Servizi pubblici locali e loro esternalizzazione: un confronto tra gestione pubblica e privata
Gli elementi che definiscono un bisogno come pubblico fanno riferimento a tre fondamentali valutazioni: 1) l’opportunità politica ad intervenire; 2) l’accettabilità sociale dell’intervento pubblico; 3) l’efficacia economica dell’azione pubblica. L’intervento pubblico, inoltre, deve esplicitarsi secondo il principio di sussidiarietà, preferendo quindi il livello di governo più vicino al cittadino, ovvero il Comune. Qualora quest’ultimo non risultasse il livello autoritativo più adeguato, intervengono allora la Provincia, la Regione, lo Stato e, in ultima istanza, l’Unione Europea. Questa gradualità di intervento libera lo Stato da un sovraccarico di compiti e consente al cittadino di controllare nel modo più diretto possibile il soggetto pubblico.
Ben poche materie possono competere con il non entusiasmante primato dei servizi pubblici locali in fatto di continuità dei processi di riforma, spintosi fino al paradosso dell’adozione di un Testo Unico (che, per definizione, dovrebbe segnare un punto di stabilità) nell’agosto del 2000, subito modificato in alcuni punti l’anno successivo e poi radicalmente riformato dalla legge 326/2003, emanata in risposta ai rilievi giunti dalla Commissione europea in tema di disciplina antitrust. In ultimo, il legislatore è intervenuto con l’articolo 23-bis della legge 133/2008 che ridisciplina l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. L’instabilità dell’impianto normativo non ha così contribuito alla definizione di regole funzionali al miglioramento della qualità dei servizi offerti e alla tutela degli utenti nei confronti dei gestori dei servizi.
Gli interventi normativi hanno teso ad introdurre princìpi maggiormente volti all’efficacia e all’efficienza gestionale, orientandosi verso la separazione tra gestione – eventualmente affidata ad imprese private – e regolazione del servizio, prerogativa dell’Amministrazione pubblica.
La congiuntura dei primi anni ’90 richiede all’Italia una seria razionalizzazione della propria spesa pubblica – su cui i servizi pubblici locali gravano in maniera rilevante – e l’adeguamento alla disciplina europea in tema di tutela della concorrenza ed aiuti di stato. Il nostro Paese risponde, rifacendosi alle esperienze del mondo anglosassone, attraverso la liberalizzazione di alcuni settori e, nell’ambito dei servizi pubblici locali, con il cd. processo di esternalizzazione.
Esternalizzare significa trasferire all’esterno della Pubblica Amministrazione compiti ed attività precedentemente svolti da essa, instaurando un rapporto di tipo contrattuale tra cliente (Amministrazione) e fornitore (impresa). I rapporti pubblico/privato possono assumere connotati di government o di governance a seconda che l’Ente locale si rapporti nei confronti del soggetto gestore attraverso un governo formale o sostanziale delle attività esternalizzate.
I rapporti tra le parti dovrebbero ispirarsi a princìpi di corporate governance, ovvero quell’insieme di norme che concorrono al governo della struttura, della composizione e dell’attività dell’impresa, e che coinvolgono tanto gli organi interni all’impresa, tanto tutti quei soggetti esterni gravitanti intorno all’orbita dell’impresa stessa, i cd. stakeholders.
Lo strumento cardine di regolazione dei rapporti tra Amministrazione e soggetto erogatore di un servizio pubblico è il Contratto di servizio. In esso sono contenute non solo le obbligazioni del gestore, ma anche quelle procedure finalizzate ad una definizione condivisa degli obiettivi e degli impegni e ad una loro continua verifica. Stipulare un buon Contratto di servizio si traduce, per l’Ente locale, in un rafforzamento del proprio ruolo di indirizzo e definizione degli obiettivi da perseguire. Ulteriore strumento, direttamente volto alla tutela dell’utenza, è la Carta di Servizio. Introdotta dalla “Direttiva Ciampi” del 1994, la Carta definisce gli standard quantitativi e qualitativi del servizio garantiti, oltre a prevedere strumenti partecipativi degli utenti attraverso, ad esempio, indagini di customer satisfaction.
Il processo di esternalizzazione passa attraverso una serie di fasi volte a valutare, attraverso uno studio di fattibilità, la reale convenienza del procedere al contracting out, definire le attività e i servizi da esternalizzare, i criteri di scelta del fornitore, e la formula istituzionale più adatta per il tipo di servizio affidato in outsourcing. L’Ente locale, inoltre, deve tenere in debita considerazione le potenzialità e i limiti del processo di esternalizzazione, mai dimenticando che il ruolo giocato dall’Amministrazione non si risolve nel momento dell’affidamento, ma continua – e ciò qualifica l’Ente locale – nella gestione del contratto, nel monitoraggio e nella valutazione dei servizi ed attività affidati all’esterno.
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Caterino |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze della politica |
Relatore: | Chiara Rapallini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 144 |
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