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Parigi oltre la Torre. Politiche urbane nella Francia delle banlieues, nella Parigi dei quartieri sensibili

Il fenomeno dell’urbanizzazione in Francia coincide con il progressivo debordare delle città oltre i loro storici confini andando a invadere ciò che città non era e costringendo molti territori a cambiare “abito culturale”. Trasformati da borghi rurali in agglomerazioni urbane sempre più grandi, questi luoghi che circondavano un tempo le città senza avere alcun legame con esse, si tramutavano man mano in qualcosa di simile all’urbano, ma che città tuttavia non era: la banlieue. Le prime fasi della ricerca si propongono di analizzare i vari aspetti della questione, a cominciare dalle origini medievali della parola banlieue, passando per la configurazione moderna di questa particolare entità geografica tra Ottocento e Novecento. La fine della storia passata della banlieue la vede incarnare una specificità francese del dopoguerra, quella dei grands ensembles, grandi complessi residenziali di migliaia di alloggi, anima di cemento della modernità. All’inizio essi furono speranza e modello per il mondo di virtuosa crescita urbana, ma, già vent’anni dopo, quando la scarsa qualità dei materiali e la marginalità geografica ne causarono il precoce degrado, divennero simbolo, in molti casi, del completo fallimento di un’idea di sviluppo residenziale massivo, condotto secondo i canoni quantitativi dell’economia industriale e del risparmio applicati alla costruzione di immobili. Non minore attenzione è stata dedicata alla configurazione presente della banilieue, all’importante peso demografico delle fasce più lontane di urbanizzazione, della crescita periurbana e alle difficoltà relative alla definizione precisa di tali entità geografiche. Una ricerca sul fenomeno dell’ urbanizzazione periferica, non poteva esimersi dall’analizzare il contesto storico, economico e politico del secondo dopo-guerra e dei trenta anni di ininterrotta crescita non solo economica, ma demografica, culturale e sociale che lo favorirono. I gloriosi trenta, nella definizione di Jean Fourastié, furono anni di crescita eccezionale per il mondo e per la Francia, paese nel quale tuttavia, a una florida situazione economica non corrispose altrettanta stabilità politica: si è tentato di analizzare il complesso periodo storico fino alle prime avvisaglie dell’imminente crisi petrolifera negli anni Settanta e al contemporaneo manifestarsi dei primi segnali di disagio nelle periferie. In un Paese che molto presto si è trovato a gestire importanti flussi migratori e che negli anni Settanta contava già 5 milioni di immigrati, i tentativi di governare l’inevitabile crescita urbana, sono stati, fin dalle origini, non privi di conseguenze sociali oltre che geografiche. Tali tentavi, con il passare del tempo, configurarono la necessità nei loro riguardi di razionalizzazione e profonda connotazione ideologica, e confluirono, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, nella definizione vaga ed efficace insieme di “Politique de la ville”. Tale locuzione designa l’insieme delle politiche messe in atto dai poteri pubblici al fine di rivalutare le zone urbane in difficoltà e di ridurre le disuguaglianze tra i territori. Per nulla semplice è risultato descrivere l’evoluzione della politique de le ville, tra le innumerevoli pieghe della ricostruzione storica, la selva di acronimi che la caratterizzano e le insidie di un’alternanza politica che negli anni ne ha prodotto orientamenti contradditori. Abbiamo provato a farlo raccontando contestualmente il clima politico e sociale della Francia degli anni Ottanta e Novanta, fino alla descrizione, il più possibile chiara ed esaustiva, delle politiche urbane di nuova generazione; si è cercato di schematizzare l’assetto delle politiche urbane degli anni Duemila e se ne sono presentati missioni, metodi, costi, con un occhio particolarmente attento al dibattito socio-culturale e alle aspre critiche che costantemente suscita una simile macchina istituzionale, dal motore lento e dal pilota incerto. La parte finale del lavoro, analizzando a fondo i caratteri e le specificità del Novembre francese del 2005 che hanno permesso di distinguerlo notevolmente dalle due precedenti ondate di rivolte urbane conosciute dalla Francia negli anni Ottanta e Novanta, ha tentato di chiudere il cerchio: le banlieues che periodicamente esplodono e delle quali ci giungono esclusivamente immagini infuocate, hanno una storia molto complessa. Non è possibile ridurle solo a focolai di degrado e disagi. Quand’anche tali aspetti rappresentino la realtà di molte banlieues, quella alla quale le cronache giornalistiche ci hanno abituati è un’immagine parziale dei luoghi che il nostro lavoro si è proposto di analizzare. La parzialità è dovuta alla mancata individuazione delle motivazioni reali dell’eventuale degrado e delle implicazioni socio-economiche dei periodici atti di violenza. Motivazioni che, per quanto possibile, questo lavoro si propone di focalizzare.

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2 PRESENTAZIONE Parigi oltre la Torre A distanza di piø di due mesi dal mio arrivo, una sera, rientrando a casa con l’ultima corsa del metro, Parigi decide di darmi la sua stretta di mano, di offrirmi la sua amicizia, di presentarsi a me in tutta franchezza. Ha atteso forse il momento in cui io mi sentissi meno turista. Era, in effetti, la prima volta che, nel silenzio del vagone, trovato posto sui sediolini ribaltabili, riflettevo sulla città e riflettevo seriamente: sul senso della mia esperienza francese, su cosa, in buona sostanza, ci facessi lì, cosa cercassi e soprattutto perchØ mai tardassi tanto a trovarlo. Ero a Parigi da piø di sessanta giorni ed ero ingrata nei suoi confronti. La vivevo con freddezza. Ogni luogo, peraltro già visitato in un precedente viaggio, sembrava non trasmettermi nulla di piø di un comune sentimento di ammirazione, per la bellezza, lo charme indiscutibile, la funzionalità dei servizi e tutti i gradevolissimi clichØ che Parigi (un unico immenso clichØ, pensavo) offriva ai miei occhi. Ancora immersa in questi pensieri e indifferente come tutti a quanto accadeva a dieci centimetri da me, scendo dal vagone, mi avvio a testa bassa verso la mia uscita e, prima ancora che possa rendermene conto, mi trovo coinvolta in un evento che cambierà la mia visione delle cose. Scendono, raggruppati a testuggine: sono cinque ragazzi che con movimenti simultanei, a ginocchiate, spingono fuori dal vagone un altro giovane, già chino su se stesso per il dolore in mezzo a loro. Aggressori e vittima: due colori della pelle diversi. Quando ho capito ciò che stava succedendo era già troppo tardi, mi ci sono trovata quasi immischiata, a stento ho potuto rifugiarmi in una delle entrate laterali della stazione, loro, piø mi allontanavo piø avanzavano proprio verso di me e comunque era inutile scappare: di lì si entra soltanto e non si esce. Andava cercata una soluzione. Rasente il muro, faticando per non essere in alcun modo colpita anch’io, ho raggiunto tutta la folla di spettatori che intanto restava lì, irrigidita, a guardare quel macabro spettacolo. Calci, gomitate infami, un ombrello, di cui mai dimenticherò il colore, giallo, a colpire, quasi a infilzare, il ventre della vittima. Ultima mossa, lo si prende entro il braccio muscoloso e si fa come per torcergli il

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