Maschilità plastiche - Un approccio sociologico alla chirurgia estetica maschile
La cura del corpo, come sarebbe stato d’accordo anche il geniale Oscar Wilde, è anche uomo. La società odierna attribuisce notevole importanza all’apparenza: avere un’immagine presentabile; vestire secondo i dettami della moda del momento; mantenere una forma fisica perfetta. Andare quotidianamente in palestra prima di cena o durante la pausa pranzo equivale a seguire rigidamente una dieta appositamente studiata dal dietologo? E se la soluzione fosse invece un intervento chirurgico? Il presente studio prova ad esplorare, empiricamente, una pratica di modificazione del corpo: la chirurgia estetica maschile.
L’evoluzione storica della chirurgia plastica è tutt’altro che recente. Un percorso iniziato nella lontana India di circa tremila anni addietro e proseguito tra la Mesopotamia e la Magna Grecia, fino ai primi tentativi di legittimazione scientifica attuati nelle università italiane rinascimentali. Tra barbieri e chirurghi di fortuna, tra ospedali militari e innovazione: la chirurgia estetica giunge in soccorso dell’uomo moderno.
Un binomio indissolubile nella pratica della chirurgia estetica è quello tra corpo e genere. Il corpo risente dell’influenza dell’ambiente sociale, che ne determina la costruzione e la collocazione in società: non è solo un insieme di muscoli, organi e ossa, ma anche di esperienze, relazioni di classe e caratterizzazioni socio – culturali incorporate a partire dal contesto in cui l’individuo si trova a vivere ed agire. Il maschio cambia e si evolve continuamente: è dinamico. Oltre alla modifica di parti corporee di cui si è insoddisfatti, il bisturi ha la facoltà di riscrivere l’identità di genere della persona. Allo stesso modo può metterla in pericolo. L’influenza del genere nella scelta dell’approccio alla chirurgia estetica è determinante: si può intervenire sul corpo per rafforzare la propria mascolinità, oppure per limare alcun tratti troppo virili.
Da rimedio a moda il passo è breve e il confine si assottiglia sempre di più. Al pari dello shopping e del fitness, la chirurgia estetica è da considerarsi una pratica di consumo moderno: meccanismi di emulazione e di ostentazione sociale, utilizzo di un’azione di consumo per comunicare agli altri la propria identità. Anche i media si adeguano e trattano la modificazione corporea come un prodotto di intrattenimento: un caso emblematico è rappresentato dai surgereality, in cui chirurgo e pazienti diventano dei veri e propri personaggi mediali. La chirurgia plastica è anche mercato e, in quanto tale, è soggetta alle leggi economiche della domanda e dell’offerta. Con il susseguirsi delle diverse epoche cambiano le richieste degli uomini che vogliono modificare ora un determinato aspetto della loro immagine e ora un altro. I trend cambiano e vengono sviluppate offerte personalizzate per i pazienti: il surgery tourism apre la strada, con i relativi rischi, al low cost del bisturi. Al costo di un singolo intervento chirurgico il paziente – turista può godersi una vacanza di sole e relax in un paradiso tropicale del sud est asiatico, oppure lanciarsi in una ventiquattro ore non stop d divertimento nei caldi lidi dell’America Latina.
A metà strada tra teoria sociologica e ricerca empirica, tale studio raccoglie, tramite colloqui e interviste, le esperienze dei due protagonisti di un intervento estetico. Da un lato il chirurgo, dall’altro il paziente: insoddisfazioni, paure, insicurezze e disagi socio - psicologici legati al rapporto uomo/intervento estetico.
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Informazioni tesi
Autore: | Leandro Cuzzocrea |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Comunicazione Politica e Sociale |
Relatore: | Roberta Sassatelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 167 |
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FAQ
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