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Il lavoro a progetto

Il mercato del lavoro italiano ha visto negli ultimi decenni una crescita esponenziale dei lavoratori parasubordinati.
Il decreto legislativo n. 276 del 10 Settembre 2003 oltre ad aver modificato l’organizzazione del mercato del lavoro italiano e la disciplina dei contratti di lavoro già esistenti, come il lavoro a tempo parziale e l’apprendistato, ha introdotto nel nostro ordinamento delle figure lavorative alcune apparentemente mentre altre del tutto nuove, accomunate dalla caratteristica di avere un elevato livello di flessibilità, tra queste figure possiamo elencare il lavoro intermittente, il lavoro ripartito, ed il contratto di lavoro a progetto.
La riforma Biagi in sostanza ha ridisegnato la figura delle collaborazioni coordinate e continuative dando loro una sistemazione sostanziale attraverso l’introduzione della fattispecie del lavoro a progetto.
Sul versante delle caratteristiche del rapporto in questione vi è stato un ampio dibattito in dottrina relativo alla natura di tale rapporto, sostanzialmente è stata rigettata la tesi che considerava il lavoro parasubordinato come un “tertium genus” ulteriore al lavoro subordinato ed autonomo, ed è stata invece premiata l’idea di chi sosteneva l’appartenenza della categoria alla sfera del lavoro autonomo.
In pratica il legislatore sembra aver fatto propria l’idea di chi vedeva il lavoro parasubordinato come un lavoro autonomo caratterizzato dalla presenza di alcune caratteristiche comuni alla fattispecie del lavoro subordinato, caratteristiche che comunque non sembrano abbastanza rilevanti da snaturare la natura fondamentalmente autonoma del rapporto.
La natura “ibrida” di tali rapporti ha favorito l’abuso di pratiche tese a mascherare veri e propri rapporti di lavoro subordinato, ma ha anche offerto al mercato del lavoro ciò di cui aveva bisogno, cioè forme di organizzazione del lavoro più flessibili di quelle possibili con il solo ausilio delle due fattispecie principali cioè del lavoro subordinato e di quello autonomo.
La figura contrattuale che storicamente ha identificato  il lavoro parasubordinato e che ha costituito la fonte principale del rapporto parasubordinato prima dell’introduzione della figura del lavoratore a progetto è il contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Rientrano nell’area del contratto di collaborazione coordinata e continuativa una varietà di rapporti di lavoro autonomo sia ricompresi nella fattispecie del contratto d’opera, sia distintamente tipizzati e disciplinati dal codice civile come il contratto di mandato, il contratto di spedizione o quello di deposito.

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Introduzione Nella cultura italiana sembra radicata una debole propensione al cambiamento, indipendentemente dal fatto che ciò che si ottiene sia migliore o peggiore di ciò che si cambia. Questo approccio al rinnovamento interessa molti aspetti del comune vivere quotidiano ed è stato a lungo consolidato anche nella tradizione giuslavoristica del secolo scorso, che proteggeva esclusivamente la figura del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato. Nonostante la Costituzione imponga di superare ogni pregiudizio classista e di sostenere la rilevanza del lavoro in ogni sua forma 1, il disinteresse del legislatore a configurare un’analoga tutela anche per il lavoro autonomo era da considerarsi ragionevole. Infatti, il lavoro autonomo non annovera tra sue caratteristiche quella situazione di sottoprotezione e di soggezione socio-economica propria della subordinazione e pertanto non sarebbe meritevole di un trattamento protettivo analogo. 1 Art. 3, 4 Cost. 5

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