Il divieto di tortura: profili di diritto internazionale e problematiche emergenti nella penalistica italiana
Alla data in cui mi appresto a esaminare l'assetto normativo internazionale e interno per la repressione e la prevenzione del reato di tortura, mi sono trovata di fronte a una grave lacuna nell'ordinamento giuridico italiano, sebbene siano trascorsi più di 20 anni dalla ratifica, da parte dell'Italia, di ben cinque accordi internazionali rilevanti in tale materia, oltre all'adozione di altri strumenti internazionali che ribadiscono il divieto di tortura.
L'oggetto di questo studio è un argomento assai delicato, controverso, sul quale da tempo si è aperta un'ampia riflessione dottrinale in conseguenza dell’acutizzarsi del fenomeno nella maggior parte degli Stati, in particolare in seguito agli eventi verificatisi l'11 settembre del 20011. Si pensi che nel 2009 Amnesty International2 ha documentato casi di tortura o altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti in almeno 80 Paesi.
Quello che desta stupore è che atti del genere trovino ancora spazio nella nostra epoca e nelle nostre società democratiche. Infatti, la tortura non è un fenomeno che affligge solo gli Stati caratterizzati da una certa arretratezza culturale, sociale, politica o legislativa, ma è largamente diffusa anche negli Stati considerati civili.
Chiunque può essere vittima di torture, a prescindere dall'età, dal genere, dall'appartenenza etnica e dalle convinzioni politiche o religiose e spesso l’odio razziale e la discriminazione sessuale sono alla base di atti di tortura e di maltrattamenti. In diversi Paesi le donne subiscono mutilazioni e punizioni corporali in nome della religione e della tradizione.
L'indagine che segue si propone di analizzare, a seguito di un breve excursus sulle fonti internazionali, lo stato attuale della repressione del reato di tortura, dei trattamenti e delle punizioni inumani e degradanti in Italia nonché il recepimento dei trattati internazionali rilevanti in materia ad opera degli Stati parte nell'ambito del loro ordinamento.
Particolare attenzione verrà inoltre dedicata alle possibili cause della mancata introduzione di tale reato nel codice penale italiano, nonché alle carenze sistematiche e, quindi, applicative dovute a tale lacuna.
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Reda |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Alberto Cadoppi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 208 |
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