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The History and Fall of Caius Marius e il suo antecedente Shakespeariano

Il lavoro presentato qui di seguito parte da un attento esame del periodo storico della Restaurazione, continua con un’analisi dei nuovi gusti teatrali dell’epoca e di un nuovo pubblico, si sofferma sul concetto di making fit e infine giunge a delineare un confronto tra l’opera di Romeo and Juliet di Shakespeare e il suo adattamento a opera di Thomas Otway.
L’elaborato si propone di mettere in luce, attraverso uno studio delle discontinuità tra le due opere, un nuovo modo di rapportarsi alla tragedia (proprio del periodo della Restaurazione e diverso da quello shakespeariano), che non pone la sua importanza sull’investigazione del destino tragico dell’uomo e della sua anima, ma che risponde a esigenze più precipue e incombenti che possono essere riassunte nella preoccupazione di Otway (e del suo tempo) nei confronti di una situazione politica allarmante. I toni cupi e violenti della tragedia Caius Marius sono quindi riflesso dei decenni inquieti ai quali Otway appartiene.

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1 Introduzione Nel 1660, con il ritorno di re Carlo II sul trono inglese e la restaurazione della monarchia, fu ordinata l’immediata riapertura dei teatri: This truth we can to our advantage say, They that would have no King, would have no Play1 Così recitavano i primi versi del prologo dell’opera Epicoene2, la prima a essere ripresa in quegli anni (Novembre 1660) alla presenza del re al Cockpit Theatre. La Restaurazione fu un periodo di grande rinnovamento della storia socio- politica anglosassone e la rinascita del teatro simboleggiava il momento di ripresa di una società in evoluzione3. Gli sconvolgimenti che avevano colpito l’Inghilterra durante la prima metà del XVII secolo (la guerra civile, il regicidio, la nascita e la caduta della Repubblica) avevano contribuito a creare, all’indomani della rinuncia al potere di R. Cromwell nel 1659, un senso di timore nel popolo inglese, il timore di un possibile ritorno a una situazione di conflitto e di caos anarchico. Queste paure vennero esorcizzate attraverso l’arte, un’arte che però non chiuse con la tradizione, ma si rinnovò attraverso di essa. 1 BENJAMIN JONSON, Epicoene: or, The silent woman [1660], a cura di Richard DUTTON, Manchester, Manchester University Press, 2003. 2 Epicoene, commedia in cinque atti scritta da Ben Jonson, fu rappresentata per la prima volta nel 1609 al Whitefriars Theatre. Era la più farsesca e popolare delle opere di Jonson, imperniata sulla beffa di cui si rendeva vittima un ricco scapolo, burlato da Epicene, finta donna, e da un intraprendente nipote. Successivamente, e più precisamente all’inizio del periodo della Restaurazione, l’opera venne ripresa e rappresentata più volte: Samuel Pepys nel suo Diary riportava diverse mise en scène del dramma, prima fra tutte quella del novembre 1660 avvenuta al cospetto del re al Cockpit Theatre. L’opera decretò un successo tale durante quegli anni che anche un autore del calibro di John Dryden contribuì a tesserne gli elogi definendola “the pattern of a perfect play”. 3 La società della Restaurazione era notevolmente cambiata: adesso aveva a capo una classe borghese sempre più ricca la quale amava il teatro anche per i suoi aspetti osceni e scabrosi. Il teatro quindi, come la società, subì un cambiamento: esso fu espressione di un nuovo pubblico, un pubblico d’èlite, desideroso di andare a teatro non solo per vedere commedie brillanti ma anche per vedere ed “essere visti” da altre persone. Il genere della comedy of manners fu il genere che maggiormente rappresentò la nuova società: i personaggi incarnavano le caratteristiche dei borghesi nella loro veste più tradizionale, ovvero l’eccesso, l’affettazione e l’amore per l’apparenza. Essi potevano distinguersi per l’eleganza o l’ingegno, ma sicuramente non per la moralità.

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