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La competenza tra individuo e organizzazione

Il tema principale di questa ricerca è stato quello di evidenziare una problematica emersa nella letteratura negli anni ’90, vale a dire il diverso approccio allo studio delle competenze. Si è constatato che le imprese negli ultimi anni si sono trovate ad operare in una realtà caratterizzata da profonde rivoluzioni tecnologiche, da una crescente flessibilità, da profondi mutamenti nelle professioni che hanno messo in primo piano l’importanza delle competenze, delle conoscenze, dell’apprendimento continuo.
Gli obiettivi che ci si è prefissi nel realizzare questa ricerca, partendo da queste considerazioni, sono consistiti nell’individuare come le competenze possono collocarsi all’interno delle organizzazioni, in particolare ci si è chiesti se la competenza è una caratteristica intrinseca del singolo lavoratore oppure se la competenza può essere considerata una risorsa delle organizzazioni.
Nella prima parte del lavoro viene analizzata l’evoluzione del concetto di organizzazione al fine di contestualizzare la nozione stessa di competenza. Successivamente, analizzando vari approcci alle competenze ci si è voluti soffermare su due principali filoni di studio che sono emersi in concomitanza, distinti e non collegati: il filone razionale/strategico che concepisce le competenze come attributo, nonché come risorsa dell’organizzazione e quello psicologico/individuale che considera le competenze come caratteristiche intrinseche del lavoratore.Il nuovo scenario competitivo impone di superare la contrapposizione tra questi due piani( competenze individuali e competenze dell’organizzazione) e di integrare le due visioni secondo un modello che lega le capacità individuali e il loro sviluppo alle condizioni specifiche del contesto di business e alle sue evoluzioni. In sostanza, al termine di questo lavoro, si è voluto mettere in risalto il cosiddetto modello integrato che si presenta come un punto di congiunzione di queste due tradizioni, come saldatura di una logica orientata al business e una logica orientata ai comportamenti. Ciò che viene prospettato con questo modello è un percorso che parte dal business(contesto esterno) e approda all’analisi e al governo dei comportamenti individuali, perseguendone un collegamento forte e di coerenza con il business aziendale. Ma se assumo che le capacità di un’organizzazione siano riconducibili alle capacità degli individui che la compongono, allora l’unità di analisi saranno essenzialmente gli individui. Per altro verso l’oggetto reale di interesse può essere la capacità complessiva dell’organizzazione di rispondere alle sfide poste dall’ambiente competitivo e quindi i processi di azione collettiva piuttosto che i comportamenti e le capacità individuali in sé considerati.
Nella letteratura sulla gestione delle competenze i due piani comunque tendono a sovrapporsi, con un continuo passaggio dal piano di analisi più micro (le persone) ad un piano di ragionamento più aggregato. I metodi per analizzare i due aspetti non sono gli stessi e diversi sono anche i punti di arrivo. Da una parte si arriverà a qualche tipo di pagella individuale che dia una misura del grado di copertura del ruolo da parte della persona. Dall’altra parte è invece probabile che l’azione sia invece indirizzata ai processi di produzione e diffusione delle conoscenze, ai rapporti organizzativi, alle modalità di comunicazione.
In realtà, solo apparentemente il modello integrato di gestione delle competenze ricongiunge i due modelli di riferimento. E’ vero che ne utilizza il linguaggio e le singole sequenze ma, a ben vedere non condivide obiettivi e metodologie né dell’una né dell’altra prospettiva.
Manca, in sostanza, una chiara visione di come le competenze individuali entrino nella formulazione della strategia. La carenza di questo nuovo modello di approccio (modello integrato) sta nel fatto che mancano, nella prassi manageriale e consulenziale casi pratici di integrazione, apparendo in tal senso più materia di letteratura che valida e concreta proposta operativa. Questo sembra imputabile al fatto che una plausibile proposta di integrazione possa scontare non solo i costi di analisi e individuazione delle competenze dei due approcci presi singolarmente, ma anche a costi aggiuntivi dovuti alla loro integrazione.

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Introduzione Alcune considerazioni si trovano alla base di questa ricerca. In primo luogo si è constatato che le imprese negli ultimi anni si sono trovate ad operare in una realtà caratterizzata da profonde rivoluzioni tecnologiche, da una crescente flessibilità, da profondi mutamenti nelle professioni. Infatti sono ormai in molti a sostenere che ci troviamo in una fase di passaggio dall‟era industriale all‟era neo – industriale o meglio post – industriale, nella quale nelle imprese si è affermata l‟importanza delle competenze, delle conoscenze delle capacità e dell‟apprendimento continuo. In secondo luogo si è constatato che la letteratura sociologica e pedagogica attribuisce alle competenze il ruolo di forza in grado di superare il paradigma dell‟ Organizzazione scientifica del lavoro. Gli obiettivi che ci si è prefissi nel realizzare questa ricerca, partendo da queste considerazioni, sono consistiti nell‟individuare come le competenze possono collocarsi all‟interno delle organizzazioni, in particolare ci si è chiesti se la competenza è una risorsa intrinseca del singolo lavoratore oppure se la competenza può essere considerata all‟interno del patrimonio organizzativo. Analizzando vari approcci alle competenze ci si è voluti soffermare su due filoni di studio che sono emersi in concomitanza, distinti e non collegati: il filone psicologico/individuale e quello razionale/strategico. Si è rilevato che il primo filone si è preoccupato di studiare la competenza come caratteristica del singolo soggetto che opera all‟interno delle organizzazioni, mentre il secondo ha voluto sottolineare che la competenza è una risorsa delle organizzazioni. 1

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