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Studio sul comportamento di stratificati in PRFV Vinilestere Atlac 580

L’obiettivo primario del presente lavoro di tesi sperimentale, è stato verificare la resistenza chimica di tre tipologie di stratificati (spessori 2,1 mm. – 4,2 mm. – 6,5 mm.) realizzati in PRFV a base di Resina Vinilestere del tipo Atlac 580/05, largamente utilizzati nel campo dei rivestimenti anticorrosivi, sottoposti all’azione di fluidi aggressivi, usualmente presenti in parti d’impianto del settore chimico-petrolchimico, come vasche, pozzetti, serbatoi, pompe, colonne, scambiatori.
Lo studio è stato articolato sottoponendo le campionature ai fluidi d’interesse, monitorando dopo l’esposizione, le variazioni delle caratteristiche meccaniche causate dall’esposizione ai fluidi stessi.
La scelta della Vinilestere Atlac 580/05, è una soluzione tecnica adottata molto spesso nel campo dei rivestimenti anticorrosivi, e uno dei motivi che portano al largo utilizzo di tale resina, è dovuto alla facilità di applicazione a tecnologia manuale, che avviene reticolando la resina a temperatura ambiente.
Nel presente studio, si è voluto anche indagare, sulle caratteristiche di stratificati post-reticolati, al fine di eseguire un confronto sulle qualità degli stessi, rispetto a quelli reticolati alla temperatura ambiente.
La post reticolazione è un metodo largamente usato, per abbassare il valore residuo di stirene nella resina, che riduce il contenuto fino a valori inferiori allo 0,1%.
Tale trattamento migliora le caratteristiche meccaniche-chimiche e fisiche dei manufatti, e deve essere condotto secondo le specifiche tecniche fornite dal produttore, riscaldando il composito con aria calda, per un tempo variabile tra 3-6 ore, a una temperatura di 90-100°C; temperature inferiori a quelle citate, sono inefficaci, e inoltre tra polimerizzazione e post polimerizzazione, devono passare almeno 24 ore.
La conoscenza approfondita delle proprietà di uno stratificato in PRFV Atlac 580/05, implica aver maggior consapevolezza nel prendere decisioni durante la fase progettuale, che dovrà essere un compromesso tra affidabilità e costi; infatti, molto spesso, nelle varie fasi di formulazione di un rivestimento anticorrosivo, idoneo per un determinato servizio dell’apparecchiatura, si utilizzano dei coefficienti di sicurezza che non tengono conto della variazione delle proprietà meccaniche, quando il composito è sollecitato chimicamente da fluidi corrosivi, perché vi è mancanza di dati teorici e/o sperimentali, a causa delle molteplici tipologie di compositi realizzabili.

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15 Capitolo 1 I POLIMERI 1.1 Introduzione Il grande interesse verso lo studio e ricerca dei materiali polimerici, ha inizio nel secolo scorso, da quando nel 1839 con Goodyear, s’iniziò a lavorare su tali materiali; da allora sono stati fatti passi enormi, dal punto vista della ricerca e della produzione. In ragione di ciò, pionieri del macromolecolare come J.W. Hyatt (1868, celluloide), L.H. Baekeland (1905, bakelite), G.Natta (1952, polipropilene isotattico), hanno dato un enorme contributo, che poi è risultato di fondamentale importanza per far nascere quella che può essere considerata una delle scoperte più importanti dei tempi moderni: la sintesi dei polimeri e quindi la produzione degli stessi [7]. Il grande interesse che ha sviluppato lo studio dei polimeri, nasce fondamentalmente dalle qualità come materiali che essi hanno. Da un punto di vista prettamente chimico, i polimeri, detti colloidi nel secolo scorso, non avevano facile maneggevolezza perché poco insolubili, erano difficilmente purificabili, ed inoltre presentavano degli effetti abbastanza oscuri e non riproducibili in laboratorio, quando si volevano studiare con i metodi noti in quel periodo (vedi determinazione del peso molecolare). Viceversa, da un punto di vista ingegneristico, essi invece presentavano delle proprietà/caratteristiche eccellenti, tali da poterli definire appunto “materiali”. Tali proprietà erano una buona leggerezza, accompagnata da rilevanti qualità meccaniche, quali una buona resistenza e un’alta resilienza. Ma la proprietà più importante era assolutamente la plasticità, ossia la facilità con la quale si potevano modellare e sagomare tali materiali, mantenendo la forma in un tempo indefinito.

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