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Gibellina. Estetiche e culture della ricostruzione

La notte del 15 gennaio 1968 un devastante terremoto colpì la Valle del Belice, in Sicilia, causando centinaia di morti e feriti. Il paese di Gibellina fu interamente distrutto. Gli abitanti furono costretti alla vita in baracca per più di 10 anni. Per la popolazione colpita lo Stato costruì una new town a più di trenta chilometri dal vecchio centro, concepita secondo criteri modernisti e delocalizzati. Ma nella nuova Gibellina gli abitanti si orientavano appena. Per porre rimedio allo smarrimento l'allora amministrazione comunale, guidata da Ludovico Corrao, si fece promotrice di un singolare progetto di rinascita: fare del nuovo paese un cantiere dell'arte contemporanea.
La catastrofe e la ricostruzione determinarono per Gibellina la necessità e l'occasione per una profonda trasformazione. Le dinamiche del dopo terremoto segnarono un profondo processo di reinvenzione dell'identità locale cui la popolazione partecipò rivendicando le proprie esigenze, contrattando il proprio consenso e appropriandosi degli spazi urbani e culturali nati con il nuovo contesto urbano. Un processo complesso, anche conflittuale, che ha segnato profondamente la nascita di Gibellina nuova.
Scopo di questo lavoro di tesi è stato cogliere le tracce delle trasformazioni che il sisma e la ricostruzione hanno impresso nella cultura della comunità colpita. Si è trattato di individuare alcuni dei termini e delle modalità del processo di rinascita e rifondazione culturale entro il quale ancora oggi si forma e riproduce l'identità degli abitanti del paese distrutto, tenuto conto dell'ampio contesto di osmosi, ma anche di contrapposizione, tra arte e vita, cultura impegnata e popolazione, che segna la specificità di questo caso.

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1 INTRODUZIONE 1. Questo studio accoglie il concetto di identità avanzato dalla nuova critica antropologica e dai cultural studies, ossia l’idea che essa sia una costruzione contingente, sempre mista ed inventiva, che si costruisce preformativamente entro le dinamiche sociali e di potere: la nozione si articola nel doppio movimento che da un parte nega la natura essenzialista, originaria e discreta dell’identità, affermandone invece il carattere posizionale, creolizzato e narrativo, e dall’altra ne recupera, e ne ribadisce, l’efficacia e la funzionalità al relazionarsi degli individui e dei gruppi all’interno della vita politica e civile. «la nostra prospettiva parte dall’assunto che le identità non sono mai unificate e che, nella tarda modernità, sono sempre più frammentate e spezzate, mai costrutti singolari bensì multipli a causa di discorsi, pratiche sociali e posizioni diverse, spesso intersecatesi e antagoniste. Le identità sono soggette a una storicizzazione radicale, e si collocano costantemente all’interno di un processo di cambiamento e trasformazione […]. Le identità nascono dalla narrativizzazione del sé, ma la natura necessariamente finzionale di questo processo non mina in nessun modo la sua efficacia discorsiva, materiale o politica, anche se l’appartenenza, “la sutura nella storia” attraverso cui le identità hanno origine, si trova, in parte, nell’immaginario (e nel simbolico) ed è dunque costruita, in parte, nella fantasia, o perlomeno all’interno di un campo fantasmatico» 1 . Questa prospettiva consente se non di superare, almeno di arginare la sensazione del dissolversi delle tradizioni locali dentro un’avanzante modernità entropica ed omologante 2 , infatti recupera, contro la percezione della perdita di autenticità e differenza, e nel contesto dei processi storici di «appropriazione, compromesso, sovversione, mascheramento, invenzione e rinascita» 3 culturale, la possibilità ancora, per le realtà sociali, di costruire, negoziare e configurare, in progress, la loro identità e le loro differenze. Ciò non corrisponde però alla pedissequa sostituzione dell’autentico con l’ibrido e l’inventato, poiché accanto all’invenzione della tradizione 4 è posto comunque il confronto con i percorsi storici 5 : solo il permanere e tradursi de «lo stesso che cambia» 6 , infatti svincola l'identità da una troppo serrata logica della differenza, che nega ogni positività culturale nell’esclusiva definizione dell’altro attraverso il suo negativo 7 . Il mio interesse è stato quello di tradurre questo orizzonte concettuale e terminologico nel panorama delle negoziazioni culturali entro il quale si riproduce oggi l’identità degli abitanti di Gibellina. Ho dunque esercitato la mia attenzione sulle trasformazioni che il sisma e la ricostruzione hanno impresso nella cultura della comunità colpita, alla ricerca delle dinamiche politiche e culturali attivatesi sul suolo gibellinese, inseguendone la loro complessità e opacità: la catastrofe e la riedificazione del paese determinarono la necessità e l’occasione perché avvenissero delle profonde trasformazioni nell’identità comunitaria, consentendo l’introduzione di nuovi modelli e veicoli culturali nell’arena delle negoziazioni. Le dinamiche del dopo terremoto segnalano un profondo processo di reinvenzione cui la popolazione partecipò attivamente, rivendicando le proprie esigenze, contrattando con il mondo politico il proprio consenso, ed 1 Stuart Hall, A chi serve “l’identità”?, in Cinzia Bianchi, Cristina Demarca, Siri Nergaard, Spettri del potere, Roma, Meltemi, 2002, pp.133-134. 2 Cfr. James Clifford, I frutti puri impazziscono, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, pp.13-31. 3 Ivi, p.387. 4 Cfr. Eric Hobsbawn e Terence Ranger, L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1994. 5 Stuart Hall, op. cit., p.134. 6 Definizione di Paul Gilroy, idem. 7 Lawrence Grossberg ha tematizzato questo problema come necessità per i cultural studies di emanciparsi dalle posizioni teoriche del moderno, di cui la logica della differenza ritiene sia un'espressione; proprio l'ambiguità delle teorie dell'identità è stata causa, secondo Grossberg, della difficoltà per gli studiosi, che vi si cimentarono, di fornire una risposta soddisfacente al quesito che si poneva dalla lettura dell'opera di Edward Said, ossia se l'oriente esistesse al di là dell'orientalismo. Cfr. Lawrence Grossberg, Identity and Cultural Studies - Is That All There Is?, in Stuart Hall e Paul du Gay (a cura di), Questions of cultural identity, London, Sage, 1996.

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Ciccarello
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Roberto Salizzoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 82

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Parole chiave

1968
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