte: 1) quella del
positivismo-determinismo e funzionalismo, 2) quella dello
storicismo e possibilismo ed infine 3) la prospettiva umanista e
l’approccio costruttivista. Il discorso si sposta poi alla didattica
della geografia, della quale ho illustrato l’approccio quantitativo e
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qualitativo ed ho rilevato l’importanza di seguire costantemente
entrambi gli approcci, perché l’attività di ricerca non può rimanere
distinta dall’attività cartografica; così come l’importanza di far
interagire l’osservazione diretta con quella indiretta, perché
l’insegnante non deve dare soluzioni già preconfezionate, ma far
avvertire il problema agli allievi, sollecitare il dialogo ed il
confronto in aula, cosicché ogni soggetto si senta coinvolto in
prima persona nel dibattito disciplinare e interdisciplinare. La
geografia attuale individua il focus del proprio interesse nelle
azioni territoriali, ossia in tutti quegli atti compiuti dall’uomo in un
determinato territorio per controllarlo simbolicamente
(denominazione), praticamente (reificazione) ed estensivamente
(strutturazione). Poi ho introdotto alcuni concetti chiave come
quello di spazio, inteso come un’estensione della superficie
terrestre dotata di attributi specifici; per cui si tratta di un qualcosa
che esiste prima ancora dell’uomo stesso, sul quale l’individuo
può esprimere la propria azione. Il territorio, che è visto come
spazio antropizzato, frutto di una serie di azioni collettive risultanti
da un lavoro di continua progettazione; l’ambiente, inteso non più
come ambito di scambio tra elementi biotici ed abiotici
dell’ecosfera, ma come il prodotto ultimo del processo di
territorializzazione umana, indispensabile per garantire la
sopravvivenza della specie. L’aula nella Scuola Primaria
rappresenta per il bambino proprio il punto di incontro di queste
tre realtà; infatti è uno spazio antropizzato, quindi un territorio,
all’interno del quale avvengono scambi ed interazioni, che portano
ad una modificazione continua del contesto. Socialità, alterità ed
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individualità si incontrano in uno spazio condiviso, che
rappresenta anche un abitare simbolico da parte degli alunni.
In tal senso, quindi, insegnanti e scolari si trasformano in tanti
homines geographici, che vivono attivamente il proprio territorio,
lo controllano e lo modificano, in un costante divenire che
consente un continuo processo di adattamento sociale e culturale.
Nel secondo capitolo ho trattato nello specifico il tema della
geografia nella Scuola Primaria. La riflessione sulla dimensione
spaziale nel bambino, che comprende sia elementi biologici sia
elementi culturali, ha messo in evidenza il rapporto stretto che
intercorre tra spazio mentale e costruzione dell’identità. Quindi, la
prima forma di apprendimento nel bambino della conoscenza
spaziale, è rappresentata dal contatto diretto tra questo e
l’ambiente, momento durante il quale l’attività preponderante è
quella di osservazione della realtà. Lo sviluppo di una capacità di
rappresentazione spaziale, si articola su quattro punti
fondamentali, che sono 1) la localizzazione, la quale consente al
bambino di riuscire a mettere in relazione gli oggetti tra di loro da
un punto di vista spaziale; 2) la distanza, che permette agli alunni
di misurare lo spazio esistente tra due elementi; 3) la scala
geografica, che offre la possibilità di adottare dei parametri di
misurazione oggettivi, universalmente condivisi; 4) il punto di
vista, che dà spaccati differenti del mondo, mettendo a confronto
locale e globale e stimola la capacità di analisi del soggetto.
Oggi il metodo di insegnamento-apprendimento della
geografia non può più limitarsi al semplice uso del libro di testo ed
è necessario individuare strumenti e approcci diversi, che
attualmente sono suddivisi in metodi espositivi, a carattere
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prettamente deduttivo, rappresentati dalla lezione frontale in aula,
nonché dallo studio del libro di testo; e metodi di indagine o
scoperta, per lo più induttivi, per cui partendo dall’ipotesi tentano
di raggiungere un principio generale; si basano per lo più su
attività di ricerca, la quale attivando l’alunno in prima persona,
stimola in lui la capacità di osservazione e di analisi.
Attualmente i programmi della Scuola Primaria privilegiano
un uso pluralistico integrato dei vari approcci regionale e generale,
problematico, concettuale, paradigmatico, con il fine di sviluppare
negli allievi una mappa mentale più complessa, il senso di
valorizzazione territoriale e la collocazione spaziale degli
elementi. La geografia in tal senso favorisce la diffusione di una
conoscenza scientifica del territorio, che riesce a far leggere al
bambino la questione ambientale come aspetto precipuo delle
relazioni contemporanee, esistenti tra uomo, ambiente e società.
Il grado di preparazione raggiunto e le competenze acquisite
da parte degli allievi possono essere oggetto di valutazione, e a
quest’ultima viene riconosciuto un ruolo fondamentale sia nella
fase precedente che in tutta quella di svolgimento dei percorsi
curricolari degli alunni, poiché attiva le azioni da intraprendere,
coordina quelle già avviate e promuove un bilancio critico rispetto
a quelle già concluse. La didattica per moduli è la migliore
risposta possibile in questo momento alla necessità di valutazione
scolastica, poiché consente di strutturare un percorso a tappe, di
volta in volta analizzabili e ridefinibili, a seconda delle necessità
dell’aula.
Secondo Kary Mullis "Un laboratorio è solo un altro posto
per giocare" e ciò è assolutamente vero in quanto gli alunni
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dovrebbero viverlo come uno spazio a loro disposizione per poter
apprendere direttamente dall’esperienza concreta le nozioni
fondamentali di geografia, in maniera creativa e sperimentale. Il
laboratorio come strumento didattico prevede la possibilità di un
apprendimento trasversale tra discipline anche molto differenti tra
loro, e l’attivazione da parte dei bambini dei tre canali del sapere,
del sapere essere e del saper fare. L’esperienza di laboratorio
geografico, descritta nel capitolo tre, ha coinvolto una classe
quarta e una classe quinta in un progetto di educazione ambientale.
L’approccio formativo, applicato nel lavoro personalmente
condotto presso la Scuola Primaria “Leonardo Da Vinci” di
Cerreto Guidi, è stato quello della "didattica per concetti", dal
momento che, per la loro funzione di progressione e di
essenzializzazione, i concetti permettono al bambino di attuare
un’economia cognitiva, addensando il suo sapere, che è in una fase
di continua espansione.
Gli spazi individuati per l’attività proposta sono stati scelti in
base al criterio della creazione di una sorta di continuità ideale e di
relazione tra interno ed esterno della scuola; perciò, a volte si sono
sfruttate aree che si trovavano dentro le mura scolastiche, aule in
primis per la parte teorica ed a seguire il giardino pubblico per
l’esperienza pratica. Una tale scelta operativa ha facilitato nel
bambino lo sviluppo del senso di orientamento e di esplorazione
dell’ambiente, partendo dal contesto che gli è maggiormente
familiare per spostarsi, via via, in contesti sempre più distanti. Nel
corso del laboratorio sono state compiute riflessioni e lavori sulle
istituzioni locali, sulla lettura della piantina comunale, su alcune
fonti energetiche come il vento e il sole, sulla salvaguardia
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dell’ambiente. E’ venuto fuori un lavoro di équipe che ha
coinvolto, oltre alle colleghe maestre, anche le famiglie ed esperti
della guardia forestale. Tali attività laboratoriali consentono una
crescita personale ed interpersonale non solo degli alunni, ma di
tutte le figure coinvolte al proprio interno.
Nell’ultimo capitolo ho proposto un progetto di laboratorio
geografico riferito al Parco Nazionale d’Abruzzo, che inizia dalle
lezioni didattiche in aula, prosegue con la scoperta dello spazio di
vita più ristretto del bambino ed arriva al Parco Nazionale, nel
pieno rispetto del valore euristico della geografia. Il bambino
impara ad orientarsi nello spazio compiendo come prima tappa
una conoscenza della propria scuola; poi si passa alla scoperta del
percorso casa-scuola, valutando se questo viene compiuto a piedi o
in macchina, con la mamma o con il papà. Il lavoro successivo
riguarda la conoscenza delle cartine geografiche e la creazione di
un ipotetico percorso da compiere in pullman dalla propria città al
parco. L’itinerario possibile è scelto dalla classe confrontando i
tragitti elaborati dai vari gruppi, valutandone limiti e potenzialità.
L’insegnante, coadiuvato anche da esperti della guardia forestale,
illustra le caratteristiche ambientali dell’area protetta. L’ultima
parte del laboratorio sarà infine dedicata alla creazione di una
mappa geografica del parco stesso, riportante pianure, rilievi,
montagne e corsi d’acqua presenti al suo interno. Alcuni spazi
degli elaborati saranno lasciati bianchi e riempiti in seguito con le
foto scattate direttamente sul posto dagli alunni. La gita al parco
permette un contatto diretto con l’ambiente e consente di
sperimentarne la relazione anche attraverso l’udito, l’olfatto ed il
tatto. Studiare dal vivo animali e piante, precedentemente visti
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solo sui libri o su internet, permette di valutare le propria capacità
immaginativa e rappresentativa, nonché di tarare la propria abilità
nel fare delle ipotesi. Dunque un lavoro complesso ed articolato,
che porta però a risultati molto soddisfacenti non solo sul piano
didattico, ma anche su quello più prettamente tecnico di
acquisizione di competenze da parte degli allievi.
In tale percorso la geografia acquista un ruolo centrale,
esercitando il bambino all’impiego di punti di vista diversi da
sfruttare per poter analizzare la realtà.
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CAPITOLO PRIMO
L L’ ’E ED DU UC CA AZ ZI IO ON NE E G GE EO OG GR RA AF FI IC CA A
1.1 La geografia ed i suoi riferimenti teorici
Il termine geografia, così come ricorda Franco Farinelli
1
, lega
la sua etimologia a due parole greche: geo, che significa terra e
grafia, dalla traduzione più ambigua, poiché indica, allo stesso
tempo, sia immagine che scrittura, ma anche sia disegno (carta
geografica) che discorso scritto (descrizione). Quindi, appare
subito evidente come si tratti di una disciplina fortemente
variegata, con una precipua molteplicità linguistica, la quale spazia
dal linguaggio verbale a quello iconico, grafico, statistico e così
via.
Per poterci addentrare nel cuore della teoria della ricerca e,
quindi, della didattica della geografia, definendo un punto di
incontro tra le due aree, è importante definire alcuni concetti
teorici preliminari, tentando poi di connetterli fra di loro:
1) il cosa: ossia l’oggetto della ricerca geografica, condiviso
dall’intera comunità di geografi dall’origine dell’istituzione
della geografia fino ad oggi;
2) il come: quindi l’evoluzione epistemologica della ricerca
geografica;
1
Farinelli F., Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Einaudi,
Torino 2003, pp. 6-9.
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3) il chi: quindi i protagonisti del percorso didattico di
insegnamento e di apprendimento della disciplina;
4) il quando: cioè la lettura diacronica degli elementi
coinvolti
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.
Se dunque si analizza lo sviluppo del pensiero geografico,
dall’istituzionalizzazione della geografia, quale disciplina, fino ai
giorni nostri, è ben visibile allora come si sia verificato un
avvicendarsi del paradigma positivista e di quello storicista
3
.
E’ possibile quindi distinguere tre fasi distinte di sviluppo,
come tra poco tenteremo di illustrare in modo maggiormente
dettagliato ed approfondito.
1.1.1 Fase I: Positivismo-determinismo e funzionalismo
Ratzel
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, principale sostenitore della teoria della geografia
deterministica, sostiene che la natura possa essere considerata alla
stregua di una variabile indipendente, che agisce sull’uomo, inteso
di conseguenza come una variabile dipendente, e ne condiziona il
comportamento e le scelte: ecco perché una data società la si
ritrova in un dato territorio. Si tratta perciò di un approccio di
studio di tipo prettamente scientifico, a carattere nomotetico
5
.
2
Tali punti sono proposti da Rocca L., Geo-scoprire il mondo. Una nuova
didattica dei processi territoriali, La Biblioteca Pensa MultiMedia, Lecce
2007, pag. 36.
3
Tale tesi è sostenuta in Capel H., Filosofia e scienza nella geografia
contemporanea, Milano, Unicopli 1987.
4
Ratzel F., Geografia dell’uomo (Antropogeografia). Principi d’applicazione
della scienza geografica alla storia, Fratelli Bocca Editori, Torino 1914.
5
Windelband ha distinto i diversi ambiti delle scienze in due grandi
categorie: a) scienze nomotetiche: quelle che hanno come oggetto di studio
le leggi logiche, le scienze della natura; b) scienze idiografiche: come la
storia, l’economia, il diritto, ossia quelle che si occupano dello studio di